Se non fosse una specie di trappola, sarebbe la lettera che tutti gli stranieri sperano di trovare nella casella della posta. Comincia cosi: «Invito a presentarsi per la stipula del contratto di soggiorno per lavoro e il contestuale ritiro del permesso di soggiorno da parte del lavoratore straniero». Come il formaggio per i topi. Said Z., marocchino di 30 anni, in prefettura, a Milano, ci è andato con il suo datore di lavoro. Adesso è nel centro di detenzione di via Corelli, in attesa di essere espulso. A Said nessuno ha notificato un regolare rifiuto di rilascio del permesso (come previsto da una comunicazione del ministero dell’interno) e il suo avvocato, Paolo Oddi, si è visto anche rigettare il ricorso senza spiegazioni. «Nulla blocca l’espulsione di Said – spiega – e l’unica cosa da fare contro questo provvedimento abnorme è ricorrere in Cassazione, magari tra un anno ci daranno ragione».
Un caso isolato? Oddi conosce due situazioni analoghe: «Siccome non c’era posto in via Corelli, hanno intimato l’allontanamento dal paese in 5 giorni a due stranieri che rientrano nella sanatoria: in base alla legge Bossi-Fini, rischiano di essere arrestati al secondo controllo di polizia». I volontari di Sos Espulsione, un gruppo di avvocati del Naga di Milano, in una settimana hanno intercettato 15 stranieri «raggirati» – cioè espulsi – dopo aver risposto alla chiamata per lettera della prefettura o della questura. E’ probabile che il rifiuto alla sanatoria, contrariamente a quanto capitato a Said Z., in molti casi sia giuridicamente motivato. In base alla pessima legge Bossi-Fini, infatti, per non ottenere la regolarizzazione è sufficiente essere stati denunciati, per furto o spaccio, ma anche per fatti meno gravi. E stessa sorte può capitare anche a chi è già stato colpito da provvedimento di espulsione, ma solo se è stato trattenuto in un centro come via Corelli (sorte che tutti, in quanto «clandestini», avrebbero potuto conoscere). «Stanno sfoltendo i ranghi – spiega l’avvocato Pietro Massarotto – e chiudono le porte a quelli che potenzialmente non ne hanno diritto. E’ una vergogna, ma è già tutto scritto in questa sanatoria». Le situazioni dei primi 15 «sfortunati» (ma a Milano saranno almeno una cinquantina) però sono ancora da verificare, «andremo a vedere se su di loro ci sono carichi pendenti in Tribunale». Nell’elenco, questo è certo, non figurano criminali incalliti. Tutti lavorano, tanto che si sono presentati in questura con i «padroni», tutti sono reperibili e tutti hanno la ricevuta della sanatoria. Vogliono espellere una ecuadoregna denunciata per una lite condominiale e una brasiliana che ha denunciato il padrone perchè non voleva regolarizzarla come promesso. E per gli stranieri è difficilissimo venirne a capo, anche perché, rinchiusi in via Corelli, è un’impresa ricorrere al Tar contro il rifiuto della sanatoria e al giudice ordinario contro l’espulsione – e per le pratiche un avvocato poco solidale vuole circa 3 mila euro…
E’ presto per dire che si tratta di un giro di vite generalizzato, ma a Milano le associazioni e i sindacati, per il momento, consigliano di non presentarsi in questura nonostante l’allettante letterina di invito. Del resto il clima è sempre più sfavorevole per gli immigrati, con o senza ricevuta per la regolarizzazione. Ne sanno qualcosa i tre peruviani dell’associazione antirazzista Todo Cambia di Milano: l’altro giorno, mentre erano in fila per un pasto all’Opera di San Francesco, sono stati portati in questura per una giornata intera e in un primo tempo gli agenti non si sono scomposti nemmeno di fronte all’avvocato accorso con tanto di cedolino originale. E se a protestare sono anche «alcuni» (pochi) poliziotti, allora è evidente che questa regolarizzazione è in preda al caos: venerdì gli agenti che aderiscono al sindacato UilPs dell’ufficio immigrazione della questura di Milano si fermeranno tre ore per protestare contro i disservizi causati dalla Bossi-Fini. Li ha descritti così il segretario provinciale Antonio Cicero: «E’ disumano che bambini neonati, figli di immigrati, siano costretti a file interminabili al freddo per espletare normalissime pratiche…e se una persona è a posto non si vede perchè debba aspettare 8-9 mesi per un suo diritto…»