Il rogo divampato ieri notte all’interno del Centro di permanenza temporanea “Serraino Vulpitta” di Trapani ripropone in tutta la sua drammaticità le inaccettabili condizioni di vita in cui versano gli immigrati reclusi nonché la natura fortemente repressiva di queste strutture dalle quali le persone cercano sempre di scappare anche a rischio della vita.
L’ultima azione eclatante portata avanti dai migranti nel CPT di Trapani era stato lo sciopero della fame attuato tra le fine di dicembre e l’inizio di gennaio di quest’anno per rivendicare il diritto alla libertà e lanciare l’allarme sulle pessime condizioni di vivibilità del campo di internamento trapanese.
Quanto accaduto la scorsa notte torna a smentire le rassicurazioni della Commissione ministeriale sui CPT (che pochi mesi fa aveva visitato il “Serraino Vulpitta” e si era espressa in termini lusinghieri nei confronti della struttura detentiva) il cui rapporto conclusivo diffuso poche settimane fa conferma l’intento mistificatorio dell’attuale governo che, lungi dal chiudere i CPT, vorrebbe introdurre pretestuose distinzioni tra immigrati cui infliggere la detenzione e immigrati ai quali far vivere una condizione di libertà vigilata purché siano produttivi.
Per fortuna il rogo della scorsa notte non ha provocato vittime, ma non possiamo non ricordare che sette anni fa un episodio del genere portò alla morte di sei immigrati.
Non vogliamo che una cosa del genere accada ancora né a Trapani, né da nessun’altra parte.
I Centri di permanenza temporanea vanno chiusi immediatamente: tornano a chiederlo e a pretenderlo, ancora una volta, proprio gli immigrati.
Tentativo di fuga e rogo nel CPT di Trapani
Coordinamento per la Pace - Trapani
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