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Divieto di segnalazione – Siamo medici ed infermieri, non siamo spie

Un appello di Medici senza Frontiere (MSF), Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM) , Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (OISG)

Le organizzazioni firmatarie esprimono preoccupazione ed allarme per le conseguenze della possibile approvazione dell’emendamento 39.306 presentato in sede di esame del DDL 733 all’Assemblea del Senato, volto a sopprimere il comma 5 dell’articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione) che sancisce il divieto di “segnalazione alle autorità”.

Il suddetto comma 5 attualmente prevede che “l’accesso alle strutture sanitarie (sia
ospedaliere, sia territoriali n.d.r.) da parte dello straniero non in regola con le norme sul
soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia
obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”.

Questa disposizione normativa è presente nell’ordinamento italiano già dal 1995, attraverso
l’art. 13, proposto da una vasta area della società civile, del decreto legge n. 489/95, più volte
reiterato, voluto ed approvato dal centro destra anche con i voti della Lega. La “logica” della
norma non è solo quella di “aiutare/curare l’immigrato irregolare”, ma anche quella di dare
piena attuazione all’art. 32 della Costituzione, in base al quale la salute è tutelata dalle
istituzioni in quanto riconosciuta come diritto pieno ed incondizionato della persona in sé,
senza limitazioni di alcuna natura, comprese – nello specifico – quelle derivanti dalla
cittadinanza o dalla condizione giuridica dello straniero. Il concreto rischio di segnalazione e/o
denuncia contestuale alla prestazione sanitaria creerebbe nell’immigrato privo di permesso di
soggiorno e bisognoso di cure mediche una reazione di paura e diffidenza in grado di
ostacolarne l’accesso alle strutture sanitarie. Tutto ciò potrebbe provocare una pericolosa
“marginalizzazione sanitaria” di una fetta della popolazione straniera presente sul territorio,
anche aumentando i fattori di rischio per la salute collettiva. Il citato obbligo di non
segnalazione risulta quindi essere una disposizione fondamentale al fine di garantire la tutela
del diritto costituzionale alla salute. Appare pertanto priva di significato l’ipotesi di affidare alla
libera scelta del personale sanitario se procedere o meno alla segnalazione dello straniero
poiché ciò, in contrasto con il principio della certezza della norma, lascerebbe al mero arbitrio
dei singoli l’applicazione di principi normativi di portata fondamentale.

La cancellazione di questo comma vanificherebbe inoltre un’impostazione che nei 13 anni di
applicazione ha prodotto importanti successi nella tutela sanitaria degli stranieri testimoniato,
ad esempio, dalla riduzione dei tassi di Aids, dalla stabilizzazione di quelli relativi alla
Tubercolosi, dalla riduzione degli esiti sfavorevoli negli indicatori materno infantili (basso peso
alla nascita, mortalità perinatale e neonatale …). E tutto questo con evidente effetto sul
contenimento dei costi, in quanto l’utilizzo tempestivo e appropriato dei servizi (quando non sia
impedito da problemi di accessibilità) si dimostra non solo più efficace, ma anche più
“efficiente” in termini di economia sanitaria.

Riteniamo pertanto inutile e dannoso il provvedimento perché:
– spingerà verso l’invisibilità una fetta di popolazione straniera che in tal modo
sfuggirà ad ogni tutela sanitaria;
– incentiverà la nascita e la diffusione di percorsi sanitari ed organizzazioni sanitarie
“parallele”, al di fuori dei sistemi di controllo e di verifica della sanità pubblica
(gravidanze non tutelate, rischio di aborti clandestini, minori non assistiti, …);
– creerà condizioni di salute particolarmente gravi poiché gli stranieri non
accederanno ai servizi se non in situazioni di urgenza indifferibile;
– avrà ripercussioni sulla salute collettiva con il rischio di diffusione di eventuali
focolai di malattie trasmissibili, a causa dei ritardi negli interventi e della probabile
irreperibilità dei destinatari di interventi di prevenzione;
– produrrà un significativo aumento dei costi, in quanto comunque le prestazioni di
pronto soccorso dovranno essere garantite e, in ragione dei mancati interventi
precedenti di terapia e di profilassi, le condizioni di arrivo presso tali strutture
saranno verosimilmente più gravi e necessiteranno di interventi più complessi e
prolungati.

Hanno espresso posizioni analoghe gli Ordini ed i Collegi che rappresentano, su base nazionale,
le principali categorie di operatori impegnati nell’assistenza socio-sanitaria alle persone
immigrate: Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri
(FnOMCEO), Federazione Nazionale Collegi Infermieri (IPASVI), Federazione
Nazionale dei Collegi delle Ostetriche (FNCO), Consiglio Nazionale dell’Ordine degli
Assistenti Sociali (CNOAS).

Per le ragioni sopraesposte rivolgiamo un sentito appello affinché i senatori di qualunque
schieramento respingano la citata proposta emendativa all’art. 35 del Dlgs.286/98 e
comunque, nell’incertezza di una eventuale riformulazione di emendamenti specifici, chiediamo
che l’articolo 35 del Dlgs.286/98 rimanga per intero nella sua attuale formulazione.

Si prega di comunicare l’adesione all’appello all’indirizzo mail:
[email protected]
Per informazioni: 06/4486921 – 329/9636533
Firma l’appello

Primi firmatari
Medici senza Frontiere (MSF)
Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM)
Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI)
Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (OISG)

Vedi anche:
Non siamo spie – Il mondo della sanità contro la soppressione del divieto di segnalazione
Intervista a Rolando Magnano, vice capo della Missione Italia di Medici Senza Frontiere