Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Un’analisi critica sul “Progetto Moi” del Comitato di solidarietà rifugiati e migranti

Ridiscutere l'impianto progettuale dalle fondamenta

Le palazzine dell’ex MOI vengono costruite nella periferia di Torino nell’euforia delle Olimpiadi invernali del 2006 come residenze per gli atleti, per essere poi lasciate in gran parte all’abbandono.

Dal 2013 vengono occupate da migranti, perlopiù richiedenti asilo o rifugiati privi di soluzione abitativa, e rappresentano oggi la più grande occupazione abitativa di Torino con circa 1.200 persone.

Sono tornate al centro dell’attenzione pubblica perché nel 2016 è cominciato un progetto di sgombero assistito (ironicamente chiamato Progetto MOI: Migranti, un’opportunità di Integrazione) che dovrebbe prevedere soluzioni abitative temporanee di 6-12 mesi e, per alcuni, inserimenti lavorativi. Lo scopo principale, tuttavia, è dichiaratamente quello di svuotare nel più breve tempo possibile le palazzine, per restituirle ai legittimi proprietari.

Il modello di sgombero “soft” non è nuovo per la città di Torino: già se ne sono visti gli effetti con il campo Rom di Lungo Stura qualche hanno fa, con centinaia di persone spostate con la forza e l’area bonificata. Questa volta però c’è un ulteriore passo indietro del soggetto pubblico, e in particolare del comune, a beneficio invece del privato: Intesa San Paolo infatti, non solo è il principale finanziatore del progetto, ma ha alle sue dipendenze l’equipe che dovrebbe gestire concretamente il ricollocamento e l’inserimento lavorativo delle persone, assumendosi quindi la responsabilità della progettazione e della realizzazione dello sgombero.

Sgombero che è già iniziato nel mese di novembre con lo svuotamento dei garage, la soluzione abitativa più precaria e insalubre delle palazzine: nessuno degli esecutori probabilmente aveva neppure considerato che qualcuno rifiutasse di accettare una carità così generosamente offerta, e quando così è stato sono bastate 5-6 persone per dimostrare la violenza reale dietro la cortina di fumo delle dichiarazioni istituzionali.

Noi come Comitato di solidarietà rifugiati e migranti abbiamo prodotto un documento critico sul progetto, consegnato a tutti i rappresentanti istituzionali e a quelli di altri enti e associazioni coinvolti nel Gruppo di partecipazione, che doveva essere sede di un confronto che non c’è mai stato.

Abbiamo chiesto che il nostro testo, dal titolo «Sintesi proposta progettuale del “Progetto MOI Migranti un’Opportunità d’Inclusione”: un’analisi critica del Comitato di solidarietà rifugiati e migranti», venga discusso seriamente nella prossima riunione del Gruppo di partecipazione e dai rappresentanti delle istituzioni.
Scarica il documento

Links utili:
@exmoirifugiati

24900272_1872065402807862_7079749114453246673_n.jpg

La Sintesi proposta progettuale del “Progetto MOI Migranti un’Opportunità
d’Inclusione”: un’analisi critica del Comitato di solidarietà rifugiati e migranti

Premessa: lo scopo di questo documento
Proprio mentre il processo di sgombero “assistito” delle palazzine occupate dell’ex Moi è di fatto avviato, con notevole risonanza, data dalla stampa e notiziari tv locali e nazionali, come Comitato di solidarietà rifugiati e migranti crediamo che sia giunto il momento di esprimere con più chiarezza possibile le nostre critiche e la nostra più viva opposizione per il modo nel quale si sta procedendo e si progetta di procedere.

Dalla fine di marzo 2017, è operativa con una sede all’interno dell’ex villaggio olimpico (al piano terra di una delle palazzine gestite dalla Fondazione Falciola) un’equipe composta da una decina di persone: il project manager, uno psicologo, tre operatrici presentate come assistenti di progetto su funzioni specifiche dal censimento degli abitanti agli inserimenti lavorativi; due o tre mediatori culturali.

Collaborano sul posto anche un assistente sociale dell’Ufficio stranieri al 50 per cento del tempo e un funzionario della Prefettura, un pomeriggio la settimana.
La presenza di tale equipe all’ex Moi è frutto di un accordo formalizzato in un Protocollo di intesa registrato il 29 maggio 2017 e co-firmato da Comune di Torino, Città metropolitana, Regione, Prefettura, Diocesi e Compagnia di San Paolo. La Fondazione bancaria ha scelto e incaricato il project manager Antonio Maspoli e messo a disposizioni ingenti risorse insieme al ministero degli Interni.

Il Comitato di solidarietà rifugiati e migranti è formato da cittadine e cittadini appartenenti alle più svariate professioni (insegnanti, medici, studenti, ingegneri, giornalisti, operatori sociali, ecc.), che sfruttando le proprie competenze professionali e personali e rispondendo alla propria coscienza civile e alle proprie visioni politiche hanno scelto di sostenere gli abitanti dell’ex Moi.
Comitato e abitanti a partire dal marzo 2017 hanno ospitato durante le loro riunioni settimanali più volte il team di progetto, che dichiarava di voler discutere e condividere il progetto “MOI: Migranti un’Opportunità d’Inclusione”.

Comitato e abitanti, fin dall’insediamento della nuova giunta cittadina, avevano chiesto alle istituzioni di confrontarsi sul piano che doveva portare al superamento dell’ex Moi per ragionare – in termini non emergenziali e non riducibili ad esigenze di sgombero degli immobili – in merito alla domanda abitativa posta dai rifugiati delle palazzine, esemplare di un bisogno sociale ampio e destinato a crescere, per via dei processi migratori e dei fenomeni di impoverimento recente e meno recente della popolazione (migrante e autoctona) nella nostra città.

Essere disponibili al dialogo e alla collaborazione per gli occupanti e per il Comitato significava essere riconosciuti come interlocutori e non come meri destinatari di interventi calati dall’alto, un riconoscimento che doveva comportare un ascolto vero e la possibilità di esercitare la critica e la richiesta che venissero tenute in conto due indicazioni basilari, espresse chiaramente nell’ultimo incontro avuto al Municipio nel febbraio 2017 prima cioè che si insediasse l’equipe del Progetto MOI.

Qui i portavoce degli abitanti avevano chiesto alla Sindaca e al Prefetto, che gli interventi non si traducessero in progetti a scadenza di 6 o 12 mesi, perché le persone li avevano già vissuti e subiti e non volevano più finire sulla strada, poiché per difficile che fosse la vita in quel posto, l’ex Moi, era pur sempre una casa. Le persone hanno infatti lì i loro pochi averi, ma soprattutto hanno tessuto rapporti, stabilito legami di solidarietà. Messo a punto attività che sebbene in molti casi siano di mera sussistenza, hanno a che fare con il territorio conosciuto poco a poco.

Del resto è di ogni essere umano la tendenza a costruirsi il proprio microcosmo nel quale sviluppare legami, attività, senso di appartenenza. Molto sentito il bisogno degli abitanti di ascoltare dalla voce dei rappresentanti dello Stato, soprattutto dalla sindaca, le intenzioni delle istituzioni riguardo il piano di sgombero.

Quindi per riassumere le richieste erano due: nessun progetto a scadenza e conoscere dalla voce della Sindaca come si sarebbero sviluppate le azioni di sgombero e quindi il futuro degli occupanti.
Gli interventi progettati dall’equipe per mandato della Compagni di San Paolo e del Tavolo istituzionale e il modo nel quali si è proceduto non hanno minimamente tenuto conto di quelle indicazioni dei porta voce degli abitanti e dei rappresentanti del comitato di solidarietà, che volevano essere fondanti di un rapporto di fiducia e di collaborazione.
In conclusione il Comitato chiede di ridiscutere l’impianto progettuale dalle fondamenta.

Questo documento ha l’obiettivo di dare un contributo di conoscenza e analisi della Sintesi proposta progettuale del “Progetto MOI”, per esporre le ragioni che hanno portato il Comitato a tali conclusioni. Qui di seguito si troveranno osservazioni critiche sull’impianto generale, analisi dei singoli passaggi e dei punti a nostro parere più controversi; comparazione con esperienze passate che possono essere facilmente assunte come cattive pratiche per il superamento di situazioni difficili; suggerimenti di pratiche virtuose che pure esistono sul territorio e che possono essere prese come esempi di alternative possibili.