Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Cronaca di una giornata di lotta

dal No Border Camp di Frassanito 26 luglio 2003

La giornata inizia presto: alle 10 di mattina un gruppo di circa 40 compagni si muove da Frassanito per raggiungere il Centro di identificazione “Don Tonino Bello” di Otranto a pochi kilometri dal campeggio.

Finora questo Centro è rimasto fuori dagli obiettivi dei mass media, più attenti a quello che avveniva al Regina Pacis, l’altro CPT presente nella provincia di Lecce.

L’assemblea del Campeggio aveva deciso il giorno precedente che anche per questo Centro, il “Don Tonino Bello”, era necessario iniziare un lavoro di monitoraggio e denuncia perché da Centro di Accoglienza si è trasformato, dal marzo del 2003, in un Centro di identificazione con un livello di militarizzazione simile agli altri e più noti CPT.

L’obiettivo del presidio effettuato questa mattina al Centro “Don Tonino Bello” era quello di provare a far entrare una delegazione, anche se si sapeva essere cosa abbastanza difficile, sia perché nessun rappresentante istituzionale era presente sia per le norme ulteriormente restrittive emanate dal Ministero degli interni.

Dopo una veloce trattativa con Prefettura e Questura di Lecce, arriva l’autorizzazione a far entrare una delegazione composta da 5 persone. Mentre la delegazione acquisisce informazioni sul Centro e sui migranti in esso detenuti (24 persone – pakistani, albanesi, kossovari, bangladeshi – di cui 2 bambini), gli altri manifestanti ‘no border’ improvvisano, sotto un implacabile sole, un blocco stradale delle vie di accesso al centro, distribuendo volantini tra la gente e informando delle ragioni dell’iniziativa.

Una delle richieste è quella che il nome del Centro venga immediatamente cambiato. Il compianto Don Tonino Bello, uomo di pace e di democrazia, che sempre si è battuto per i diritti della persona umana, mai avrebbe avallato la logica repressiva e detentiva che c’è dietro questi centri.

Si intitoli semmai quel centro a chi inventò le leggi razziali, ma non certo all’uomo che più di tutti ha testimoniato con radicalità, con la sta stessa vita, i valori della fratellanza e della solidarietà umana al di là di qualsiasi barriera.

Nel pomeriggio il Campeggio antirazzista alle 16,30 si avvia verso il luogo della manifestazione conclusiva: San Foca. Alle 18,00 in una atmosfera ancora torrida, il corteo lentamente si muove.

Siamo oltre mille persone: i compagni del Lecce Social Forum aprono il corteo; seguono gli striscioni della rete antirazzista campana, altri striscioni, le bandiere dei Cobas e il Sound System del Coppola Rossa. Il corteo procede lentamente, si vuole approfittare della presenza ai lati del corteo dei villeggianti per spiegare le ragioni della protesta, per fare interviste tra la gente, per volantinare e scandire slogans.

Finalmente arriviamo sotto le finestre e la rete metallica alta oltre 4 metri del Regina Pacis; dalle strette feritorie delle finestre i migranti rinchiusi in quel posto della vergogna si accalcano per salutarci. Il corteo sosta a lungo sotto le finestre; alcuni compagni riescono a issare sulla rete metallica striscioni antirazzisti mentre, e questo è stato uno dei momenti più belli della manifestazione, parte dal corteo il lancio di decine di palloni con su scritte in arabo e altre lingue che vengono lanciati oltre la rete e poi rilanciati da dentro il Regina Pacis al corteo in una ideale partita di pallone che supera barriere e filo spinato.

Il corteo sosta a lungo, poi, davanti all’ingresso principale del Regina Pacis ed anche qui vi è un fitto scambio, da lontano, di saluti e slogans con i migranti rinchiusi nel CPT.

Lecce, 26 luglio 2003 dal No border camp di Frassanito

Vedi le foto della manifestazione su:

http://www.triburibelli.org/