Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Cap Anamur – Commento alla prima udienza del processo in corso ad Agrigento

Intervista a Fulvio Vassallo Paleologo, Asgi

Si rischia di più a salvare la vita di persone che stanno annegando in mare, piuttosto che a lasciarle morire. Questo sembra essere l’insegnamento da trarre dall’ultimo atto della vicenda Cap Anamur, che vede imputati in un processo penale l’allora responsabile della Ong, il comandante e il Primo ufficiale della nave. Al di là dei dettagli della vicenda, l’estate del 2004 ha rappresentato una svolta nelle politiche e nelle prassi italiane ed europee di contrasto all’immigrazione clandestina. E mentre, secondo quanto scritto nella legge Bossi-Fini – che l’attuale governo di centro sinistra non ha ancora modificato – è facilissimo giudicare e condannare chi presta soccorso umanitario ai migranti, mentre per le migliaia di vittime sepolte nel cimitero del Mare Mediterraneo nessuno sembra avere colpe o responsabilità e rimane l’impunità assoluta.
Abbiamo ripercorso la prima giornata del dibattimento del processo e approfondito queste riflessioni insieme a Fulvio Vassallo Paleologo, Asgi.

All’udienza del 27 novembre Fulvio Vassallo Paleologo era presente in quanto giurista dell’Asgi ma anche come persona che ha seguito molto da vicino tutta la vicenda. Verrà anche chiamato a testimoniare nel corso del processo.

D: Innanzitutto com’è andata questa prima giornata?

R: È stata la giornata di costituzione del dibattimento, quindi si sono svolti adempimenti prevalentemente formali. La cosa importante da sottolineare è la tempestività verso la quale sembra rivolta la magistratura: la prossima udienza sarà già a dicembre e lì comincerà L’escussione dei testimoni. La difesa ne ha già indicati una ventina e penso che saranno altrettanti quelli dell’accusa. La molteplicità di voci che saranno presenti nel processo dovrebbe consentire di far venire fuori molti fatti che sono ancora rimasti in penombra

D: Possiamo ricordare qual è l’accusa formulata per i tre imputati?

R: L’accusa formulata è quella della Bossi-Fini, di agevolazione all’ingresso clandestino di immigrati appunto irregolari, anche se in realtà da tutte queste testimonianze spero possa emergere come di clandestino in questa vicenda ci sia ben poco, considerando che la nave Cap Anamur attracca a Porto Empedocle il 12 luglio del 2004 e già il 6 luglio sono presentate interrogazioni parlamentari cui l’8 luglio risponde il sottosegretario agli Interni. La nave entra in porto con l’autorizzazione del governo italiano e dopo una lunga trattativa tra i governi italiano, tedesco e maltese. Il governo tedesco però alla fine si è tirato indietro, dopo aver aderito ad una ipotesi di accordo- questo era almeno quello che sembrava anche a me che in quei giorni ero lì- che poi, appena i naufraghi sono sbarcati a terra, si è dissolta

D: Ricordiamo infatti come tutti i profughi, tranne due, siano stati espulsi nonostante poi – e volevo commentare con te questo dato – il 28 luglio del 2004 il tribunale di Roma si sia pronunciato dichiarando illegittime le espulsioni che erano state effettuate

R: Su questo c’è da dire che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo aveva già invitato l’Italia a sospendere le espulsioni quando purtroppo quasi tutti erano già stati spediti verso la Nigeria e verso il Ghana dopo dei riconoscimenti estremamente veloci. C’è anche da ricordare che in un primo momento la commissione territoriale, già ante litteram costituita per l’occasione a Caltanissetta, aveva riconosciuto la protezione umanitaria per buona parte di questi naufraghi. Invece, dopo successivi interrogatori di polizia, questa decisione della commissione centrale spostata in parte in Sicilia venne trasformata in una decisione negativa e si stabilì di nuovo che i naufraghi erano normali immigrati illegali. Questo ha poi di conseguenza compromesso anche la posizione di Bierdel e di Cap Anamur . In realtà le fasi di questa vicenda sono state scandite da accordi e da incontri politici, penso ad esempio all’incontro a Sheffield in Inghilterra tra Pisanu e Schilly, Ministro degli Interni tedesco, e da una lunga fase di tira e molla. La nave aveva avuto autorizzazione ad entrare in acque italiane e attraccare a Porto Empedocle già il 30 giugno, poi questa autorizzazione venne revocata, poi di nuovo, intorno all’11 luglio, arrivava l’autorizzazione all’ingresso in porto ecc. Una vicenda dunque che di clandestino e di agevolazione all’ingresso di clandestini ha ben poco…

D: Ma allora secondo te cosa è entrato in gioco nella gestione di questa vicenda da parte del governo italiano?

R: Dalle dichiarazioni fatte in Parlamento dal Ministro e dal Sottosegretario degli Interni e da quello che è stato asserito allora dalla Procura della Repubblica in piena sintonia, si contestava a Bierdel di avere taciuto le modalità di salvataggio e di avere avuto a bordo le persone per diversi giorni prima di contattare le autorità italiane. Ma questo aspetto ha già trovato una spiegazione nei resoconti e verrà anche fuori, per questa fase del processo, nelle testimonianze.

D: Al di là dei dettagli della vicenda, il governo italiano ha sfoderato allora una linea dura, forse mai avuta prima, che poi purtroppo ha dato anche un orientamento a tutto quello che è successo in seguito nella gestione delle prassi amministrative contro i migranti irregolari

R: Si, io posso riportare una frase che ancora ieri sera è stata riferita ad una televisione tedesca in un’intervista fatta al procuratore della repubblica di Agrigento: “la Cap Anamur non doveva diventare un cavallo di Troia”. Si doveva dare l’esempio che l’Italia non era il ventre molle dell’Europa “perché questa vicenda non costituisse un precedente per altre simili vicende”, perché si temeva che le Ong e le organizzazioni umanitarie potessero ripetere altre volte quello che era successo con la Cap Anamur. La vicenda Cap Anamur si inserisce in una fase molto complessa e contraddittoria nella quale erano stati denunciati molti comandanti di pescherecci perché avevano prestato aiuto ai migranti in difficoltà senza aspettare autorizzazioni e senza chiedere il permesso a nessuno. Dopo queste condanne sono venute fuori testimonianze di superstiti a successivi naufragi che hanno raccontato come molte navi commerciali siano passate senza fermarsi malgrado avessero visto le imbarcazioni di clandestini nel canale di Sicilia. Il 2004 è un momento di svolta per le politiche europee e per le pratiche di contrasto a mare dell’immigrazione clandestina e la vicenda Cap Anamur, al di là delle responsabilità individuali che verranno accertate nel processo e che -secondo me – non esistono anche alla luce dell’attuale normativa, si colloca in questa svolta.

D: Quindi anche questo processo si colloca in questa svolta, anche questa decisione, in fondo politica, di arrivare fino alla fine e portare veramente sul banco degli imputati questi tre “salvatori”…

R: Diciamo che il vero problema è la legge Bossi-Fini che ha un’impostazione che prevede una fattispecie penale talmente generica per l’agevolazione dell’ingresso clandestino che in realtà anche molti operatori umanitari che prestano il loro soccorso a immigrati clandestini potrebbero in teoria, applicando la legge con lo stesso rigore, subire le stesse conseguenze penali. Quindi c’è anche un problema di riforma della legge, di depenalizzazione di condotte del tutto prive di scopo di lucro e che si limitano solo a prestare aiuto e a rispettare i canoni internazionali del diritto del mare per salvare la vita di persone che si trovano in difficoltà.

D: Potremmo collegare, sempre in relazione al fatto di salvare o meno le persone in mare e del criminalizzare chi le salva, anche il processo di Porto Palo per il naufragio del Natale del’96. In fondo sono due processi paralleli e opposti…

R: Si, ma c’è anche un altro processo che vorrei ricordare in questo momento e che rischia di non svolgersi mai: tra un paio di giorni ad Agrigento ci sarà un’udienza nella quale probabilmente si archivierà la vicenda del Motopesca Elide che nel marzo del 2002, avendo tempestivamente avvertito la marina della presenza di una piccola imbarcazione di immigrati in difficoltà, aveva avuto l’ordine con un certo ritardo di procedere al rimorchio. é una vicenda che andrebbe chiarita in tutti i suoi dettagli e nella catena di comando perché quando parlo di marina parlo anche di Ministero degli Interni che, in base ad un regolamento del 2003 e alle prassi avviate già dal 2002, coordina e in qualche modo da il via alle operazioni di salvataggio a mare decidendo sulle modalità e sui tempi di intervento. Ebbene, i ritardi in quella terribile serata si tradussero nel fatto che poi l’imbarcazione rimorchiata dal peschereccio si capovolse sotto gli occhi dell’equipaggio della nave militare Cassiopea, e morirono 14 persone con un numero imprecisato di dispersi. Mi auguro che come ci sarà tempo per accertare tutti i dettagli della vicenda Cap Anamur, ci sia anche il tempo per accertare in tutti i dettagli le responsabilità dell’intera catena di comando che decise in quella occasione di ritardare di un paio d’ore, però decisive, l’intervento della marina militare. Il rimorchio si tradusse infatti in una tragedia con morti e dispersi in conseguenza del comportamento non tanto della marina militare che ha salvato decine di vite nel canale di Sicilia, quanto dei vertici amministrativi che hanno coordinato questa operazione da Roma.

D: Quindi sostanzialmente si rischia di più a salvare le persone per mare piuttosto che lasciarle annegare. Questo è il messaggio che le leggi della fortezza Europa tristemente stanno comunicando.

R: Purtroppo non si tratta qui di una questione che si esaurisce in decisioni del giudice, ma di leggi che possono essere cambiate da assemblee democratiche, almeno così dovrebbe essere in uno Stato che sia ancora Stato di diritto.

Intervista a cura di Alessandra Sciurba

Vedi anche:
Cap Anamur – Cosa ha rappresentanto in Italia e in Europa la vicenda dei 37 profughi a cui è stato negato il diritto di asilo