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Naufragio di Capo Rossello – Continua a salire il numero delle vittime

Intervista a Pietro Milazzo - Forum Sociale Siciliano

Nella notte tra sabato 14 e domenica 15 settembre, a quaranta metri dalla costa di Agrigento in Sicilia, una barca in difficoltà, affonda. 25 persone annegano (ma il bilancio è provvisorio), altri riusciranno a salvarsi. Erano tutti cittadini della Liberia in fuga dalla guerra. Una trentina di loro in questi giorni ha chiesto asilo mentre gli altri saranno rimpatriati.

Ma cosa è successo quella notte? Sono molte le domande che rimangono senza riposta ma qualcosa è facile intuirlo ascoltando i racconti dei pescatori e ricordando quello che è successo nel mese di agosto a Porto Palo, sempre in Sicilia. Pescatori accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver aiutato una barca in difficoltà e per aver salvato delle vite umane. Questa è l’applicazione delle nuove norme sull’immigrazione.
Insomma, la legge Bossi Fini fa venire meno quei principi elementari di chi naviga e nel mare ci lavora ovvero aiutare, prestare soccorso a chi è in difficoltà e rischia la vita.
È incredibile che pochi metri di acqua riescano a inghiottire 25 persone, è incredibile che a disporre queste esecuzioni siano leggi di uno stato democratico.

Per cercare di capire quello che è successo nell’ultima tragedia in Sicilia abbiamo rivolto alcune domande a Pietro Milazzo del Forum Sociale Siciliano. Quello che ha raccontato ai nostri microfoni riguarda una situazione pesante e pericolosa che è l’annuncio di nuove tragedie.

Risposta: Va subito detto che la Sicilia è diventata il principale punto di approdo dei migranti verso l’Italia e l’Europa. Si calcola che almeno l’80% degli sbarchi avvenga in Sicilia. La situazione nell’ultimo anno si è pesantemente aggravata sia per l’enorme quantità di immigrati che stanno affluendo sia per le contro misure che sono state predisposte per contrastare gli sbarchi. In Sicilia la legge Bossi Fini è stata applicata ancora prima che venisse approvata assieme ad iniziative molto discutibili da parte di alcuni settori della magistratura. L’esempio più drammatico è stata la vicenda di Porto Palo di cui tra poco parleremo.

D: Puoi raccontare che cosa è successo a questi pescatori?

R: Sono stati accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la loro nave è stata posta sotto sequestro.

D: Che cosa materialmente avevano fatto?

R: I pescatori si erano limitati a fare quello che la legge del mare impone, segnalare alla Capitaneria di Porto che c’era una barca in difficoltà e poi prestare soccorso. Con il loro soccorso sono state salvate delle vite umane e vedersi indagare dalla magistratura ha portato ad una situazione molto pericolosa.
I pescatori hanno paura e lo hanno dichiarato in modo esplicito. Addirittura si è arrivati al paradosso di avere due procedimenti indiziari di segno opposto perché se la magistratura, da una parte, ha indagato i pescatori per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, il procuratore della Repubblica di Agrigento ha aperto un inchiesta per omissione di soccorso a dei pescatori che non avrebbero soccorso una barca in difficoltà. I pescatori, i marinai, tutti si trovano ora in una situazione di incertezza, molti hanno paura delle conseguenze della legge.

È triste dirlo ma rispetto all’ultima tragedia (quella di sabato 14 settembre) il pezzo di mare in cui sono annegate 25 persone era tranquillo. La tempesta era passata da tempo e nessuno ha fatto nulla per portare in salvo quelli che stavano morendo. Questa è una cosa terribile, addirittura pare che molte di queste persone urlassero ma nessuno ha raccolto il loro grido di aiuto. Qualcuno si è giustificato dicendo che le urla non erano comprensibili perché in lingua straniera. È terribile. È una barbarie, non ci si può giustificare di fronte a quello che è successo, le urla di chi sta male o rischia la vita non ha bisogno di traduzione.
Questo la dice lunga sul clima di intimidazione che si sta vivendo da noi, tutto ciò sta provocando un clima da barbarie, sta fermando quella che è sempre stata una pulsione naturale dei lavoratori del mare cioè aiutare che è in difficoltà.
Ricordiamo che molte di queste sciagure sono state portate alla luce solo grazie ai pescatori i quali ci raccontano che quasi ogni giorno vedono galleggiare cadaveri, magari di naufragi di cui nessuno probabilmente saprà mai nulla.
Il bilancio ufficiale dei naufragi sulle coste siciliane dal 1994 ad oggi parla di 400 morti ma siamo sicuramente almeno al doppio, un vero è proprio cimitero del mare.

D: Questo è quello che purtroppo succede in mare. Chi riesce a toccare terra viene immediatamente rinchiuso per accertamenti o identificazioni in luoghi particolari come quello di Lampedusa: le ultime notizie parlano di un capannone dove all’interno sono stipate centinaia di persone. Di cosa si tratta, cos’è questo luogo: sappiamo che non è un centro di accoglienza. Cos’è un centro di permanenza?

R: Il centro di Lampedusa non è né un centro d’accoglienza né un centro di permanenza temporanea, nel senso che non ha lo status nemmeno formale di centro di permanenza.
In realtà è stato concepito come un centro di smistamento di primo arrivo e poi trasporto altrove, ma oggettivamente, data l’enormità del flusso, è diventato un centro di permanenza vero e proprio seppure in condizioni assolutamente drammatiche.
E’ addirittura peggio del peggiore CPT, perché non ha neanche le caratteristiche, seppure brutali e crudeli del lager, che hanno gli altri. E’ proprio una sorta di magazzino per esseri umani in cui sono ammassati senza nessuna condizione di vivibilità, con un solo bagno, senza docce, senza letti, in attesa di essere spostati altrove.
Fino a ieri, c’erano più di 300 immigrati stipati dentro questa specie di magazzino in condizione disumana, dormendo a terra, nel cortile…proprio una cosa assurda, incredibile. Peggiore di qualsiasi altra possibile situazione in Sicilia. Solo oggi li hanno spostati, smistati, verso la terraferma, poi in genere li portano in Calabria o in Puglia; quando non c’è più spazio in Sicilia.

C’è anche da dire un’altra cosa: questi ultimi morti annegati (di Capo Rossella) facevano parte, a quanto pare, della stessa spedizione ultima che poi si è suddivisa in tre barconi diversi, due dei quali sono arrivati a Lampedusa e l’altro, purtroppo, è naufragato vicino ad Agrigento. Quindi teniamo conto anche che vengono da una situazione particolarmente drammatica.

D: Brevemente qual’è la situazione dei centri di permanenza temporanea in Sicilia?

R: Intanto ne sono in funzione tre principali: Trapani, Agrigento e Caltanisetta. Poi ce n’è un altro che è una sorta di CPT non ancora ben definito e completato tra Siracusa e Noto, un altro piccolo a Ragusa che spesso viene chiuso e riaperto.
La capienza attuale dei CPT siciliani credo sia intorno al migliaio di immigrati. Bisogna dire che stanno lavorando al raddoppio dei CPT come prevede la nuova legge Bossi-Fini, in particolar modo a Trapani, che è, diciamo, insieme ad Agrigento, la porta principale proprio anche in termini di vicinanza ai luoghi degli sbarchi.

D: Un’ultima domanda o considerazione, tenendo conto di ciò che dicevi poco fa e cioè che il clima che si sta vivendo in Sicilia è un clima di intimidazione pesante: come associazioni, gruppi o singoli cittadini come vi state movendo?

R: Intanto c’è da dire che stanno esercitando delle pressioni e delle intimidazioni nei confronti di quelli che stanno svolgendo da tempo un’azione di monitoraggio dei CPT. Nel senso che si è stabilizzata una rete di militanti e soggetti impegnati nella nostra rete che sia a Palermo, Trapani, ad Agrigento come a Caltanisetta hanno svolto un lavoro di ingresso periodico nei CPT con o senza l’appoggio di parlamentari per verificare le situazioni che di volta in volta si andavano determinando, specialmente nei momenti di grandi afflussi o di tensioni fortissime.
Questo ha aiutato tantissime persone per esempio a fare delle denuncie su quanto accadeva dentro. Abbiamo scoperto casi di pestaggi, abbiamo scoperto ovviamente minorenni, soggetti malati che non venivano accuditi, insomma tutta una serie di elementi di denuncia che poi sono serviti in qualche modo a salvare delle situazioni difficili, a volte riuscendo a farli uscire dal CPT attraverso denuncie vere e proprie. Oppure abbiamo impedito che cose più gravi avvenissero dentro questi luoghi nascosti.
C’è un nostro “occhio”, insomma, all’interno. Naturalmente questa cosa non viene apprezzata e quindi recentemente ci sono stati un paio di casi di tentativi per spingere immigrati a dichiarazioni che coinvolgevano i nostri operatori; si è tentato di far dire che li avevano sobillati e spinti verso la rivolta il che voleva dire farli entrare all’interno di una trappola repressiva accusandoli di istigazione con il rischio di pagare prezzi molto pesanti.
Questo è il clima. Non sto esagerando è proprio così, un rischio molto forte di provocazioni che coinvolgano i pochi soggetti attivi che operano direttamente in rapporto a questi centri.
Ora, per quanto ci riguarda come insieme di movimento stiamo tentando di organizzare una risposta spero abbastanza immediata a questi ultimi tragici eventi. Abbiamo organizzato per sabato 21 settembre una manifestazione ad Agrigento contro la legge Bossi Fini, gli eccidi di Stato, contro i CPT.