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Novità per i lavoratori immigrati “licenziati” e non regolarizzati

Se questo dato si rivelerà vero si tratta della più grande sanatoria che si sia mai vista in Italia che assomma almeno due o addirittura tre delle sanatorie precedenti per numero di persone che l’hanno utilizzata.

L’agenzia prosegue “Durante l’incontro sono stati sottoposti al vaglio del ministero casi concreti come: cosa fare se il datore di lavoro rifiuta la regolarizzazione; come interpretare il blocco della data per l’assunzione al 10 giugno (tre mesi prima dell’entrata in vigore della legge) se nei tre mesi o dai tre mesi; come affrontare casi di immigrati truffati da un datore di lavoro. Secondo il rappresentante della Uil, è possibile parlare di un’apertura da parte del Viminale che avrebbe dato la disponibilità a cercare norme, all’interno della legge, per eliminare le perplessità e risolvere le difficoltà segnalate dai sindacati. Si tratterebbe della possibilità di gestire in maniera flessibile le norme della legge, unica via praticabile “perché – sostiene la Uil – a dieci giorni dalla scadenza della presentazione delle domande non è credibile cambiare la legge”.

A confermare quanto detto dall’agenzia di stampa è arrivato un messaggio di Romana Sansa – Gruppo Verdi Senato – in cui dice che “..al convegno della UIL, il sottosegretario Mantovano lo ha dichiarato, rispondendo subito e non lunedì prossimo. Egli ha specificato che sarebbe partita una circolare dal Ministero dell’Interno ai Prefetti, per disporre il rilascio di un permesso di soggiorno per ricerca lavoro, della durata di sei mesi, ai sensi dell’articolo 5 comma 6 del Testo unico, a quegli immigrati regolarizzabili, mandati via o non regolarizzati dal datore di lavoro, a condizione che gli stessi lavoratori aprano una vertenza entro l’11 novembre prossimo, per le vie legali o mediante conciliazione.”
Questa è una buona notizia ma attendiamo urgentemente una circolare a riguardo.

È stata denunciata una problematica frequente e cioè quella del datore di lavoro che si rifiuta di regolarizzare il lavoratore immigrato licenziandolo. L’avvocato Faure ci ricorda che “Dato che il lavoratore irregolare è assunto, pagato e gestito “in nero”, avviene quasi sempre che sia anche licenziato senza alcuna lettera di licenziamento.
La legge italiana, art. 2 legge 604 del 1966, prevede che in tal caso il licenziamento sia “inefficace” cioè di fatto come mai avvenuto; pertanto il rapporto di lavoro continua, ed al lavoratore compete il diritto alle retribuzioni non pagate ed a essere riammesso al lavoro.”

Il rapporto di lavoro continua dal punto di vista giuridico e può essere ripristinato attraverso una vertenza di lavoro promossa dal lavoratore.
Cosa succede se il lavoratore viene licenziato? In questo sportello abbiano già dato notizia dei ricorsi d’urgenza che chiedono una giusta interpretazione della norma con l’obbligo del datore di lavoro di procedere con la regolarizzazione. Vedi l’ordinanza del tribunale del lavoro di Milano.
Non possiamo immaginare che in tutti questi casi ci sia il tempo sufficiente per promuovere un ricorso ed avere il provvedimento del giudice che consenta, entro la scadenza oramai vicina dell’11 novembre di presentare la domanda di regolarizzazione.
Ecco che l’ipotesi lanciata dal governo attraverso l’agenzia stampa che abbiamo citato, cioè di consentire la regolarizzazione di chi è stato allontanato dal posto di lavoro permetterebbe di trovare, sia pure in poco tempo, una soluzione per non perdere l’opportunità della regolarizzazione.
La vertenza di lavoro non è altro che l’inizio della procedura con la quale il lavoratore chiede il riconoscimento dei propri diritti nei confronti del datore di lavoro. La legge prevede che, prima di rivolgersi al giudice del lavoro, si debba attivare una procedura amministrativa che si chiama “Tentativo obbligatori di conciliazione”, mediante formale richiesta inoltrata alla apposita Commissione di riconciliazione istituita presso la Direzione provinciale del lavoro.
Consigliamo agli interessati, visto il poco tempo che rimane, di inoltrare al più presto la vertenza con l’impugnazione del licenziamento, la richiesta del ripristino del rapporto di lavoro, ecc.
Ma per maggiore prudenza potrà essere utile (anche se il governo non ha ancora confermato questa ipotesi) inoltrare, presso l’ufficio postale, la classica domanda di regolarizzazione in questo caso non compilata dal datore di lavoro ma dal lavoratore (scheda dell’Avv Faure).
Questa istanza verrà accolta poi dalla prefettura? Stiamo aspettando la conferma del Ministero dell’Interno.
Chi presenterà questa domanda si troverà nella condizione di non avere, per così dire, niente da perdere. In altre parole piuttosto di perdere l’opportunità di regolarizzazione lasciando scadere il termine senza presentare alcuna domanda sarà sempre meglio presentare questo tipo di domanda.

Consiglio di carattere generale: in tutte quelle situazioni in cui non si è certi della possibilità di ottenere il contratto di soggiorno, perché si hanno dei dubbi sui requisiti, varrà la pena fare una valutazione di opportunità se non sia meglio tentare piuttosto che rinunciare andando incontro in modo certo alla condizione di clandestinità.
Per esempio nei casi di persone che non hanno un documento di identità, chi è stato licenziato dal posto di lavoro. Nel caso di chi è entrato in Italia successivamente al 10 giugno che non hanno la possibilità di far dichiarare al datore un rapporto di lavoro svoltosi per tutti i tre mesi (10 giugno – 10 settembre) consigliamo comunque di inoltrare la domanda di regolarizzazione con una specificazione. Nel modulo che il datore di lavoro deve riempire c’è una dichiarazione prestampata (riprende esattamente il testo della condizione prevista dalla legge) in cui dichiara che ha occupato nei tre mesi antecedenti l’entrata in vigore della legge il lavoratore straniero che oggi chiede la regolarizzazione. Avere occupato “nei tre mesi antecedenti” potrebbe voler dire anche averlo occupato solo nel mese di agosto, non necessariamente per tutti i tre mesi. Questo in base ad una interpretazione letterale che continua ad essere smentita dal ministero dell’interno.
Riassumendo, un datore di lavoro che dichiara di aver occupato una persona solo per un periodo, all’interno dei tre mesi, dice la verità perché è quanto si ricava dalla formulazione letterale della norma.
È curioso notare che se il legislatore voleva dare un significato diverso ci sarebbe stato tutto il tempo per modificare il testo della norma quando è stata convertita in legge. Invece il testo è identico, ciò rafforza la convinzione che è possibile far rientrare all’interno della regolarizzazione anche rapporti di lavoro effettivamente iniziati all’interno dei fatidici tre mesi.

Ricordiamo che le persone, comprese quelle colpite da un provvedimento di espulsione, che presentano domanda di regolarizzazione, beneficiano della “moratoria” ovvero la RICEVUTA ATTESTANTE LA SPEDIZIONE DELLA DOMANDA vale come permesso di soggiorno provvisorio. Si può circolare liberamente in tutto il territorio italiano, proseguire legalmente il rapporto di lavoro senza il pericolo di espulsione. Poiché le domande sembrano essere già 500 mila si capisce che i tempi per visionare le pratiche saranno lunghissimi.