Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Bologna – Accoglienza zero. Cie e confinamenti nella crisi umanitaria

Incontro pubblico dopo l'invasione del Cie del primo marzo

Le rivolte e la definizione di nuovi assetti politici in Egitto, Marocco, Tunisia e Libia sono per noi che viviamo in uno spazio euro-mediterraneo la strada per un percorso di costruzione comune di una alternativa al sistema capitalistico, che in quei paesi si è innervato sui governi totalitari.
Ogni epoca di grandi trasformazioni politiche e sociali è accompagnata inevitabilmente dagli spostamenti delle persone, abituale mobilità di individui che davanti al costituirsi di nuovi processi storici esercitano il proprio diritto al movimento, spostandosi verso le aree circostanti attratti da opportunità di futuro apparentemente maggiori.

Eppure si parla di invasione, di esodo biblico, di ondata umana. Sui media rimbalza l’allarme: decine e decine di migliaia di persone sono pronte ad attraversare il Mediterraneo per approdare sulle nostre coste. I politici, da destra a sinistra, parlano della necessità di reagire, di proteggere i confini, di arginare il problema bloccando i “clandestini”.

Si compie la metamorfosi: i profughi della rivolta dei gelsomini e di piazza Tahrir, così come i ribelli della Cirenaica, una volta giunti in Italia diventano clandestini, automaticamente trasferiti da Lampedusa – dove di nuovo arriverà l’Esercito – ai CIE, promossi a centri di “stoccaggio” di individui nell’emergenza.

Lo scorso primo marzo abbiamo invaso il Cie di Via Mattei per forzare i confini dei diritti e per contestare con un assalto fisico l’illegittimità di quel non-luogo di segregazione e discriminazione etnica. Abbiamo denunciato quanto abbiamo visto con i nostri occhi, ossia che quel carcere che da sempre contestiamo è un anello fondamentale di quella catena disumanizzante che oggi trasforma i cittadini dello spazio euro-mediterraneo in “eccedenza umana”, corpi in eccesso ed indesiderati da espellere con un decreto di allontanamento dal territorio, dopo averne decretato lo status di senza-diritti.

Ma per noi queste persone devono essere accolte nei territori, e non incarcerate nei CIE o confinate in sedicenti Villaggi della Solidarietà, devono godere della protezione umanitaria, come tra mille difficoltà si fece con gli oltre 100 mila profughi in fuga dalla ex Yugoslavia che gli enti locali di tutta Italia si impegnarono a ricevere ed includere nei territori.

Di fronte a queste contraddizioni e allo scenario di crisi umanitaria impersonificata dalle politiche di Maroni, dobbiamo costruire pratiche di vera accoglienza e solidarietà, riappropiarci del diritto all’asilo, sempre più svuotato e calpestato dalle politiche comunitarie di contrasto all’immigrazione illegale, come strumento di garanzia del diritto alla libertà di scelta.

Invitiamo tutte e tutti ad intervenire

Partecipano:

Neva Cocchi – Sportello Migranti TPO
In collegamento dalla Sicilia Antonio Mazzeo – giornalista blogger
Dimitris Argiropoulos – operatore sociale nei progetti di accoglienza dei profughi della ex Yugoslavia
Un rappresentante della Rete Emilia Romagna Terra d’Asilo

TPO
www.tpo.bo.it – [email protected]

SaDiR
[email protected]