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Capitani e no

di Daniel Bekele, Centro sociale Bruno

Nelle settimane scorse abbiamo affrontato giornate afose e caldissime, con il picco intorno ai 40 gradi circa. Fenomeno causato dalla persistente ondata di caldo africano. Ma a provocare il maggiore surriscaldamento emotivo e rabbioso in una parte di popolazione è stata un’altra cosa. Ha un nome e un cognome: Carola Rakete. Una donna di 31 anni, tedesca, capitana della nave Sea Watch. La sua colpa? L’aver salvato insieme al suo equipaggio 42 esseri umani nel Mediterraneo e aver voluto portarli, dopo 15 giorni di attesa, nel porto sicuro di Lampedusa.

Chiariamo una cosa: lei ha violato un decreto legge? Sì. La “sbruffoncella” ha messo sé stessa e la sua libertà personale a rischio per salvare la vita di altre persone. Ha deciso di fare disobbedienza civile contro una legge ingiusta, contro una direttiva che obbliga a lasciare in mare le persone o lasciarle catturare dalla guardia costiera libica. Ma salvare vite umane non può essere un reato! In sostanza le è stato chiesto di lasciare annegare persone o di riportarle nei lager libici e quindi di non aiutarle. E lei ha detto di no.

L’atto della comandante ha fatto scattare l’ira di tantissima gente che si è scagliata contro Carola con ogni tipo di offesa: “esibizionista”; “La figlia di papà che si annoia”; “Inutile avere lauree e non sapere l’educazione e il rispetto delle regole!”. Questi sono solo alcuni delle migliaia di commenti che tuttora girano sui social. Tra questi Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha rincarato la dose affermando che “la nave deve essere affondata”.
Ma la ciliegina sulla torta non ce l’ha fatta mancare, come sempre, Lui: “Chi sbaglia paga, non solo questa sbruffoncella della comandante che fa politica sulla pelle degli immigrati”.

Lui che accusa gli altri di fare politica sulla pelle degli immigrati fa semplicemente venire i brividi. All’improvviso è legalitario. Proprio Lui che qualche anno fa incitava i sindaci leghisti a disobbedire alla legge sulle unioni civili perché, a detta sua, ingiusta. Lui che assecondava i sindaci del suo partito a non rispettare la legge e non riconoscere l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo.

Se Lui veramente ci teneva (tiene) a questi esseri umani, per esempio, poteva presenziare alle sedute quando il Parlamento europeo si esprimeva in materia di immigrazione. Lui invece non l’ha fatto e non ha fatto nulla per spronare i suoi compari di partito a farlo: la Lega non si è mai presentata alle 22 riunioni per rinegoziare il regolamento di Dublino! Viene da pensare che convenga mantenere una situazione come questa. Forse perché senza il nemico immigrato i giochi si fanno difficili? Forse perchè dovrebbe iniziare a parlare di economia, fiscalità, lavoro, ambiente, clima o no?

Invece è sempre in giro a fare comizi e la sua interminabile campagna elettorale. Presenzialista in TV e sui social (pagando ingenti somme a Zuckerberg), con i suoi slogan e retorica arriva nelle case e in tutti i luoghi della connessione permanente. E’ così che fornisce ai suoi soldatini (non sono pochi, purtroppo) una dose giornaliera dei suoi discorsi tagliati con egoismo, odio, cinismo e soprattutto razzismo. Assunta e digerita la dose i soldatini si sentono belli e pronti per far partire il rave degli insulti, a scaricare con tanta foga e cattiveria tutta la loro rabbia.
È risaputo che i social, in particolare Facebook, sono la loro piattaforma preferita per esprimersi. Semplicemente amano tantissimo le tastiere. Il confronto civile non fa per loro. Guai provare a farli ragionare – magari fornendo qualche dato o citando qualche ricerca autorevole. Parte subito a raffica il loro mitra di insulti: “buonista”, “amante dei negri”, “portateli a casa tua”, “radical chic”, “pidiota” e così via. La loro fonte è Lui. Vero, falso, giusto, sbagliato? Chissenefrega, l’ha detto lui, il loro capitano, la fontana della verità. Quindi va bene così!

Cattiveria, cinismo e rancore ormai hanno trovato il loro covo ideale tra i seguaci del “capitano”. Non hanno remore a sputare veleno nei confronti di persone sofferenti o addirittura in fin di vita. È evidente che il livello basso a cui siamo giunti è inquietante. Questa gente viene facilmente manipolata e se la prende contro chi sta peggio di loro. Domina fortemente l’emotività più gretta e i nemici, la causa delle loro disgrazie, sono a prescindere gli immigrati. Perciò meritano di morire, tutto il male peggiore del mondo. Questo li fa sentire bene. Peccato però che non si accorgono che la loro vita non è migliorata per questo.

Chissà come si sono sentiti qualche giorno fa, quando Carola Rackete è tornata libera. Quando il GIP di Agrigento non ha convalidato l’arresto perché la comandante ha agito rispettando gli obblighi del soccorso in mare? E chissà come si sentiranno quando capiranno che la capitana Rackete ha querelato il ministro degli interni. In un’intervista il suo legale riassume la situazione così: “Non è facile raccogliere (…) le forme di istigazioni per delinquere, cosa che è ancora più grave se fatta da un ministro dell’Interno. Nel circuito di questi leoni da tastiera abituati all’insulto, è lui che muove le acque dell’odio. Una querela per diffamazione è il modo per dare un segnale”.

Concludendo mi permetto di dire che queste sono le vere capitane (o i veri capitani) e non qualcun altro. Ciò mi rende agli occhi degli altri un migrante/ straniero “scroccone”, “buonista”, “sinistroide”, “figlio di papà”? Anch’io dico chissenefrega. Perché voglio essere dalla parte giusta, quella degli esseri umani senza “distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.