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Da "la Sicilia" del 25 novembre 2003

Catania – Coperte e giubbotti per chi ha freddo

di Pinella Leocata

Catania – Ora che l’inverno è alle porte, il «Centro Astalli» ha bisogno di coperte di lana e di giubbotti pesanti per i propri assistiti, immigrati e poveri nostrani. Uomini e donne che ogni giorno si presentano al numero civico 21 di via Malta e chiedono.
Chiedono di tutto, cibo, vestiti, biancheria. Nella piccola sala d’ingresso, aperta sulla strada, ci sono alcune sedie e un volontario che ascolta e provvede. Chi entra parla le lingue più diverse, ma bastano i gesti per capirsi, e basta un sorriso per dire grazie della doccia calda, della biancheria pulita, di una camicia nuova e di un giubbotto. Tutti ne chiedono, adesso che di notte il freddo si fa sentire.
Si presentano in camicia e sperano. E se il giubbotto c’è – e non importa che sia usato – vanno via felici. Ragazzi magri e uomini segnati, la pelle scura del Sud o quella candida dell’Est.
«C’è bisogno di coperte e giubbotti – ripete padre Rosario Taormina, da sei mesi nuovo responsabile del «Centro Astalli» -. E c’è bisogno di viveri: latte, riso, cibi in scatola, zucchero, olio e anche dolci per i bambini. Anche per loro è Natale. Ma, soprattutto, sarebbe importante avere una sede più grande, di almeno 500 metri quadrati. La Compagnia di Gesù mise a disposizione questo spazio quando, con padre Giovanni La Diana, questa attività ha avuto inizio, ma ora il numero delle persone che si rivolge a noi è cresciuto enormemente e non sappiamo come fare. Abbiamo chiesto alla Municipalità, ai servizi sociali, all’amministrazione, alle istituzioni ecclesiastiche, ma finora non ci sono state risposte positive».

Il centro ne ha bisogno perché, come in un porto, approdano gli uomini «invisibili», gli esclusi, gli ultimi. E approdano qui perché qui la burocrazia è stata annullata, perché il centro è sulla strada e in strada i volontari vanno a cercare chi ha bisogno.
La burocrazia è bandita come metodo di relazione, ma il rigore nell’affrontare i problemi dell’accoglienza è regola. A chi arriva al «Centro Astalli» non viene chiesto nulla se non di che ha bisogno. Se poi la stessa persona torna più volte, allora il discorso cambia e i volontari che si occupano del «centro ascolto» chiedono di loro, della loro vita, delle loro competenze e disponbilità. Parlano l’italiano? Che tipo di lavoro sanno e sono disposti a fare? Segnano tutto in una scheda e abbinano al nome di chi chiede quello di un volontario: sarà il suo tutor, lo accompagnerà in tutto il difficile percorso dell’inserimento sociale e lavorativo.
Qui chi ha bisogno è persona tra persone, non una pratica. A ognuno viene fatta una tessera di riconoscimento così quando si ripresenterà al centro sarà facile ricostruirne la storia e i bisogni e sapere chi lo segue. E di «tessere», e sono uomini e donne, al centro ce ne sono già più di 1.700. Tutta questa attività di raccolta di dati serve innanzitutto per cercare un lavoro a queste persone in attesa di permesso di soggiorno o del diritto di asilo. Qui il tentativo è quello di fare incontrare la richiesta di chi ha bisogno di una domestica, di una badante, di un contadino o di un operaio, con la disponibilità e le capacità dei singoli immigrati. Anche al potenziale datore di lavoro viene chiesto che tipo di impegno chiede, quante ore e se il compenso offerto è compatibile con quanto è fissato dai minimi contrattuali. E’ un modo per scremare le richieste illegali, quelle che si prefigurano come forme di sfruttamento. E’ l’attività dello «sportello lavoro», aperto tutti i giorni dalle 16 alle 19. E’ qui che vengono a fare tirocinio anche studenti delle facoltà di Scienze politiche e della Formazione e operatori Asl. E’ qui, più che nelle strutture istituzionali, che si rivolgono gli immigrati perché i volontari sono in strada e vanno in strada e perché sono persone fortemente motivate.
Gli immigrati spesso sono costretti a restare invisibili e, proprio per questo, diventano oggetto di crudeli speculazioni da parte di datori di lavoro spregiudicati e inumani. Per questi immigrati firmare una busta paga falsa è la norma, ma subiscono pur di ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno. I volontari dell’«ufficio legale» – che funziona martedì, giovedì e venerdì dalle 16 alle 19 – ne sentono di tutti i colori. Hanno intentato anche cause per riduzione in schiavitù, nella «civilissima» Catania e i nuovi schiavisti erano persone note e «rispettate».
Per i problemi legati alla salute c’è un «ambulatorio» (aperto lunedì e mercoledì dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19, mercoledì dalle 9 alle 12 e giovedì dalle 16 alle 19) dove i medici volontari fanno i primi controlli e le necessarie prescrizioni. E sono loro, per i problemi specifici, a inviare chi ha bisogno nelle strutture ospedaliere soprattutto quelle dove c’è un reparto per le malattie infettive, come al Cannizzaro, al Vittorio Emanuele e all’Ascoli-Tomaselli.
Negli ospedali i volontari vanno anche per dare una parola di conforto, come in questi giorni, per il ragazzo che ha subito un trapianto di midollo e che viene aggredito dal vicino di stanza che grida che i nostri soldi non si devono spendere per «questi» e che i medici dovrebbero buttarlo fuori. O come per il ragazzo immigrato dato a fuoco a Picanello da due coetanei catanesi che volevano rubargli il motorino. E’ deturpato, gli hanno amputato tre dita per mano e non può più lavorare. Anche di lui il «Centro Astalli» si fa carico. Completamente.