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Sanatoria: il caso dei lavoratori che si licenziano senza giusta causa

È importante segnalare che, sulla base delle recenti disposizioni del Ministero dell’Interno relative al subentro di un nuovo datore di lavoro, non viene preso in considerazione presso gli U.T.G. il caso in cui un lavoratore abbia dato le dimissioni volontarie ovvero quelle dimissioni che lo stesso è libero di dare (rispettando il preavviso previsto dal contratto collettivo di categoria) senza che vi sia la necessità di indicare una giusta causa di risoluzione del rapporto (per esempio, il mancato il pagamento di retribuzioni, abusi del datore di lavoro, ecc.)
In altre parole non viene considerata (al fine della procedura di regolarizzazione e del rilascio del pds di sei mesi per ricerca lavoro) la situazione di chi presenta le dimissioni volontarie senza attivare la vertenza nei confronti del datore di lavoro.

In realtà non c’è nessuna ragione di distinguere tra le dimissioni volontarie e le dimissioni per “giusta causa”. Entrambe infatti costituiscono una libera facoltà del lavoratore, così come costituisce una libera facoltà del datore di lavoro licenziare nei casi previsti dalla legge.
Non c’è ragione di distinguere e discriminare tra datore di lavoro e lavoratore nell’esercizio di diritti fondamentali connessi ad un qualsiasi normale contratto di lavoro.
Non troviamo da nessuna parte una norma che escluda il perfezionamento della regolarizzazione nel caso del lavoratore che, magari dopo mesi e mesi di attesa della convocazione in Prefettura, decida (per ragioni che possono essere solo sue e che la legge considera insindacabili) di “licenziarsi”, o più esattamente di dare le dimissioni.

La prassi degli sportelli polifunzionali delle Prefetture potrebbe essere interpretata come l’imposizione di un obbligo nei confronti del lavoratore, nel senso che lo stesso è costretto a fare qualcosa che invece potrebbe scegliere di non fare, ovvero, la vertenza contro il datore di lavoro.
Sono tanti i casi verificatisi in questi mesi di lavoratori che hanno dato le dimissioni perché non percepivano lo stipendio da tempo o non erano trattati correttamente e che hanno deciso di non “inseguire” il datore di lavoro per ottenere risarcimenti. Magari, come spesso accade, perché si tratta di imprese dalle quali non è possibile recuperare nulla.

Invitiamo gli interessati a segnalare questa prassi degli U.T.G. Solo di fronte a provvedimenti formali di rifiuto di perfezionamento della regolarizzazione ed a eventuali ricorsi all’autorità giudiziaria per l’accertamento della illegittimità di questi provvedimenti, si potrà costituire un precedente che possa orientare più correttamente l’operato degli sportelli polifunzionali.

In altre parole, finché le cose avvengono sotto silenzio, nessuno se ne occupa e le vittime subiscono la situazione, è chiaro che non c’è nemmeno la possibilità di rimediare ed aprire una strada per quelli che arriveranno dopo e che sono ancora moltissimi. Lo smaltimento delle pratiche di regolarizzazione mediamente è attestato intorno al 10 %; quindi di questa procedura e di questi perfezionamenti (chiamarli così suona come una presa in giro) dovremo parlarne ancora per molti mesi.