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Un quadro sui fenomeni migratori

L'intervento del Prof. Gaffuri durante la presentazione del Dossier Caritas Immigrazione 2003 di Venezia

“Quello che posso fare è cercare di recuperare alcuni aspetti significativi. Inizierei facendo pochi cenni – anche per un pubblico di addetti ai lavori che probabilmente sa già tutto questo – che però, sono dei capi saldi al di là dei quali non si può andare perché altrimenti non si capisce, come diceva don Pistolato, perché le persone si muovono nel mondo. Perché c’è questa grande mobilità. Ci sono delle ragioni e sono tre ordini di ragioni per cui le persone sono portate a spostarsi nel mondo.

La prima è rappresentata dall’ordine economico, e questo va sottolineato, va ribadito, anche se le riflessioni più avanzate sostengono che effettivamente non è solo questo. È vero che non è solo una questione economica ma è anzitutto una questione economica. E come si fa a sostenere questo? C’è bisogno di fare molti discorsi? No, io mi accontento di farvi vedere un’immagine che è abbastanza nota quindi non dico nulla di nuovo.
L’immagine riguarda la ripartizione dei redditi nel mondo (viene mataforizzata con la coppa di champagne) e lo divide 5 sezioni. La sezione più ricca, quella più povera, ognuna delle quali rappresenta il 20% della popolazione mondiale.

Allora cosa succede?
Che la sezione più ricca cioè il 20% delle persone più ricche nel mondo si spartisce l’82% del reddito mondiale. Quindi, per rimanere nella metafora della coppa, il 20% dei ricchi si beve l’82% del reddito.
Al contrario il 20% delle persone più povere, cioè quelli che stanno alla base della coppa si spartisce l’1,4% delle risorse mondiali. E siamo sempre al 20% della popolazione quindi parliamo all’incirca di 1 miliardo e 200 persone da una parte e dall’altra. Questi dati qualche cosa significano…

Tenete conto che gli USA, che hanno il 4,5% della popolazione mondiale, hanno a disposizione ¼ della ricchezza del mondo. E se poi vi dicessi che le 350 persone più ricche, che hanno patrimoni negli Usa hanno un patrimonio pari a quello dei 2 miliardi di persone più povere nel mondo, non so bene cosa voglia dire però qualcosa sicuramente non va. Sul piano economico questo è un problema. Le riflessioni ovviamente a ciascuno di noi.

Il secondo squilibrio è demografico. Paesi avanzati – l’Europa in particolare si sa – che hanno una stasi demografica, vale a dire che ormai non c’è più nemmeno la crescita percentuale, si dice crescita zero o addirittura calo. Nei paesi poveri, al contrario, si osserva una crescita esponenziale della popolazione. Per fare alcuni esempi, quindi i demografi in questo caso sono chiamati a rispondere a qualcosa che ha a che vedere con le migrazioni, nel bacino del Mediterraneo i paesi del Maghreb avranno nel 2030 una popolazione doppia di quella della Francia, che è stato il partner diciamo “coloniale” e “post coloniale” di questi paesi. Andiamo un po’ più a est.
Si prevede che la Turchia nel 2040 avrà una popolazione doppia rispetto alla Germania, che è attualmente il suo partner economico e politico più consistente in Europa.
E ancora l’Egitto, paese enorme con grandi metropoli come il Cairo, che conta 10 milioni di persone.
E’ un paese la cui area vitale è ristretta quanto quella della Svizzera, perché il resto è deserto. Si prevede che l’Egitto avrà una aumento della popolazione del doppio rispetto ad oggi cioè 50 milioni di persone che raddoppieranno nel giro di vent’anni. E questo crea problemi. C’è un mondo che cresce esponenzialmente dal punto di vista demografico e un mondo che è in stasi ed ha problemi di crescita.

Il terzo problema – poi chiudo la dimensione internazionale per passare al caso italiano – e di ordine territoriale. Le nostre società sono prevalentemente urbane. Ormai il trapasso dalle cosidette società rurali, della campagna, sono superate. Noi viviamo in un mondo., che non ci rendiamo conto, sta diventando per la maggior parte solo urbano.
Ci sono città che fanno spavento, come Città del Messico – 22 milioni di persone – o San Paolo in Brasile. Sono il segnale di uno spostamento delle persone verso le città, inseguendo un mito, una speranza, un sogno che poi va inesorabilmente deluso. E questo flusso è a livello mondiale. Pensate al nostro livello, anche in Italia l’immigrazione è concentrata nei centri urbani. Dove stanno gli immigrati in Italia? Si arriva a percentuali del 50% solo nelle prime 10 città italiane. È un dato questo? Sì.

Sono cose che hanno a che fare con il fatto che c’è uno sbilanciamento fra la campagna e la città. Questo è un segnale tecnico, nel senso che riguarda come si organizza la comunità mondiale oggi, in diversi ambiti del pianeta. C’è un urbanesimo fortissimo che crea problemi di gestione, politica, economica e sociale, che però si riversa anche su un problema specifico come quello della immigrazione.

Dal contesto mondiale al contesto europeo. La posizione dell’Italia in questa fotografia statistica

Se vogliamo fermarci all’immigrazione – così come è giusto che si faccia oggi perché stiamo parlando del dossier – andiamo dal contesto mondiale a quello europeo. Qual’è la posizione dell’Italia all’interno dell’Europa?

Se non si conta il dato specifico di quest’anno, ovvero le cosiddette regolarizzazioni (su cui torneremo tra breve) vediamo che l’Italia fino a quest’anno è da considerarsi una nazione con scarsa presenza di immigrati.

Perché? Ma perché ci sono paesi come l’Austria, il Belgio, la Germania – non parliamo del Lussemburgo che ha il 36% di immigrati – hanno tutti una percentuale di immigrati superiore all’8%. Quindi in Europa la concentrazione di immigrati è in questi paesi. Dopo seguono Francia, la Svezia e, per certi versi, la Grecia che oscillano tra il 5 e l’8 %. Poi abbiamo paesi come la Danimarca, l’Olanda, la Gran Bretagna che si collocano tra il 2,5% e il 5%. E poi veniamo finalmente noi.

In particolare l’Italia e la Spagna – quindi paesi che si affacciano sul mediterraneo – che registrano il 2-2,5% di presenza immigrata. Dopo di noi, in Europa, ci sono solo il Portogallo e Finlandia. Quindi diciamo che tutti questi lamenti sulla presenza immigrata è fuori luogo se si guardano i dati. Questo però non significa che il fatto che non siano molti implichi sul piano logico che non siano stabili. Questo è un altro discorso che affronteremo. Tenuto conto che l’Italia, con la regolarizzazione, passa dalla percentuale del 2 – 2,4 ad una percentuale del 4%, facendo un salto significativo.

Le presenze in Italia

Le presenze in Italia all’inizio del 2003, o come indica il Dossier, alla fine del 2002.
Alla fine del 2002 secondo i dati ufficiali sui regolari e soggiornanti si parla di 1.512.324 persone, corrispondente al 2,4% di presenze sul territorio.
Cosa si aggiunge a questa cifra? Che è ciò che consentirà poi al dossier di stimare la presenza attuale degli immigrati fra i 2 milioni e mezzo?
Si devono aggiungere le 600.000 regolarizzazioni come stima, (sebbene in realtà siano state presentate 700.000 domande, poi sono state bocciate), i 230.000 minori (per gli addetti ai lavori si sa, siccome non compaiono nel pds dei genitori di solito non vengono conteggiati), seguono i 400.000 nati in Italia da genitori immigrati e infine 82.000 che pare siano i permessi per così dire sfuggiti al Ministero dell’Interno. Totale della presenza stimabile sui 2.500 000 cittadini immigrati in Italia.

Da dove provengono i cittadini immigrati?

Di solito anche il Dossier, ma in genere gli studi, privilegiano la dimensione etnica. Allora, in base a questo, la nazionalità più consistente in Italia è quella marocchina, seguita dagli albanesi, ecc.
Tutto questo è certamente importante ma va detto che lavorare sulla dimensione etnica ha portato in molti studi a derive pericolose perciò ho provato a elaborare questi dati sotto forma diversa anche per andare contro alcuni luoghi comuni.

Ho esaminato 3 anni – 2000, 2001, 2002 – che hanno all’incirca la stessa natura strutturale. Ma quello che conta è da dove vengono.
Soprattutto dall’Africa, perché li riconosciamo? Dall’Asia? No, non è vero.

Gli immigrati provengono dall’Europa, solo che non vengono dall’Unione Europea. Sono i cosiddetti altri paesi europei. Vediamo alcuni dati: il 32% nel 2002, il 30% nel 2001 e il 29% nel 2000. La maggior parte della presenza immigrata in Italia è fatta da europei e non africani o asiatici. Per ordine di grandezza seguono la provenienza dall’Asia e dal Continente americano, sia dall’America latina che dal Nord.
Anche su questi dati una semplice lettura aiuta a comprendere che le cose stanno come alcune posizioni di pregiudizio, a volte involontario e inconsapevole, ci fanno credere.

I motivi del soggiorno

Quali sono i motivi per cui vengono qui? È stato detto all’inizio della giornata, con molta chiarezza. Non è che uno fa il turista, i turisti possono e hanno voglia di muoversi, mentre sono molti di più nel mondo quelli che sono costretti a muoversi.
Ci si muove in genere perché ci sono dei motivi, non è che uno sia alza al mattino dice “Adesso vado a fare un esplorazione in quel bel paese e faccio un viaggio in Italia come Ghoete”.

Per quanto riguarda i motivi di soggiorno la parte più consistente, il lavoro, ed è attestato da 3 anni di statistiche, è ancora il motivo principale.

Tuttavia i motivi di soggiorno per lavoro sono in calo: nel 2000 il 60%, nel 2001 il 58,9%, nel 2002 il 55,2%.
Le ragioni di tale calo dimostrano una relazione tra lavoro e quella che è la seconda causa di soggiorno, ossia il ricongiungimento famigliare. Nel 2000 il 26%, nel 2001 il 28,9%, nel 2002 il 31,7%. Questo significa ciò che il Dossier dice da anni, ovvero che le migrazioni non sono transitorie.
L’Italia si distingue per la minor presenza di richiedenti asilo. Siamo passati dallo 0,8 del 2000 allo 0,1% del 2002. La nostra legislazione è carente su questo aspetto da almeno un decennio. Nella legge Bossi-Fini è presente solo un piccolo paragrafo di poche righe che regolamenta l’intera questione del diritto d’asilo.

Come incide il numero degli immigrati sul territorio? Dove sono maggiormente concentrati?

Come dicevo, è un fenomeno che si concentra nei centri urbani. Utilizzando le categorie del Dossier, dividiamo il nostro territorio in Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud e isole.
La maggior parte della popolazione immigrata si concentra al Nord, distribuendosi soprattutto nel nord ovest, in Piemonte, Liguria, Lombardia. Il 32,7%. 25% nel nord est.
Il centro Italia registra il 28,3% mentre al Sud è presente l’8,9% e nelle isole il 4,1%.
Nei tre anni esaminati si registrano delle variazioni, nel 2000 nel nord ovest c’era una presenza ponderante che cresce di un punto e mezzo percentuale. Lo stesso si verifica nel Nord Est, dove si registra un aumento di 2 punti percentuali. Il centro è in calo, passando dal 29,8% al 28,3%. Il sud perde un 2%.

Per quanto riguarda il lavoro, vediamo che su ogni 9 nuove assunzioni una riguarda un cittadino immigrato. Nel Nord Est si registra il 17,7% di assunzioni di extracomunitari, al Nord Ovest il 14%, al centro 10,2 e molto basso al Sud 45, nelle isole il 3,8%. Questi dati portano alla media appena detta”.