Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

La procedura per il riconoscimento della protezione internazionale

Scheda pratica a cura di Melting Pot Europa

Chi può presentare la domanda di riconoscimento di protezione internazionale

Può fare domanda lo straniero che intenda chiedere protezione dallo Stato italiano perché fugge da persecuzioni, torture o dalla guerra, anche se ha fatto ingresso in Italia in modo irregolare ed è privo di documenti.
Il richiedente dovrà motivare nella domanda le circostanze di persecuzione o danno grave che ne hanno motivato la fuga.
Gli agenti di questa persecuzione o danno grave possono essere lo Stato, partiti o organizzazioni che controllano lo Stato o una parte del suo territorio o soggetti non statuali qualora lo Stato, o chi lo controlla, non vogliano fornire protezione alla vittima di persecuzione o danno grave.

Termini per la presentazione della domanda

Non ci sono termini di tempo per la presentazione della domanda. La domanda dovrebbe essere presentata il prima possibile, a meno che egli non dimostri di aver avuto un giustificato motivo per ritardarla (D.lgs. 19 novembre 2007, n. 251).

Dove presentare la domanda di protezione internazionale

La domanda deve essere presentata presso la Polizia di frontiera o la Questura, che non necessariamente deve essere quella di frontiera, ma può essere quella nella quale il richiedente intende avere domicilio.
La Questura rilascia un documento che certifica la richiesta e la data dell’appuntamento per la verbalizzazione.

La domanda sarà verbalizzata dai funzionari di polizia utilizzando un modello, detto C3, che contiene molte informazioni di carattere anagrafico e poche domande sulle cause che hanno spinto il richiedente ad allontanarsi dal proprio paese e chiedere protezione.
E’ consigliabile quindi, al momento della richiesta di asilo, consegnare agli atti una memoria scritta, nella propria lingua e/o con una traduzione. Per la redazione di questa memoria può essere utile rivolgersi ad un Comune o associazione che si occupi di tutela del diritto di asilo per ricevere un aiuto.
Devono essere presentati documenti che comprovino quanto dichiarato, se disponibili (articoli di giornale, foto, documenti ufficiali quali denunce o referti medici, ecc.).
La mancanza di prove non deve essere motivo di esclusione dall’accesso alla procedura.

La domanda non può essere respinta dalla Questura

Se lo straniero è in possesso di passaporto dovrà consegnarlo alla Polizia, con quattro foto, il domicilio eletto (dovrà consegnare quindi la dichiarazione di ospitalità e relativi documenti, contratto d’affitto o rogito e documento d’identità dell’ospitante) e sarà sottoposto a rilievi fotodattiloscopici.

Attenzione: in caso di assenza del domicilio numerose sentenze hanno specificato che la Questura non ha alcun potere di filtro o decisionale e che deve al più presto formalizzare le richiesta senza poter subordinare la formalizzazione medesima ad alcuna richiesta documentale.

In caso il richiedente non possegga il passaporto poiché era pericoloso per lui rivolgersi al proprio governo, situazione non insolita tra i richiedenti asilo, può essere utile produrre al momento della domanda un certificato anagrafico, la carta d’identità del proprio paese, che, se ai sensi della legge non possono sostituire il passaporto, possono costituire documenti anagrafici utili per accertare l’identità.

Al momento della domanda il richiedente eleggerà un domicilio presso il quale saranno inviate tutte le comunicazioni o gli appuntamenti, pertanto è utile che sia aggiornato o che chi vi abita trasmetta tempestivamente le comunicazioni.

La domanda è individuale: ogni persona adulta deve presentare la domanda personalmente. Se il richiedente ha figli minorenni in Italia, avvisa le autorità della loro presenza: in questo modo la sua domanda sarà valida anche per loro.

Rilascio permesso di soggiorno per richiesta asilo

La Questura rilascia una ricevuta della domanda (cedolino). Il rilascio del permesso per richiesta asilo avviene qualora la Questura, dopo avere effettuato accertamenti, abbia verificato che l’Italia è il paese competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale.

Il permesso di soggiorno per richiesta di asilo della durata di 6 mesi è valido sul territorio dello Stato e rinnovabile fino alla decisione della Commissione Territoriale in merito alla richiesta del riconoscimento della protezione internazionale. Consente di svolgere attività lavorativa, trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda, se il procedimento di esame della domanda non è concluso ed il ritardo non può essere attribuito al richiedente.
Il permesso di soggiorno per richiesta di asilo consente anche, sin da subito, di svolgere tirocini formativi e attività di volontariato. Non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Documentazione aggiuntiva

E’ comunque possibile, in ogni fase che precede l’audizione e in linea teorica anche dopo l’audizione prima che sia stata presa la decisione, presentare memoria integrativa, o prove di quanto raccontato, delle quali si sia entrati in possesso dopo la prima verbalizzazione.
Nel caso di persone vittime di tortura un’importante documentazione che può essere fornita è quella medica, che dia un riscontro ed un resoconto delle violenze subite, meglio se realizzata da personale medico specializzato, secondo la traccia fornita dal Protocollo di Istanbul.

Un consiglio importante: Conservare sempre copia di tutti i documenti che si depositano presso Questura, Prefettura e Commissione e i verbali rilasciati da queste autorità.

Chi non può ottenere protezione

Non può essere riconosciuto rifugiato o beneficiario di protezione sussidiaria chi rientra nelle seguenti categorie:

  • chi abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità;
  • chi abbia commesso un crimine grave di diritto comune al di fuori del paese di accoglimento e prima di esservi ammesso in qualità di rifugiato;
  • chi si sia reso colpevole di azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

La valutazione sulla inammissibilità alla procedura rispetto ai reati e crimini gravi non può essere effettuata dalla Questura che riceve la domanda ma deve essere effettuata dalla Commissione territoriale competente.

Se lo straniero è considerato un pericolo per la sicurezza e l’ordine dello Stato la sua domanda non sarà riconosciuta, ma dovrà comunque essere esaminata.

Se lo straniero è già stato riconosciuto rifugiato in un altro paese firmatario della convenzione di Ginevra o ha reiterato la medesima domanda dopo aver ottenuto un diniego, la domanda sarà dichiarata inammissibile dalla Commissione territoriale competente ma deve comunque essere ricevuta dalla Questura. La domanda può essere, inoltre, rigettata per manifesta infondatezza quando risulta la palese insussistenza dei presupposti previsti dal decreto sulle qualifiche, o quando risulta che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento.

Scompare, di fatto, la discrezionalità in precedenza in capo alle Questura, sulla ricevibilità della domanda.

Chi decide della domanda?

L’autorità competente alla decisione in merito alla domanda di protezione internazionale è la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Attualmente sono presenti sul territorio nazionale 20 Commissioni Territoriali affiancate da 21 Sezioni per un totale di 41 Collegi (vedi la distribuzione aggiornata al 22.05.2020)

La Commissione competente è quella del luogo nel quale la domanda è stata presentata, salvo il caso in cui sia disposto il trattenimento in un CPR, per il quale è competente la Commissione nella quale si trova il centro.

Quali sono gli esiti possibili dell’audizione presso la Commissione Territoriale?

La Commissione Territoriale può riconoscere una forma di protezione internazionale, asilo politico o protezione sussidiaria, non riconoscere alcuna forma di protezione, rigettare la domanda per manifesta infondatezza, valutare la domanda inammissibile (qualora sia già stata esaminata da altro paese europeo), oppure, per motivi non riconducibili alla sicurezza della persona ma per motivi umanitari e per elementi riconducibili alla vita privata e familiare costruita in Italia può chiedere alla Questura il rilascio di un permesso per protezione speciale.

La normativa è molto precisa circa la definizione di:

atti di persecuzione e motivi di persecuzione che, se riconosciuti, consentiranno al richiedente di avere riconosciuto lo status di rifugiato; oppure di

danno grave, che se riconosciuto, consente al richiedente di avere riconosciuta la protezione sussidiaria.

Entrambe le forme di protezione, a differenza di quanto accadeva con le precedenti disposizioni, sono degli status, quindi la revoca degli status può essere disposta solo dopo accertamento della situazione individuale e con una procedura specifica.

Lo status di rifugiato

Lo status di rifugiato è riconosciuto in presenza di atti di persecuzione per determinati motivi:

A. Atti di persecuzione

Ai fini della valutazione del riconoscimento dello status di rifugiato, gli atti di persecuzione come stabilito dalla Convenzione di Ginevra, devono alternativamente:

a) essere sufficientemente gravi, per loro natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali, in particolare dei diritti per cui qualsiasi deroga è esclusa;

b) costituire la somma di diverse misure, tra cui violazioni dei diritti umani, il cui impatto sia sufficientemente grave da esercitare sulla persona una violazione grave dei diritti umani fondamentali;

Gli atti di persecuzione possono, tra l’altro, assumere la forma di:

a) atti di violenza fisica o psichica, compresa la violenza sessuale;

b) provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziari, discriminatori per loro stessa natura o attuati in modo discriminatorio;

c) azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie;

d) rifiuto di accesso ai mezzi di tutela giuridici e conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria;

e) azioni giudiziarie o sanzioni penali in conseguenza del rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, quando questo potrebbe comportare la commissione di crimini, reati o atti considerati crimini di guerra o contro l’umanità;

f) atti specificamente diretti contro un genere sessuale o contro l’infanzia.

B. Motivi di persecuzione

1. Al fine del riconoscimento dello status di rifugiato, gli atti di persecuzione devono essere riconducibili ai motivi di:

a) “razza”;
b) “religione”;
c) “nazionalità”;
d) “particolare gruppo sociale”;
e) “opinione politica”.

Nell’esaminare se un richiedente abbia un timore fondato di essere perseguitato, è irrilevante che il richiedente possegga effettivamente le caratteristiche razziali, religiose, nazionali, sociali o politiche che provocano gli atti di persecuzione, purché una siffatta caratteristica gli venga attribuita dall’autore delle persecuzioni.

Il riconoscimento dello status di rifugiato consente:

  • il rilascio di un permesso di soggiorno per asilo politico della durata di 5 anni;
  • il rilascio del titolo di viaggio per rifugiati per potersi recare all’estero;
  • il rilascio del tesserino di rifugiato che consente ulteriori rinnovi e pratiche;
  • di fare richiesta di cittadinanza per naturalizzazione dopo soli 5 anni;
  • di ricongiungere la propria famiglia, o effettuare una coesione, in base ai requisiti previsti dalla legge (art.29 bis D.lgs. 286/98), ma senza dimostrare alloggio e reddito, e con facilitazioni per quanto riguarda i documenti attestanti il legame familiare;
  • accesso all’occupazione;
  • accesso all’istruzione;
  • assistenza sanitaria e sociale (invalidità civile, assegno di accompagnamento, assegno di maternità) a parità coi cittadini italiani.

La protezione sussidiaria

La protezione sussidiaria è riconosciuta in presenza di danno grave ai danni della persona.

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, sono considerati danni gravi:

a) la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte;

b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine;

c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Il riconoscimento della protezione sussidiaria consente:

  • il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria della durata di 5 anni;
  • il rilascio del titolo di viaggio per potersi recare all’estero, quando sussitono fondati ragioni che non consentono al titolare di protezione sussidiaria di chiedere il passaporto alla Rappresentanza diplomatica o consolare del Paese d’origine;
  • di ricongiungere la propria famiglia, o effettuare una coesione, in base ai requisiti previsti dalla legge (art.29 bis D.lgs. 286/98), ma senza dimostrare alloggio e reddito, e con facilitazioni per quanto riguarda i documenti attestanti il legame familiare;
  • accesso all’occupazione;
  • accesso all’istruzione;
  • assistenza sanitaria e sociale (invalidità civile, assegno di accompagnamento, assegno di maternità) a parità coi cittadini italiani.

Cosa accade dopo la presentazione della domanda?

Il richiedente ha diritto di essere accolto in un centro per richiedenti asilo nel caso in cui non abbia la disponibilità di un alloggio. In Italia esistono due livelli di accoglienza. I richiedenti possono accedere ai centri di prima accoglienza con servizi di base, come quella fornita nei centri di prima accoglienza o nei centri di accoglienza straordinaria (CAS). Se vi sono dei posti disponibili possono accedere anche alle strutture del Sistema di accoglienza e integrazione (Sai).

“Casi Dublino”

Qualora il richiedente rientri nei casi previsti dal Regolamento 343/2003 gli sarà rilasciato un permesso ‘Dublino’, fino a quando non sarà terminata la procedura per la determinazione dello Stato competente alla presa in carico della domanda di protezione internazionale. Il permesso consente di svolgere attività lavorativa, trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda .

Audizione del richiedente

La Commissione comunica alla Questura la data dell’audizione e questa poi provvederà a comunicarla al richiedente presso il domicilio indicato sul permesso di soggiorno o presso il centro dove è accolto o trattenuto.
È importante, e obbligatorio, aggiornare il domicilio al momento del rinnovo del permesso.

Riesame

In caso di esito negativo è possibile presentare istanza di riesame. La richiesta si può fare solo nel caso in cui ricorrano elementi nuovi o documenti prima non reperibili.

Ricorso

Il ricorso si presenta presso il Tribunale ordinario. Il Tribunale competente è quello che ha sede nel capoluogo del distretto della Corte d’appello in cui ha sede la Commissione Territoriale.

Il ricorso sospende l’espulsione, i termini previsti dalla legge sono 30 giorni. In seguito al ricorso la legge dispone che sia rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo.

Il ricorrente ha diritti, se sussistono i requisiti di reddito, al gratuito patrocinio a spese dello stato. Il reddito può essere autocertificato, senza ricorrere alla documentazione che di norma deve essere richiesta all’ambasciata del paese di origine.

Il ricorso può essere fatto anche in caso di provvedimento di revoca o cessazione dello status.

Sanità e iscrizione anagrafica

Il richiedente asilo in possesso di permesso di soggiorno e di codice fiscale ha l’obbligo all’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, che gli dà diritto, quindi, al medico di base e alle prestazioni specialistiche, senza compartecipazione alla spesa, cioè in esenzione del ticket.

Il rifugiato e il beneficiario di protezione sussidiaria hanno l’obbligo all’iscrizione al Servizio Sanitario e beneficiano delle prestazioni in compartecipazione della spesa.

Il permesso di soggiorno per richiesta asilo permette l’iscrizione all’anagrafe del Comune dove il richiedente è accolto e di ottenere la carta di identità.

Revoca e cessazione dello status

La decisione in merito alle procedure di revoca e cessazione degli status è attribuita alla Commissione nazionale con sede a Roma.

La cessazione dello status di rifugiato può essere disposta se lo straniero:

  • si sia volontariamente avvalso di nuovo della protezione del Paese di cui ha la cittadinanza;
  • avendo perso la cittadinanza, l’abbia volontariamente riacquistata;
  • abbia acquistato la cittadinanza italiana ovvero altra cittadinanza e goda della protezione del Paese di cui ha acquistato la cittadinanza;
  • si sia volontariamente ristabilito nel Paese che ha lasciato o in cui non ha fatto ritorno per timore di essere perseguitato;
  • non possa più rinunciare alla protezione del Paese di cui ha la cittadinanza, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato;
  • se trattasi di un apolide, sia in grado di tornare nel Paese nel quale aveva la dimora abituale, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato.

Negli ultimi due casi, il cambiamento delle circostanze deve avere una natura non temporanea e tale da eliminare il fondato timore di persecuzioni e non devono sussistere gravi motivi umanitari che impediscono il ritorno nel Paese di origine.

La revoca dello status di rifugiato può essere disposta, su base individuale, qualora, successivamente al riconoscimento dello status di rifugiato, è accertato che:

  • sussistono le condizioni per il diniego dello status sulla base dei presupposti o sulla base della pericolosità per la sicurezza dello Stato;
  • il riconoscimento dello status di rifugiato è stato determinato, in modo esclusivo, da fatti presentati in modo erroneo o dalla loro omissione, o dal ricorso ad una falsa documentazione dei medesimi fatti.

La cessazione dello status di protezione sussidiaria può essere disposta se le circostanze che hanno indotto al riconoscimento sono venute meno o sono mutate in misura tale che la protezione non è più necessaria.

Le mutate circostanze devono avere natura così significativa e non temporanea che la persona ammessa al beneficio della protezione sussidiaria non sia più esposta al rischio effettivo di danno grave di cui all’articolo 14 e non devono sussistere gravi motivi umanitari che impediscono il ritorno nel Paese di origine.

La revoca dello status di protezione sussidiaria può essere disposta se, successivamente al riconoscimento dello status, è accertato che:

  • sussistono le cause di esclusione ostative all’accesso alla procedura;
  • il riconoscimento dello status di protezione sussidiaria è stato determinato, in modo esclusivo, da fatti presentati in modo erroneo o dalla loro omissione, o dal ricorso ad una falsa documentazione dei medesimi fatti.

In tutti questi casi l’interessato deve essere informato della procedura in corso e deve avere la possibilità di essere ascoltato in un colloquio personale.