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I migranti in Libia in pericolo mentre si continua a combattere per Tripoli

Tom Allison, DW.com - 16 Aprile 2019

I migranti bloccati nei centri di detenzione a Tripoli vivono in una situazione di crescente pericolo mentre l’assedio sembra non volere dare tregua. Le risposte inconsistenti da parte dell’Europa alla crisi lasciano loro poche speranze.
Almeno tremila migranti sono rimasti intrappolati nei centri ufficiali nelle (o vicini alle) zone del conflitto a Tripoli mentre l’avanzata del Generale Khalifa Haftar, dal Sud, sembrava essersi sempre più impantanata martedì.

Ci sono le dichiarazioni di molti altri migranti in centri di detenzione non ufficiali ma il coordinatore di Medici Senza Frontiere (MSF), Craig Kenzie, ha riferito che quelli che sono bloccati nei centri ufficiali, senza nessun controllo sulla loro stessa sicurezza, distanti solo un centinaio di metri dalle linee del fronte, erano “estremamente vulnerabili.

Kenzie ha riferito che le “pericolose e disumane” condizioni, già testimoniate da MSF all’interno dei campi, prima della spinta di Haftar per la conquista della capitale occidentale, due settimane fa, sono solo peggiorate.

L’uccisione di tre operatori sanitari negli scontri e l’accesso ristretto dei volontari, malattie come la tubercolosi e la scabbia ed una disperata mancanza di acqua e cibo rendono ancor più pericolose, per la vita, le già precarie condizioni dei centri. Inoltre, il fatto che le linee del fronte si spostino di continuo fa sì che i migranti rimangano intrappolati nei centri ed isolati dai volontari, molti dei quali si ritrovano ad operare, adesso, dentro le zone degli scontri.

Già uno dei centri di detenzione in cui lavoriamo si trova nell’area di Qasr bin Gashir, sull’altro lato della linea di confine, e non siamo riusciti ad accedervi,” ha riferito Kenzie.

DW non ha potuto confermare i racconti sui detenuti costretti ad arruolarsi per adempiere anche a semplici compiti, quali facilitare i rifornimenti al fronte: atto, questo, che costituirebbe un crimine di guerra.
Il conflitto in LIBIA (Aprile 2019) - Fonte: DW
Incastrati tra gli scontri ed il mare
I rifugiati ed i migranti che attraversano tutto il centro Africa per arrivare fino in Libia e spesso, si spingono anche più avanti attraversando il Mediterraneo, affrontano già degli “orrori inimmaginabili,” come ci testimonia un rapporto delle Nazioni Unite del 2018: prigionie nei centri e sottomissione ai lavori forzati, perquisizioni umilianti e stupri da parte dalle guardie. Inedia, pestaggi, bruciature e scariche elettriche sono, poi, anch’essi metodi utilizzati dalle bande di contrabbandieri e dalle milizie per estorcere denaro alle loro famiglie: lo testimoniato circa 13.000 intervistati.

Con i conflitti precedenti, che hanno reso la traversata nel Mediterraneo una delle sole alternative possibili per raggiungere l’Europa, MFS prevede che tantissime altre persone rischieranno il viaggio considerato che, al momento, gli scontri continuano.

L’Agenzia del Rifugiato delle Nazioni Unite, l’UNHCR, ha calcolato che, ogni 18 rifugiati, uno è morto cercando di attraversare il Mediterraneo lo scorso anno. Ma l’attuale linea politica europea, che criminalizza i soccorsi in mare da parte delle organizzazioni non governative e riconosce alla guardia costiera libica il merito di far tornare indietro i barconi, sta a significare che coloro che tentano di scappare sono costretti, poi, a ritornare verso gli stessi pericoli.
Non c’è modo di poter considerare la Libia un porto sicuro,” riferisce Kenzie. “È inaccettabile che queste persone siano delle semplici pedine politiche per questi Stati europei.
Foto: Picture-alliance/AP Foto/J.Borg (64 migranti sono rimasti in attesa per 10 giorni in mare prima che quattro Stati dell’UE accettassero di accoglierli)

Migranti “armati”

Alcune milizie nel conflitto di Tripoli sono arrivate a considerare il controllo sui migranti come una fonte non solo di guadagno ma anche di legittimazione agli occhi delle autorità libiche e dei loro partners Europei, trasformando così gli stessi migranti in uno strumento di guerra: è quanto afferma Jacob Mundy, professore associato di studi sulla pace ed i conflitti alla Colgate University.
Una milizia che controlla un centro di detenuti può dire che si tratta di un partner strategico in termini di migrazione internazionale. In questo modo, quindi, i migranti diventano, evidentemente, armati nella misura in cui qualcuno può controllarli,” ha riferito dalla Tunisia Mundy a DW.

Mundy ha detto, poi, che l’importanza del motivare economicamente le milizie incaricate di controllare i migranti si rivela una questione cruciale poiché, in questo modo, le stesse milizie potrebbero temere ancor di più l’avanzata di Haftar, considerandola una minaccia ai loro affari e ciò porterebbe al protrarsi del conflitto.

L’Europa in mare

L’Unione Europea ed i suoi Stati Membri hanno introdotto una raffica di misure politiche per interrompere la rotta migratoria del Mediterraneo dopo l’ondata di populismo anti-migratorio che ha invaso l’Europa ad iniziare dal 2016. Tali misure, nel complesso, sono state criticate per essere un rimedio provvisorio contro i finanziamenti ed il potere mantenuti dalle milizie che controllano il flusso di migranti.

Stranamente è come se si trattasse di una sorta di trasferimento della crisi: dall’Europa, dove si ha una crisi della politica, ora è spostata in Libia e ricade per lo più sui migranti,” dice Mundy.

Con la Francia che sostiene Haftar come una forza per la stabilità in uno stato praticamente al collasso e l’Italia che supporta il Governo di Unità Nazionale appoggiato dall’ONU (GNA sigla inglese) e le sue milizie a Tripoli, le risposte europee al ginepraio dei migranti si stanno dimostrando relativamente deboli.
Foto: Picture-alliance/AP Foto/J.Borg (64 migranti sono rimasti in attesa per 10 giorni in mare prima che quattro Stati dell’UE accettassero di accoglierli)
Ad indicarci di quale avviso sia il Governo italiano in merito è il Ministro dell’Interno dalla linea dura, Matteo Salvini, il quale, lunedì, ha detto che non sapeva se mettersi a ridere di fronte alle accuse di incarcerazione illegale per aver rifiutato lo sbarco dei migranti da una nave di soccorso.

In Germania, un gruppo di più di 200 parlamentari ha lanciato un appello al Ministro dell’Interno, venerdì, per affrontare il tema dei soccorsi di emergenza nel Mediterraneo ma, almeno fino a martedì, non c’è stata nessuna risposta.

Fayez Serraj, Primo Ministro del Governo di Unità Nazionale (GNA) appoggiato dall’ONU, ha giocato con le paure europee, lunedì, riferendo che un afflusso di più di 800.000 migranti, provenienti dal suo Paese, potrebbero raggiungere le coste europee se l’instabilità in Libia dovesse continuare.

Ma tra le manovre degli attori locali e l’inasprimento del conflitto, i migranti restano lì, intrappolati e senza potere.

Non ci sarà nessun dibattito sulla guardia costiera Libica, non ci sarà nessun dibattito per il sostegno a questi centri di detenzione o su quello che succede lì dentro, se prima non ci rende davvero conto di cosa questi altri esseri umani, ai quali è semplicemente capitato di essere nati in un Paese diverso, stanno passando,” riferisce sempre Kenzie di MFS.