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da Il Manifesto del 5 agosto 2007

Migranti, la fortezza Europa si inceppa

di Cinzia Gubbini

La missione Nautilus II è andata in vacanza proprio nel periodo di maggiore pressione dei flussi migratori sulle coste del Mediterraneo. Segnale chiarissimo, semmai ce ne fosse stato bisogno, della scarsa efficacia della strategia scelta dall’Unione europea per contrastare i flussi illegali di migranti. Nautilus II era l’ultima creatura dell’Agenzia Frontex, la struttura nata nel 2005 per controllare le frontiere esterne dell’Ue e per coordinare le azioni degli stati membri contro l’immigrazione irregolare. Annunciata in pompa magna il 25 giugno, l’operazione Nautilus avrebbe dovuto fornire il pattugliamento del Mediterraneo centrale nelle acque tra Sicilia, Malta e Libia. L’altro ieri, a Bruxelles, Friso Rascam Abbing – il portavoce del commissario europeo per la giustizia e gli affari interni Franco Frattini – ne ha annunciato la chiusura anzitempo. Motivazione semi ufficiale: mancano le risorse. Abbing è apparso piuttosto imbarazzato: «Mi sembra di capire che c’è una pausa». Ma ha assicurato che «cercheremo di riprendere il prima possibile», forse «tra qualche settimana». Il protocollo europeo ha comunque imposto di tessere le lodi dell’operazione: «A Malta l’arrivo di clandestini è diminuito del 50% – ha detto Abbing – anche se c’è stato invece un aumento degli arrivi a Lampedusa». E sulle reali motivazioni che hanno portato alla chiusura della missione, i rumors corrono.
Ovviamente la motivazione trapelata a Bruxelles ha un suo fondamento. Frattini, grande sponsor dell’Agenzia Frontex, quest’anno era convinto di avere parecchie risorse a disposizione. O almeno così disse il 14 maggio invocando la necessità di inviare subito – dopo l’apparente successo dell’operazione Poseidon nell’Atlantico, dove filano d’amore e d’accordo Senegal e Spagna – Frontex nel Mediterraneo: «Quest’anno avremo a disposizione oltre 50 navi da pattugliamento, 20 elicotteri e 25 aeroplani. E’ un numero molto consistente». Neanche venti giorni dopo, il 6 giugno, sbottava: «Delle 115 imbarcazioni promesse ce ne sono sì e no una ventina disponibili. Dei 25 elicotteri ne ho due della Germania, uno della Francia e uno della Spagna. Questo è un appello pubblico».
Come si noterà una volta il commissario parla di 50 navi, un’altra addirittura di 115, e questa è una delle caratteristiche di Frontex: i numeri non sono mai chiari. Di chiaro c’è soltanto che vengono chiesti continuamente soldi e risorse. Ma per fare che? Nel «Programma di lavoro del 2007» dell’Agenzia per quanto riguarda le operazioni in mare si prevedono quattro operazioni in mare durante i primi sei mesi dell’anno, e addirittura «3-4 operazioni congiunte» durante i successivi sei mesi. Insomma Frontex, che è una giovane agenzia e che oltretutto si aggiunge ai controlli che già i singoli stati membri attuano sui propri confini, in realtà di concreto fa pochissimo. Per questo, nella sinistra del Parlamento europeo, si è già guadagnata il nome di «carrozzone». «Frontex annuncia il fallimento della missione perché vuole più soldi, guarda caso è in trattativa un nuovo stanziamento di 14 milioni di euro», osserva il parlamentare della Sinistra europea/Gue Giusto Catania che da tempo segue le prodezze dell’Agenzia: «E’ un enorme carrozzone, ma pericoloso. Perché le navi di Frontex in mare sperimentano i respingimenti, anche di persone che potrebbero essere richiedenti asilo. Quell’Agenzia è un’utopia reazionaria: pratica il sogno, per chi ce l’ha, di sigillare le frontiere e intanto causa morti». Quest’anno l’Agenzia ha un budget di 35 milioni. Dal resoconto si legge che 10 milioni di euro sono dedicati alle spese per lo staff e per l’amministrazione. 12 milioni invece – praticamente la stessa spesa – sono destinati alla parte «operativa» (tra cui i pattugliamenti). Manca la previsione di spesa per altri 10 milioni di euro. Anche l’organico è lievitato: dalla trentina di persone dell’inizio alle ottanta attuali.
Ma aldilà delle critiche sulla gestione dei fondi, sul lavoro di Frontex aleggiano sospetti anche di altra natura.
L’Agenzia risponde a un consiglio d’amministrazione formato da un membro per ciascuno stato. Ma politicamente a chi risponde? Una domanda, questa, che è stata rivolta alla Commissione anche dal parlamento europeo. E che più di recente ha creato qualche attrito tra il ministro dell’Interno italiano Giuliano Amato e il commissario Frattini. Qust’ultimo ha nei mesi scorsi accusato duramente l’Italia di temporeggiare su Nautilus II. Amato spiegò che per l’Italia i problemi erano di due tipi: prima di tutto lo scarso coinvolgimento della Libia, in secondo luogo le poco chiare «regole d’ingaggio». Per quanto riguarda il primo punto, le nuove relazioni tra Libia e Unione europea dopo la grazia concessa alle infermiere bulgare porterà di certo a nuovi sviluppi. Il secondo punto, invece, è un problema aperto. Amato si riferiva a la «brutta avventura» capitata alla nave Dattilo, operativa di fronte al Senegal, ad aprile. La nave incrociò un’imbarcazione carica di filippini «il comandante ha ricevuto l’ordine di impadronirsi della nave, dunque andare all’abbordaggio come facevano i pirati – raccontò Amato – Gli uomini erano tesi, non hanno dormito per due giorni anche perché nessuno gli diceva cosa dovevano fare con i clandestini». Che finirono in Senegal, probabilmente rimpatriati. Amato si preoccupava di un «maggiore coordinamento». Ma quello che descrisse era un respingimento, vietato dalle leggi internazionali. Ma è questo che fa Frontex, nel suo piccolo.