Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 30 aprile 2003

In fila anche di notte per il soggiorno di Francesca Pilla

Napoli, tra gli immigrati in attesa del permesso: lunghe code in prefettura, un unico sportello

Napoli – I termini per presentare la domanda di regolarizzazione sono scaduti l’undici novembre del 2002, il governo aveva assicurato che entro un mese gli immigrati con i requisiti in ordine avrebbero ottenuto il permesso di soggiorno e invece a Napoli – dove sono state presentate oltre 36.000 richieste – è tutto in alto mare. Le domande sono state inviate al centro servizi delle poste italiane a Roma, quindi trasferite al Centro elaborazione nazionale con sede proprio a Napoli per essere smistate alle prefetture. Poi il silenzio. Così, sono interminabili le file dei migranti che ogni lunedì, mercoledì e venerdì si raggruppano davanti alla prefettura in piazza Plebiscito. Il sole è alto nel cielo e c’è chi sdraiato ed esausto si mette le mani nei capelli: dopo aver trascorso l’intera notte solo per sapere che fine abbiano fatto i propri incartamenti bloccati da otto mesi non è riuscito nemmeno a prendere il numero per entrare negli uffici. Le persone che possono arrivare allo sportello sono infatti a numero chiuso, solo 150. Così quando l’impiegato esce per consegnare i biglietti della speranza è una vera ressa. La gente litiga, si accapiglia, ma alla fine per la maggioranza sono brutte notizie: «non è arrivato niente». Il che equivale a un’altra giornata di attesa e di perdita di tempo, lavoro e danaro da mandare alle famiglie.

«E’ troppo difficile la vita in Italia», dice Akim, 28 anni, marocchino, professione «tagliatore», cioè sarto in un’azienda a San Giuseppe Vesuviano: «il padrone mi ha fatto il contratto da domestico, io invece lavoro in fabbrica e ogni giorno taglio per 13 ore di seguito. Devo lavorare 8 ore e invece non ho mai lavorato meno di 13». Akim in ogni caso è fortunato: il padrone non ha preteso i soldi per il contratto, ma solo per i contributi, che deve sborsare di tasca propria se vuole essere in regola. Davanti alla prefettura invece il 90% degli stranieri dichiara di aver comprato anche il contratto, per un costo che può variare da 750 fino a 4000 euro. Così ci sono Hamed e Mohamed, algerini che hanno acquistato da italiani un contratto da muratore, ma fanno altro; oppure ci sono Atik, Shadad, Reas, Arshad, Basim, pachistani che ,«preso» quello da domestico, si guadagnano da vivere come venditori ambulanti. Salif arriva dal Mali, anche lui ha comprato una regolarizzazione da domestico (le più gettonate perché meno costose), ma lavora saltuariamente come guardiano. Racconti uguali, tragica realtà di persone che senza il permesso non possono tornare in patria in visita alle famiglie, hanno difficoltà nel ricevere cure, nell’affittare casa, fantasmi senza diritti che vagano nella città. Così molti finiscono arruolati dalla criminalità organizzata, ma loro preferiscono non parlare.

«Io lavoro in una fabbrica – spiega un ragazzo del Burkina Faso – da mesi ho un dolore alla spalla, ma devo stare zitto perché altrimenti mi licenziano e perdo anche il permesso». I datori di lavoro infatti non solo hanno preteso i soldi per «metterlo a posto», ma in prefettura hanno rilasciato solo il recapito della fabbrica, per precauzione visto che il ragazzo ha pagato la metà della cifra necessaria alla regolarizzazione. C’è Osman, scappato dalla guerra in Costa D’Avorio, che ha chiesto asilo politico. Il suo permesso deve essere rinnovato ogni tre mesi, ha presentato la domanda a gennaio, ma oggi gli hanno detto di tornare il 3 giugno. Nel frattempo è figlio di nessuno, irregolare e senza voce.

«I nostri cellulari sono il centralino del 118», spiega Abou del collettivo Immigrati in movimento, che ieri mattina con una delegazione ha incontrato il vice prefetto per fare il punto sull’emergenza migranti: «sappiamo che il problema è secondario per le istituzioni. Noi non abbiamo diritti, non votiamo e quindi siamo carne da macello». Una situazione insostenibile, anche se dalla prefettura hanno ammesso le colpe e si sono detti pronti a intervenire per sveltire le procedure. Così il comitato Immigrati in Italia e il Tavolo nazionale migranti hanno indetto per il 17 maggio una mobilitazione in tutte le maggiori città.