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da Il Mattino di Padova on-line del 4 marzo 2003

“La Bossi – Fini è incostituzionale”

Il giudice Sonia Bello non convalida l'arresto e due clandestini tornano liberi

Ha imposto un clamoroso «stop» all’applicazione della legge Bossi-Fini. Allineandosi ad altri giudici della penisola che hanno come lei trasmesso gli atti alla Corte costituzionale. Ieri mattina il giudice monocratico Sonia Bello non ha giudicato i due immigrati clandestini, che erano stati accompagnati davanti a lei per la convalida dell’arresto e il conseguente processo per direttissima. Come prassi consolidata.
Il reato di ingresso clandestino in Italia prevede, infatti, l’arresto da sei mesi ad un anno, l’immediata scarcerazione dopo il processo e l’espulsione dell’immigrato. O, in alternativa, l’accompagnamento in un Centro di permanenza temporaneo. Se verrà nuovamente trovato in Italia scatterà nei suoi confronti un altro provvedimento restrittivo, con una condanna più pesante. I primi malumori sull’applicazione della legge sono subito venuti alla luce, proprio nei tribunali, dove non passa giorno che non sia in calendario una direttissima per questo reato. Con l’extracomunitario che, dopo la condanna a qualche mese di reclusione, torna libero in quanto non è sempre possibile procedere al suo immediato rimpatrio.
Ieri mattina un marocchino, arrestato dalla polizia municipale in via Locatelli, e un algerino preso dalla polizia al Portello, sono comparsi davanti al giudice monocratico, accompagnati dal pm Paolo Luca, che chiedeva la convalida degli arresti per violazione dell’ordine del questore. Proprio in questa fase è stata sollevata la questione di illegittimità costituzionale della norma sancita dall’articolo 14 del Testo unico sull’Immigrazione. E il giudizio è stato sospeso in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale. In questo periodo, paradossalmente, i due extracomunitari godranno di una sorta di impunità, nel senso che non potranno essere espulsi. In quanto mancherebbe il nullaosta da parte del giudice Bello, che ha rimesso gli atti processuali alla suprema corte motivando la decisione con il fatto che la normativa è in aperto contrasto con cinque articoli della Costituzione. Innanzitutto gli articoli 2 e 3, che tutelano l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarità politica, economica e sociale. Ritiene, infatti, che il reato, di mera natura contravvenzionale, vada esclusivamente a colpire lo straniero irregolare, dando vita ad un quadro repressivo che non si concilia con i principi della solidarità. Verrebbe poi violato l’articolo 13, che tutela la libertà personale, in quanto la normativa non rientrerebbe in quei casi eccezionali di urgenza e necessità che impongono l’arresto in flagranza, ai quali soltanto è subordinata la limitazione della libertà personale dell’individuo. Il giudice sostiene infine che siano violati anche gli articoli 97 e 111, che riguardano l’organizzazione della pubblica amministrazione e l’ordinamento della magistratura, affermando che l’arresto obbligatorio, con conseguente giudizio per direttissima entro 48 ore, produce conseguenze drammatiche sul regolare funzionamento degli uffici giudiziari. I giudici, infatti, sarebbero costretti a restare in udienza a ritmo continuo, con conseguente inevitabile rallentamento della trattazione dei processi ordinari.

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