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da Il Sole 24 ore del 22 novembre 2003

E sulla regolarizzazione si procede in ordine sparso di Marco Noci

La mancata regolarizzazione dei lavoratori stranieri e’ imputabile anche ai datori di lavoro .L’epilogo di una sanatoria, imponente per il numero delle persone interessate, sta riservando brutte sorprese per quegli immigrati che hanno avuto la sfortuna di essere assunti da datori di lavoro con pochi scrupoli.

Infatti, dall’esame delle domande di legalizzazione emergono casi di plurime domande di sanatorie presentate da datori di lavoro che, a un attento esame , non avrebbero avuto possibilita’ di assumere un lavoratore in quanto la ditta era, per esempio, inattiva.

Nella valutazione delle domande sono emersi anche casi di datori di lavoro che hanno indicato nella domanda di regolarizzazione un nominativo diverso da quello dell’effettivo cliente.

La risposta da dare, in questi casi, non sta avvenendo pero’ in modo univoco: alcune Prefetture(d’accordo con le Questure) provvedono, in presenza di almeno alcune buste paga, al rilascio in favore del lavoratore straniero, di un soggiorno di sei mesi per attesa occupazione : altri Uffici Territoriali del Governo (d’accordo le Questure) rigettano la domanda di regolarizzazione con il conseguente accompagnamento dello straniero verso il Paese d’origine.

Peraltro, sulla mancata regolarizzazione per causa imputabile al datore di lavoro, il ministero dell’Interno aveva gia’ avuto modo di precisare, con nota del 31 ottobre 2002, che fosse da ritenersi possibile il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione, della durata di sei mesi.E lo stesso dicastero dell’Interno, inoltre, con circolare del successivo 5 dicembre aveva segnalato che l’eventuale sussistenza delle condizioni ostative di cui all’art.31, comma 3, del Dpr 394/99 in capo al datore di lavoro, non imponevano tout court, il diniego al rilascio del nulla osta.L’art.31 del Dpr 394/99 prevede che la Questura possa rifiutare il nulla osta all’assunzione di un lavoratore(residente all’estero) qualora il datore di lavoro risulti denunciato per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del Codice di procedura penale (articoli che prevedono l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza).

La circolare del 5 dicembre 2002 ha previsto, inoltre, che la sussistenza di condizioni ostative costituisce soltanto un elemento di valutazione discrezionale da parte delle Prefetture (e delle Questure) che, nel singolo caso specifico,, dovranno orientarsi secondo lo spirito del provvedimento di emersione diretto a regolarizzare il maggior numero di rapporti di lavoro preesistenti . Pertanto, i provvedimenti di rigetto paiono stonare con il contenuto della circolare del 5 dicembre .Il provvedimento negativo poggia sul sospetto di collusione tra datore di lavoro e lavoratore per la presentazione della domanda di emersione .Trattandosi di un sospetto, sarebbe allora auspicabile che le Amministrazioni interessate (Prefetture, Questure e Ispettorato del Lavoro) invitassero lo straniero a produrre le proprie osservazioni sulla posizione lavorativa al fine di accertare il rapporto di lavoro.

Una soluzione siffatta rispetterebbe in pieno lo scopo perseguito dal legislatore, ossia quello di legalizzare il lavoro sommerso prestato nel nostro Paese dagli extracomunitari.