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In opposizione ai discorsi stantii: panorama di quella parte di Francia che cerca di prendersi cura dei rifugiati

di Olivier Favier, Basta Mag del 5 ottobre 2015

La xenofobia va di buon passo in Francia, composta di frasette anti-migranti e grandi discorsi sul declino. Lontane da questo sordido concorso dei media, decine di migliaia di persone mostrano solidarietà concreta nei confronti dei rifugiati e degli esiliati, quali che ne siano le origini e le ragioni dell’arrivo o del passaggio in Francia. Una solidarietà che si esprime tanto con il coinvolgimento nelle grandi associazioni di mutua assistenza, che in azioni locali di volontariato o nell’impegno individuale spontaneo. E non si accontenta di un’indignazione di facciata. Panorama di questa Francia altruista.

Foto: Una volontaria poco prima di una lezione di francese nel campo di Tioxide, a Calais, oggi smantellato / ©  Géraldine Aresteanu
Foto: Una volontaria poco prima di una lezione di francese nel campo di Tioxide, a Calais, oggi smantellato / ©  Géraldine Aresteanu

In seguito ai due naufragi dell’aprile 2015, che hanno causato in tutto 1200 morti, la stampa e l’opinione pubblica hanno manifestato nei confronti dei migranti un interesse inedito, che da allora non ha smesso di crescere. La fotografia del piccolo Aylan ritrovato morto su una spiaggia turca e la notizia delle 71 persone soffocate dentro un camion in Austria hanno avuto larga risonanza. I recenti annunci del governo tedesco hanno mostrato a chi ancora aveva dei dubbi che una grande mobilitazione era possibile. Semplice entusiasmo mediatico o vero cambio di paradigma? Nell’attesa di una risposta, e per coloro a cui non basta indignarsi sui social network, non sarà inutile dilungarsi sui numerosi esempi di solidarietà concreta, che sia collettiva, nel quadro di un’associazione, o individuale.

Libri e film per capire e agire meglio

Non serve avere un diploma professionale per lanciarsi in una causa, ma è sempre bene documentarsi e ascoltare coloro che hanno una lunga esperienza. Molte situazioni oggi all’attenzione dei media hanno una lunga storia.
Su Calais, per esempio, si potranno leggere i due libri di Marion Osmont e Haydée Sabéran, pubblicati nel 2012, e seguire gli aggiornamenti sul blog Passeurs d’hospitalités di Philippe Wannesson.
Pe quanto riguarda la situazione in Siria o in Iraq e, in maniera generale, nel Vicino e Medio-Oriente, da cui arrivano una buona parte dei rifugiati, il sito Orient XXI offre, tra gli altri, analisi accurate e accessibili.
Sull’Eritrea, il libro di Léonard Vincent, anche questo del 2012, rimane il miglior modo per avviarsi alla comprensione del totalitarismo in corso in questo piccolo paese del Corno d’Africa, e delle ragioni che spingono le persone a lasciarlo.

Foto del film Mediterranea
Foto del film Mediterranea

Quest’anno sono usciti numerosi documentari e fiction, in televisione o al cinema, che danno voce agli interessati. Sugli orrori incontrati dagli Eritrei durante il loro periplo, si può vedere per esempio La torture au bout du fil e Voyage en Barbarie, entrambi del 2014.

Sui migranti dall’Africa occidentale e la questione degli scomparsi, il documentario di Laetitia Turat e Hélène Crouzillat, Les Messagers, frutto di quattro anni di lavoro, è notevole in ogni suo aspetto. All’inizio di settembre, il film ispirato a fatti reali di un giovane regista italiano, è uscito in 29 sale cinematografiche della Francia – segno che l’argomento riscuote un maggior successo di pubblico. Si chiama Mediterranea e racconta una parte del viaggio – dalla Libia all’Italia meridionale – e le disillusioni di un migrante burkinabé.

couv2015-657c6.jpgPer “ribattere ai pregiudizi sulle migrazioni”, l’associazione Ritimo ha pubblicato una “guida di sopravvivenza” che smonta dieci pregiudizi – sugli aiuti sociali, l’integrazione, l’insicurezza o ancora “l’invasione” – che tornano in continuazione, dalla chiacchiera da bar agli studi televisivi, passando per i social network.

Condividere queste informazioni, suscitare l’interesse e la curiosità intorno a noi su questi argomenti, è essenziale se vogliamo che l’argomento continui a beneficiare di un’informazione affidabile e accessibile, e che l’opinione pubblica si mostri più favorevole all’accoglienza dei migranti e dei rifugiati. Nonostante la grande copertura mediatica, le mobilitazioni – come la manifestazione del 19 settembre a Calais a cui hanno partecipato circa 3.000 persone – sono per la maggior parte del tempo troppo poco seguite, fuori dai circoli militanti, per poter pesare realmente sulle politiche pubbliche.

Le grandi associazioni di mutua assistenza

La questione dei migranti e dei rifugiati mobilita da tempo diversi attori importanti del mondo associativo. La Cimade, nata nel settembre del 1939, è di origine protestante. Largamente laicizzata da allora, è finanziata in gran parte dal Ministero per gli Affari Sociali. È stata a lungo l’unica associazione autorizzata nei centri di detenzione amministrativa e conserva al riguardo un’esperienza particolarmente preziosa. Infine, pubblica una rivista, Causes communes, che è un’eccellente fonte di informazione sulla questione migratoria. Il Secours catholique, creato nel 1946, dispone dal 1989 di una struttura dedicata ai rifugiati, il Cèdre. È molto presente a Calais. Anche in questo caso, non serve essere credenti per offrire il proprio sostegno.

La Fasti è una federazione di una sessantina di associazioni dedicate a tutti gli immigrati. Costola della sinistra cristiana e del PSU, ha assunto oggi una posizione altromondista, anticapitalista e femminista. È in particolare molto attiva con chi ha ricevuto il diniego alla domanda d’asilo. France terre d’asile, fondata nel 1971, è un’associazione laica, per la maggior parte finanziata dal Ministero dell’Interno. Lavora con rifugiati adulti – soprattutto tramite i centri d’accoglienza per richiedenti asilo – ma anche con minori stranieri isolati, rifugiati o no. Anche il GAS (Groupe accueil et solidarité), nato nel 1979, si rivolge ai richiedenti asilo e ai rifugiati politici. Molto radicato a sinistra, il Gisti è nato nell’ambito delle contestazioni dei primi anni ’70. È specializzato nella lotta giuridica.

Altre grandi associazioni svolgono localmente azioni importanti che riguardano i migranti: la Croix-Rouge – che ha gestito il campo di Sangatte dal 1999 al 2002 –, Emmaüs o Médecins du Monde. Questi ultimi sono molto attivi a Calais. Infine, la Ligue des droits de l’homme, Amnesty International, l’MRAP, il Syndicat des avocats de France – la lista non è esaustiva – sono molto coinvolti nella questione migranti.
Dovunque abitiate in Francia, troverete una sede di una o più di queste associazioni, oppure un’associazione locale aderente alla Fasti.
Tutte hanno bisogno di volontari e di supporto materiale.

Reti e strutture specializzate

Molte delle associazioni specializzate o aperte a tali questioni si sono federate nella rete Migreurop, la cui forza risiede nell’aver saputo creare connessioni con altre strutture europee e africane. Questa rete si rivolge in particolare a coloro che, per ragioni diverse, cercano di documentarsi in maniera precisa e aggiornata sulle questioni migratorie.

Dondom e Nana, davanti alla loro automobile contenente il materiale che permette ai migranti di Calais di ricaricare i telefoni cellulari e di avere un accesso WIFI qualche ora al giorno / © Géraldine Aresteanu
Dondom e Nana, davanti alla loro automobile contenente il materiale che permette ai migranti di Calais di ricaricare i telefoni cellulari e di avere un accesso WIFI qualche ora al giorno / © Géraldine Aresteanu

Les Amoreux au ban public è un movimento che lotta per i diritti delle coppie miste. Il Réseau éducation sans frontières (RESF) è un collettivo che si occupa al tempo stesso dei diritti degli stranieri e dei bambini. Prende la difesa delle famiglie che hanno bambini scolarizzati in Francia. Recentissimamente, si è mostrato molto attivo anche sulla questione dei minori stranieri isolati. Per questi ultimi esiste un’associazione specializzata, l’ADMIE, che accompagna i minori durante le pratiche giuridiche e amministrative. I volontari sono sempre i benvenuti, che abbiano o meno una formazione giuridica. Per finire, sul portale InfoMIE si possono trovare numerose informazioni sulla situazione dei minori stranieri isolati.

Le azioni locali di solidarietà

Sono meno visibili, con poca o nessuna visibilità sui media. Eppure, le loro pratiche sono essenziali e spesso offrono ai volontari la possibilità di un’azione concreta in un ambiente poco semplice da capire. Le piccole associazioni esistono su tutto il territorio, spesso su iniziativa dei lavoratori sociali che vogliono sopperire alle carenze dell’aiuto pubblico, di semplici cittadini o degli interessati stessi riuniti in collettivi di migranti senza documenti.

Magali Nowacki è la coordinatrice della missione adozione al consiglio generale dell’Aisne. Nel 2014, ha creato l’associazione La Boussole, che tra le altre cose offre sostegno a una decina di minori isolati ospitati in un albergo della cittadina di Chauny. I cinque membri hanno molto lavoro: organizzare di tanto in tanto una giornata di gita con i ragazzi per i quali il consiglio provinciale non ha previsto nessun soggiorno, assicurare loro il sostegno scolastico, occuparsi ogni giorno dei problemi di ciascuno poiché l’educatore li visita collettivamente solo una volta ogni tre settimane, organizzare in collaborazione con la sede locale del Secours catholique corsi di francese fuori dal periodo scolastico, ecc. …e sono solo alcuni esempi.

A Saint-Étienne, padre Riffard ha fondato l’associazione Anticyclone, che accoglie i migranti nella sua chiesa a Montreynaud. Facendo così si è attirato le denunce del Comune per mancato rispetto delle condizioni di sicurezza, e il sostegno di una larga parte della popolazione locale, presente ai suoi processi.

A Parigi, suor Marie-Jo perpetua la tradizione d’accoglienza della chiesa Saint-Bernard, tra la Goutte d’Or e la Chapelle. Ogni inverno, gestisce l’accoglienza di una decina di richiedenti asilo e effettua numerose spedizioni di aiuto ai senzatetto durante tutto l’anno.
Si noterà che sono spesso le città, i quartieri e i dipartimenti più poveri a mostrarsi più accoglienti e dunque a dover far fronte ai bisogni maggiori. Le associazioni che si creano in quei luoghi fanno spesso miracoli con pochi mezzi.

Agire da soli, è possibile

È sicuramente possibile agire da soli, al di fuori di queste strutture, a seconda dei bisogni e delle proprie competenze. Tra il 2008 e il 2009, Laura Genz ha disegnato il quotidiano del Collettivo dei sans-papiers (migranti senza documenti in regola, NdT) di Parigi, poi ha realizzato delle cartoline che hanno permesso di raccogliere l’equivalente di 33 tonnellate di riso. Ha ripreso la stessa attività con il Comitato dei migranti de la Chapelle in lotta, mobilitatosi dal giugno del 2015 in favore dei migranti appena arrivati a Parigi.
Nella primavera del 2015, a Parigi, Tatiana e Stéphanie hanno messo in piedi un progetto di lezioni di francese per i migranti assembrati sotto il ponte della Chapelle. Continuano anche dopo lo smantellamento del campo e gli allievi non mancano mai.

Una ragazza è venuta dal Belgio con vestiti e tende da campo per i rifugiati afgani. Da qualche settimana, passa tutto il suo tempo libero con loro / © Géraldine Aresteanu
Una ragazza è venuta dal Belgio con vestiti e tende da campo per i rifugiati afgani. Da qualche settimana, passa tutto il suo tempo libero con loro / © Géraldine Aresteanu

Purtroppo a Calais, le azioni di mutuo aiuto ricevono molta meno visibilità delle manifestazioni del gruppuscolo di anti-migranti. Non bisogna però dimenticare che circa 200 volontari vanno a dare manforte per i turni di doccia organizzati dal camion del Secours catholique.

In un pomeriggio di febbraio, sul campo di Tioxide, oggi smantellato, abbiamo incontrato, insieme alla fotografa Géraldine Aresteanu, ogni sorta di volontario.

Dominique e Nadine – “Domdom e Nana” -, lui ingegnere in pensione, lei artista-pittrice, facevano un tour quotidiano nelle giungle con due generatori per ricaricare i telefoni cellulari e un router per offrire un accesso wifi di qualche ora.

Una giovane laureata belga, nell’attesa di iniziare a lavorare in Brasile, era venuta a portare dei vestiti ai rifugiati afgani, da qualche giorno dormiva nella tenda con loro e faceva da taxi per chi doveva recarsi nel centro. Una giovane professoressa di francese, madre di due bambini piccoli, veniva una volta alla settimana, il sabato mattina, a dare lezioni. In fondo, la loro storia era molto simile. Tutti, erano venuti un giorno per vedere cosa succedeva nel campo – a volte dopo che per lunghi anni avevano vissuto nella stessa città senza mai fermarsi da quelle parti. Da allora, non avevano mai smesso di tornarci.

L’accoglienza in casa propria: Comme à la maison e Welcome en France
Dopo che nel gennaio del 2013 è stato abolito il “crimine di solidarietà”, che penalizzava “l’aiuto al soggiorno irregolare”, nulla impedisce di ospitare un clandestino dal momento che non è in corso nei suoi confronti una procedura di espulsione. Alcuni dispositivi propongono un inquadramento per un’accoglienza di corta durata. È il caso di Welcome en France del Service jésuite des réfugiés. Altri propongono un’ospitalità di durata variabile, come il nuovo progetto “Comme à la maison”, lanciato dalla comunità Singa. Spesso, l’accoglienza si fa anche in maniera informale a seconda dei vincoli che si sono creati.

Il settore associativo resta tuttavia diviso su queste nuove procedure. Pierre Henry, direttore generale di France terre d’asile, ha fatto mostra delle sue reticenze il 17 settembre, su France Inter: “Accogliere le persone perseguitate è un impegno della Repubblica francese. È sulla solidarietà, ovvero sull’imposta, che si organizza. Non si può lasciare l’accoglienza alla carità. La solidarietà, è un’altra cosa.”

Resta il fatto che l’accoglienza da parte di privati cittadini – o di associazioni non incaricate dallo Stato o dai poteri pubblici – è apparsa dopo la moltiplicazione dei campi di fortuna, non solo a Calais, ma anche a Parigi, Conflans, Dieppe, Bordeaux, Caen, Dunkerque… Del resto, se una parte non trascurabile dei migranti non rientra nel circuito del diritto d’asilo, il 70% delle domande presentate sono respinte, contro un po’ più del 50% in Germania e un po’ meno del 20% in Svezia. Questi rifiuti amministrativi riguardano anche persone provenienti da paesi considerati poco sicuri e dunque difficilmente espellibili.

Lo stato di rifugiato, soprattutto se è ottenuto in seguito a un ricorso alla Corte nazionale del diritto d’asilo, non significa affatto che una persona si ritroverà da un giorno all’altro in una situazione stabile da un punto di vista materiale. In un contesto di questo genere, se la solidarietà degli individui può avere come effetto perverso quello di incoraggiare i poteri pubblici a disimpegnarsi ancora di più, bisognerebbe soprattutto indignarsi di aver visto perdurare, per quasi un anno – nell’indifferenza generale e malgrado le ripetute denunce di alcune associazioni, come per l’appunto France terre d’asile – l’installazione di un ammasso di tende, senza bagni o punti d’acqua, nel pieno centro di Parigi, sotto il ponte della metro la Chapelle. Se accogliere in casa propria non è la migliore soluzione, non reagire significa mettere la solidarietà e la carità schiena contro schiena, lasciandoci alla nostra vergogna.

Olivier Favier