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Regolarizzazione – Cosa fare in caso di dinieghi motivati in base a vecchie espulsioni

In più occasioni abbiamo parlato di pronunce di Tribunali amministrativi regionali (TAR) che interpretano la normativa in materia di regolarizzazione in senso più aperto rispetto alla linea interpretativa adottata dal Ministero dell’Interno. La casistica presenta una serie sempre diversa di situazioni che vengono poste all’attenzione della magistratura (sia pure con i classici tempi dell’amministrazione giudiziaria), relative a persone che sono state escluse dalla regolarizzazione perché nei loro confronti esisteva una pendenza di carattere penale cioè un procedimento penale ancora in corso.
Sappiamo che su questo tema il TAR del Veneto, ma non solo, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, denunciando alla Corte Costituzionale la violazione del principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, come garantito dall’art. 27 della Costituzione.
Ebbene, si sono verificati molti casi di persone che dopo aver ricevuto il rifiuto della regolarizzazione (in applicazione dell’interpretazione della norma adottata dal Ministero dell’Interno) sono state assolte in giudizio. Situazioni di questo genere sono sempre più frequenti, perchè i tempi dell’amministrazione giudiziaria sono ovviamente sfasati rispetto a quelli della macchina burocratica che ha deciso sulle regolarizzazioni.

Esempio pratico – Ci sono persone a cui è stata rifiutata la domanda di regolarizzazione perché pendeva nei loro confronti un procedimento di ricettazione e che in seguito sono state assolte.
In un caso specifico una persona imputata per ricettazione ha visto il reato contestato successivamente derubricato a semplice furto, dal momento che non c’era nessuna prova che il bene proveniente dal delitto – un ciclomotore rubato – fosse stato dalla stessa acquistato nel mercato clandestino. Ma il reato di furto semplice -perseguibile solo su querela di parte- è stato in questo caso dichiarato estinto poiché, tramite il proprio avvocato, l’interessato ha rintracciato il proprietario del motorino e ha risarcito al medesimo il danno; é stata quindi ritirata la querela facendo venir meno la condizione di procedibilità del reato che è stato dal giudice dichiarato estinto. Di fronte alla legge italiana questo signore è assolto, non ha nessun tipo di precedente penale e oggi si accinge a fare quello che consigliamo a tutti coloro che si trovano nella medesima situazione: proporre un’istanza di riesame della procedura di regolarizzazione presso l’Ufficio Territoriale del Governo (Prefettura) che a suo tempo aveva disposto il diniego del provvedimento di regolarizzazione. In questa istanza l’interessato farà presente che non può rispondere dei tempi più o meno lunghi della macchina giudiziaria: è evidente che se questa pronuncia di assoluzione per un fatto accaduto anni prima, fosse intervenuta anche solo qualche mese fa, lui non avrebbe subito il provvedimento di rifiuto della domanda di regolarizzazione.
A questo punto dovrebbe essere più che verosimile un riesame della regolarizzazione in senso positivo da parte della competente autorità dell’Ufficio Territoriale del Governo soprattutto perché non esistono altre circostanze cosiddette ostative, ovvero non esistono altri motivi di sorta in base ai quali si potrebbe rifiutare la regolarizzazione di questo signore che, da quando è stata presentata la domanda ad essa relativa, ha continuato a lavorare regolarmente presso lo stesso datore di lavoro versando senza alcuna soluzione di continuità contributi e ritenute fiscali.
Si precisa che contro il provvedimento di diniego della regolarizzazione, l’interessato avrebbe potuto anche fare ricorso al TAR; ciò sulla scorta di un orientamento interpretativo della magistratura amministrativa ormai consolidato, secondo il quale è necessario interpretare la normativa nazionale (in particolare in materia di immigrazione), in conformità con i principi stabiliti dalla nostra Costituzione. Ecco che i TAR, hanno ritenuto di sospendere gli effetti dei provvedimenti di rifiuto di regolarizzazione sollevando la questione di legittimità costituzionale, quindi sospettando fortemente che questa norma (che non rispetta il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva) possa essere lesiva della nostra Costituzione e quindi debba essere dichiarata illegittima.

Naturalmente staremo a vedere l’esito del procedimento davanti alla Corte Costituzionale che però richiederà un lungo tempo di attesa poiché numerose sono le questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto la normativa contenuta nella legge Bossi-Fini già all’esame della Corte Costituzionale.
Nel frattempo si sospendono però gli effetti dei provvedimenti di diniego della regolarizzazione e anche in questi casi gli interessati, a seguito della notifica di sospensione degli stessi, avranno il diritto di proseguire l’attività lavorativa in corso ed anche, visto che i tempi di attesa saranno verosimilmente molto lunghi, una legittimazione a richiedere ed ottenere un permesso provvisorio valido per lo svolgimento di regolare attività lavorativa.