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Il Comitato 3 ottobre – Quale accoglienza?

Nessuno racconta cosa avviene nel mare davanti a Lampedusa

Il 16 febbraio, la Capitaneria di Porto di Lampedusa viene chiamata nel tardo pomeriggio, intorno alle 18,30. Le vedette partono immediatamente e raggiungono le navi della Marina Militare, impegnate nell’operazione Mare Nostrum, a circa 30 miglia di distanza da Lampedusa. Lo scopo è di trasbordare dalle navi alle motovedette circa 260 persone salvate ore prima. Le vedette affiancano le navi ma non si procede al trasbordo. Verso le tre di notte le vedette della CP fanno ritorno a Lampedusa senza avere combinato nulla.

L’indomani mattina le navi militari sono in rada, poco lontano dal porto dell’isola. Si inizia a trasportare i migranti a terra sulle scialuppe, circa 30 persone per volta. I naufraghi vengono fatti scendere a terra, e fatti immediatamente risalire su due vedette della CP (la 280 e la 282), dove vengono sistemati in coperta, all’aperto. Sono circa 100 su ogni motovedetta, compresi 64 minori (tra cui un neonato) e decine di donne. Molti i nuclei familiari. Sono Siriani e subsahariani.

Le vedette della Capitaneria partono per la Sicilia (Pozzallo) verso le 11,30, appena finite le operazioni di trasbordo. Impiegheranno circa 10 ore prima di arrivare e devono fare in fretta, perché le condizioni meteo sono in peggioramento e non si può affrontare il mare mosso con 100 persone in coperta.

Altri 71 migranti restano fino alle 12,30 a bordo di una SAR della Capitaneria di Porto, poi vengono fatti sbarcare al molo Favaloro e immediatamente fatti risalire su una vedetta della Guardia di Finanza che dopo circa un’ora parte per la Sicilia, anch’essa con i passeggeri in coperta.
Questi i fatti.

Fatti che non sono stati riportati da alcuna fonte d’informazione.
Fatti che non sono stati riferiti da alcun comunicato della Marina Militare, molto solerte esclusivamente nel dichiarare trionfalmente il salvataggio di un determinato numero di migranti, senza dare alcuna informazione sul trattamento riservato agli stessi nelle ore successive al soccorso.
Fatti che neanche gli organi di comunicazione della Capitaneria di Porto hanno sentito la necessità di rendere pubblici, lasciando così intendere che i vertici dell’istituzione non abbiano da ridire se i propri uomini, di altissima professionalità ed esperienza, che negli ultimi anni hanno salvato centinaia di migliaia di persone anche a rischio della propria vita, vengono relegati al ruolo di tassisti.
Fatti, soprattutto, che offendono la dignità di centinaia di uomini, donne e bambini, che raccontano di un’inutile crudeltà inflitta a persone che si trovano in uno stato di grande fragilità e vulnerabilità, che avrebbero bisogno e diritto a un’assistenza fisica e psicologica immediata e umana.
Fatti che raccontano di un paese, il nostro, governato da chi sembra avere perso completamente anche il minimo senso di umanità.

Comitato 3 Ottobre