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CAS di Erbezzo (VR) – Appello per la chiusura e il trasferimento dei richiedenti asilo

L'Osservatorio Migranti di Verona chiede alla Prefettura la chiusura di uno dei più isolati CAS del Veneto

Nel 1968 entrava in funzione in località Vaccamozzi, nel comune di Erbezzo, un centro di telecomunicazioni dipendente dal Joint Force Command, Comando Forze alleate del Sud Europa, a servizio del comando di Verona della Nato.
Come noto, le caratteristiche per la scelta delle location di tali basi erano l’isolamento e la difficoltà di accesso, al fine di favorirne la riservatezza.
Al momento della sua dismissione nel 2016 la base avrebbe dovuto passare dal demanio militare al Comune di Erbezzo.
La Prefettura di Verona ha preferito individuarla come spazio per l’apertura di un centro di accoglienza straordinario (CAS), e con un Decreto del 31 ottobre 2017 ha provveduto a formale aggiudicazione. La struttura avrebbe potuto ricevere fino a 80 persone.
Dal 6 novembre 2017 la struttura, gestita dalla cooperativa Versoprobo di Vercelli, ha iniziato ad accogliere ragazzi.
La difficoltà di accesso e l’isolamento del centro erano state denunciate da varie realtà già nell’estate del 2017, perchè ritenute non in linea con le linee operative allora fornite dal Ministero, che indicavano come modello da seguire quello degli Sprar.

Il manuale pratico Sprar redatto dal Servizio Centrale recita testualmente: “Per non ostacolare la partecipazione alla vita sociale e l’accesso ai servizi del territorio da parte dei beneficiari è importante che la struttura di accoglienza sia collocata in luoghi abitati, [ndR. il neretto è nel testo del manuale], facilmente raggiungibile dai servizi di trasporto pubblici. Qualora le fermate dei servizi pubblici fossero ad una distanza superiore al chilometro, è necessario che l’ente locale predisponga un servizio di navetta, organizzato in modo tale da essere funzionale alle esigenze dei beneficiari e del progetto territoriale stesso. Nel caso in cui, invece, il servizio di trasporto pubblico sia per frequenza e orari non funzionale a dette esigenze, l’ente locale deve necessariamente prevedere altre forme di trasporto integrative” (sett.2015, p.33).
L’ex base militare non è certamente situata in un centro abitato (oltre 4km da Erbezzo). Gli abitanti della località Vaccamozzi si contano su una mano.
Mai avrebbe dovuto aprire come CAS.
La cooperativa si aggiudicò l’appalto, al prezzo di 30,00 €/die (comprensivi del pocket money), offrendo anche un servizio navetta che garantiva giornalmente il collegamento con la città.
Malgrado tale accorgimento l’isolamento del CAS è sempre rimasta la sua caratteristica principale. Per qualche giorno nei mesi invernali è addirittura irraggiungibile.
Ad aggravare la situazione è proprio la mancanza di una rotazione delle presenze, per far sì che la permanenza in un luogo tanto disagiato fosse almeno breve e temporanea. Alcuni ospiti sono giunti direttamente dal trasferimento dopo lo sbarco.
Molti ragazzi sono in quel centro dalla sua apertura, 19 mesi fa.
Molti di loro erano già stati fortemente penalizzati dalla precedente accoglienza presso il CAS di Costagrande, alcuni, ci dicono, dall’ “accoglienza/confino” di Prada!

Non a caso il CAS di Vaccamozzi è quello che ha il più alto numero di allontanamenti volontari da parte dei richiedenti asilo ospitati, proprio per l’impossibilità di viverci in modo dignitoso e con qualche prospettiva per il futuro. Sono pervenuti fin da subito diversi segnali del grave disagio dei ragazzi e uomini lì ospitati. Ricordiamo la discesa degli otto che sono partiti in ciabatte per la città, nel pieno di una nevicata notturna.
Ma anche il rifiuto di essere trasferiti ad Erbezzo da parte di un gruppo di richiedenti provenienti da Cona che, pur avendo lasciato un CAS notoriamente pessimo ed indecente, avevano immediatamente visto in quello di Erbezzo un ulteriore, se possibile, peggioramento.
L’accesso a tutti i servizi è sempre stato difficile se non impossibile.
Gli stessi operatori, malgrado la buona volontà, si sono ritrovati ad operare in una situazione assurda, quasi di segregazione.
Ricordiamo il drammatico avvenimento che avrebbe già dovuto far propendere per una chiusura del centro: la morte, per arresto cardiaco, di Eso Mathew, ospitato a Vaccamozzi nel luglio 2018.
Si è parlato di fatalità, imprevedibilità, ma gli oltre 45 minuti impiegati da una ambulanza in codice rosso per raggiungere il posto avrebbero dovuto far riflettere.

Ora i nuovi bandi, stipulati sulle nuove indicazioni ministeriali, prevedono che ad una consistente riduzione del riconoscimento economico (il bando a ribasso per Vaccamozzi parte da 20€/die a persona) corrisponda una drastica riduzione dei servizi forniti ai richiedenti asilo ospitati nei centri.
Ci si sarebbe aspettato che, data l’essenzialità di quanto offerto, nei bandi si fossero previste almeno la non marginalizzazione dei centri, la vicinanza con i servizi di trasporto e la raggiungibilità dei centri di salute e impiego quali condizioni imprescindibili per aprire o continuare a gestire un centro di accoglienza.

La chiusura dei CAS dislocati in territori montani isolati e lontani come quello del Branchetto o Prada, ma anche di Ferrara di Monte Baldo e Giazza, sembravano far presagire una linea ben precisa in tal senso.
Dal 1 maggio 2019, a bandi non ancora assegnati, la Prefettura ha
ricontrattato con i singoli gestori dei CAS il pre-esistente accordo di gestione, introducendo fin da subito le regole del nuovo bando.
Da un giorno all’altro anche ad Erbezzo la presenza degli operatori e la fornitura di servizi, primo tra tutti quello del trasporto, hanno subito una drastica riduzione.

La gestione del Cas di Vaccamozzi non era più accettabile con le disposizioni pre-decreto sicurezza, figuriamoci ora.

La sua riproposizione rappresenta a tutti gli effetti una provocazione ed una lesione dei diritti fondamentali della persona sanciti dalla Costituzione e dalle dichiarazioni internazionali.
Una situazione che si è già trascinata per troppo tempo.
Non si devono stoccare merci. Nemmeno per quelle vanno bene tutti i posti e perfino i centri della logistica sono nelle prossimità delle reti di comunicazioni.
Le preoccupazioni della Prefettura di tenere aperte alcune strutture demaniali per necessità future di posti letto in caso di emergenza sbarchi non possono in alcun modo giustificare la permanenza di un CAS come quello di Vaccamozzi e soprattutto che nell’attesa di quell’ipotetico bisogno qualcuno dei richiedenti debba essere sacrificato a quel timore.

Chiediamo quindi la chiusura immediata del CAS di Vaccamozzi, l’annullamento dello specifico bando e il trasferimento dei richiedenti ivi ospitati secondo modalità che tengano conto della storia penalizzante di accoglienza che finora hanno subito. Si chiede che analogamente venga non assegnato e annullato l’analogo bando per l’ex caserma Nato di Sant’Anna d’Alfaedo.

– Per aderire all’appello scrivere a: [email protected]