Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Bologna – Noi non denunciamo! Territori ed esperienze contro il pacchetto sicurezza, verso il primo marzo

Intervengono
Matteo Jade – Centro sociale Zapata Genova
Massimo Cannarella – Università di Genova, Progetto TRESEGY
Claudia Iormetti – Coop. La Rupe Bologna
Un rappresentante della Rete delle scuole di italiano per migranti di Bologna
Filippo Nuzzi – Centro sociale TPO Bologna
Neva Cocchi – Associazione Ya Basta! Bologna
Francesca Piconi – Coop. Csapsa Bologna
Alessia Giannoni – Cospe Bologna
Sun Wen Long rete ToghethER/ Associna
Akio Takemoto – Crossing tv/rete MIER
Coordina Irene Elena – Radio Kairos

Con la partecipazione di
Rete delle scuole di italiano per migranti di Bologna (Aprimondo Centro Poggeschi, SIM XM24, ass. Ya Basta!, ass. Alfabeti Colorati, Centro Lavoratori Stranieri CGIL, Famiglie Insieme, Scuola By Piedi-Chiesa Evangelica Metodista), Coop. La Rupe, Coop. CSAPSA, Cospe, ass Sokos, ass Amani, Associazione Mondo Donna Onlus, ass. Gruppo Yoda, Tavola Migrante, Associna, Crossing TV

e le realtà del Comitato Primo Marzo Bologna

Cosa significa essere antirazzisti ai tempi della stigmatizzazione dei migranti?
Che forme assume oggi l’opposizione a leggi e discorsi pubblici che propongono i migranti come delinquenti, gli alunni stranieri come ostacolo all’apprendimento, gli sfruttati di Rosarno come lavoratori illegali, i richiedenti asilo come invasori da respingere in mare?

Per rispondere ci serve dare uno sguardo al territorio, alle esperienze quotidiane di decine di realtà autorganizzate che, con una scelta precisa, pongono la propria azione concreta come ostacolo alla cultura del pregiudizio e dell’esclusione nei confronti di chi parla una lingua diversa dall’italiano.

Sono le scuole che insegnano l’italiano senza chiedere il permesso di soggiorno, gli Sportelli Migranti autogestiti che supportano i migranti nella rivendicazione di diritti negati dalla normativa, sono le cooperative sociali che lavorano con i giovani di origine immigrata, sono le associazioni che si impegnano per la tutela dei diritti e per la pace, sono i medici volontari che curano chi non ha il permesso di soggiorno e si sono opposti alla cancellazione del diritto alla salute per i migranti, sono gli spazi sociali autogestiti, dove si sperimenta una socialità libera ed indipendente, dove si mescolano le provenienze geografiche e i linguaggi espressivi, dove si costruisce il sogno di un mondo giusto, dove convivano tutti i mondi.
Da un lato il rifiuto della cultura della discriminazione quindi, dall’altra la sfida della convivenza, della città meticcia, della società cosiddetta ‘interculturale’, perché la prospettiva è lunga, il discorso sull’immigrazione riguarda il presente ma va visto pensando al futuro.
Una sfida complessa, non scontata. Partiamo dai giovani, dai figli dei migranti, quelli che media e sociologi chiamano Seconda Generazione di migranti, nonostante loro non siano immigrati. Ragazzi in-between, di mezzo, a cavallo tra le identità, le cittadinanze, le culture, che devono continuamente affermare la loro presenza perché, come i genitori, la legge continua a considerarli di passaggio.
Ai tempi del tetto del 30% nelle scuole, della riforma peggiorativa della legge sulla cittadinanza per i diciottenni stranieri nati in Italia e del reato di clandestinità, è necessario rendersi conto di quanto sia fragile la convivenza se schiacciata tra la retorica dell’integrazione e quella della sicurezza e legalità.
Quando i minori nati da almeno un genitore immigrato sono oltre 800 mila, non esistono scorciatoie possibili. Quello che è certo, però, è che nessuna società meticcia ricca e colorata è possibile se non si parte dall’estensione di tutti i diritti ai migranti ed ai loro figli.
Con questo spirito ci si prepara per l’importante giornata europea del primo marzo, in cui dare vita ad uno sciopero creativo e generalizzato degli stranieri e di tutti coloro che si sentono estranei al razzismo.


A seguire
Proiezione del filmato
In Between
Nove sguardi sulla scena europea

Un documentario di A. Diaco, E Teodorani, H. Morango, P. Mota Santos
Edito da Carta in collaborazione con “Yo Migro-orgoglio meticcio” e il Laboratorio sociologia visuale Università di Genova.
Produzione: Transnational Research on Second Generation Youth (TRESEGY)
Durata 58 mn.

Genova, Berlino, Barcellona, Madrid, Lisbona, Metz, Porto, Utrecht, Roma. Nove sguardi sulla vita, i progetti e le scelte delle cosidette seconde generazioni di migranti in Europa. Frontiere tangibili come un confine, precise e disegnate sui tratti somatici, oppure più labili e sfuggenti, ma non meno pericolose…
Nove città europee di sei differenti paesi. In ognuna di queste città, alcuni giovani, figli di migranti, raccontano le proprie esperienze, le proprie sensazioni e ricordi, il loro modo di percepirsi e di essere percepiti, la loro quotidianità e le sue sfide. Italia, Francia, Germania, Olanda, Portogallo, Spagna. Nonostante le diversità, tutti i protagonisti del video si raccontano in una situazione che li accomuna: persone che si trovano nel mezzo, portatori di un’identità di confine che li colloca fra il paese da cui provengono i loro parenti e quello dove vivono, seconde e poi terze e poi enne-esime generazioni, sempre ri-conosciuti solo a partire dalla loro provenienza.
Una sfida affrontata con rabbia, gioia e creatività, perché, come dice una protagonista, “mentre i miei genitori hanno dovuto lottare per avere un posto di lavoro qui, noi dobbiamo lottare per vivere qui”.
Il documentario nasce da un progetto di ricerca europeo, finanziato nell’ambito del VI programma-quadro e coordinato dal Dipartimento di Scienze Antropologiche dell’Università di Genova: Tresegy (Towards a social construction of an European youthness).

TPO
Via Casarini 17/5 Bologna
bus 35, 18 navetta A e B
Info: [email protected]
www.tpo.bo.it