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da Il Manifesto del 25 ottobre2003

L’Italia vuole aprire un Cpt in Libia

Campi per i profughi. Mega tendopoli lungo le coste della Libia, dove funzionari italiani inviati dal ministero degli interni dovrebbero collaborare col governo del colonnello Gheddafi alla gestione di strutture di permanenza temporanee per i migranti in fuga da paesi come la Somalia o il Sudan. L’idea è quella di rinchiudere nei campi uomini, donne e bambini, identificarli e rispedirli nei paesi d’origine. L’obiettivo è di impedire ai migranti di raggiungere la Sicilia, evitare che si ripetano tragedie come quelle di Lampedusa, con i cadaveri dei tredici somali ammassati sul barcone trainato dalle motovedette e con quelle immagini che hanno fatto il giro del mondo.

Un sorta di modello Albania, con la differenza che somali, sudanesi, palestinesi e iracheni saranno spediti indietro, nelle mani dei signori della guerra, siano essi musulmani, cristiani, occidentali o barbari. Proprio in Libia è ramificata l’organizzazione criminale che gestirebbe le migrazioni, come rivela un’inchiesta della Procura di Agrigento che ha emesso un ordine di arresto internazionale nei confronti di una donna «Madame Genny, soprannome di un’eritrea di 25 anni che gestirebbe il racket da un bar. La donna sarebbe già stata fermata dalla polizia di Tripoli su segnalazione degli inquirenti italiani. E’ accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Dietro di lei ci sarebbe una banda, con molte donne.

Il quartier generale dei traffici sarebbe il villaggio libico di El Zuwhara, il principale porto d’imbarco utilizzato dai mercanti di Schiavi. L’accampamento è controllato da boss di Sfax e di Capo Bon, con complici locali e ramificazioni in tutti i paesi del centro Africa che gestiscono i viaggi via terra.