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Non prendetevela con gli scafisti: il vero business dell’immigrazione

di Hein de Haas, docente e ricercatore

Negli ultimi anni i miliardi spesi per la militarizzazione dei controlli alle frontiere sono stati uno spreco di denaro pubblico. Siamo in grado di dichiarare che, di fronte all’attuale “crisi di rifugiati”, l’aumento dei controlli alle frontiere non ha fermato i richiedenti asilo e altri migranti dall’attraversare le frontiere. L’esperienza e la ricerca hanno esplicitamente dimostrato che questi hanno contribuito al cambiamento di percorso dei migranti verso altri punti, rendendoli facile preda del contrabbando ed incrementando i costi ed i rischi di passaggio alle frontiere.

Il fatto è che 25 anni di militarizzazione dei controlli alle frontiere in Europa hanno solo peggiorato i problemi che dichiarano di voler prevenire. Come dimostra il seguente grafico (ved. sotto) presentato dallo stimato ricercatore sulle immigrazioni Jørgen Carling, l’UE è stata coinvolta in un circolo vizioso in cui il numero in aumento di morti alle frontiere ha portato a combattere il traffico di migranti e ad incrementare il pattugliamento al confine, che obbligano i rifugiati e altri migranti ad intraprendere percorsi più pericolosi usufruendo dei servizi dei trafficanti. Rotte più lunghe e pericolose significano più persone ferite o che potrebbero morire durante il viaggio, e ciò porta contemporaneamente allo sdegno dell’opinione pubblica e a controlli più serrati alle frontiere.

La risposta dell’Europa

Autore: Jørgen Carling
Autore: Jørgen Carling

Traffico di migranti in condizioni pericolose  Più morti di migranti  soluzioni per rafforzare la lotta contro il traffico di persone  Maggiori misure contro il traffico di persone

Nella situazione di panico attuale intorno ai migranti, ci si dimentica che la nota migrazione in barconi attraverso il Mediterraneo è un fenomeno di 25 anni fa, che ebbe inizio quando la Spagna e l’Italia introdussero i visti (Schengen) per i nordafricani. Infatti inizialmente marocchini, algerini e tunisini potevano viaggiare liberamente per motivi lavorativi o in vacanza. E così facevano in molti. Tuttavia questa migrazione era di tipo circolare. La maggior parte dei migranti e dei turisti sarebbe tornata indietro dopo un po’ di tempo, per restare vicino ad amici e parenti, in quanto la vita nella propria patria è meno costosa e perché avrebbero potuto facilmente emigrare nuovamente. Quest’esperienza dimostra che porte aperte all’immigrazione diventano porte girevoli.

Con l’introduzione dei visti Schengen nel 1991, la libera entrata in Spagna e in Italia fu bloccata e i nordafricani, che non potevano ottenere visti, incominciarono ad attraversare il Mediterraneo illegalmente in pateras, piccole barche di pescatori. Questo fu inizialmente, su larga scala, un’operazione ingenua portata avanti dai pescatori locali. Quando la Spagna iniziò ad installare sistemi di controllo militari sofisticati alle frontiere al largo dello Stretto di Gibilterra, il traffico di migranti divenne più organizzato e i migranti iniziarono a diffondersi a ventaglio in diversi punti lungo le coste del Mediterraneo e dell’Atlantico. La diversificazione dell’attraversamento delle frontiere continuò negli anni 2000, durante i quali i migranti provenivano non solo dal Marocco e la Tunisia, ma partivano anche dall’Algeria, dalla Libia verso l’Italia e la Spagna, e dall’Africa occidentale verso le Isole Canarie.

Foto: Platon Antoniou, frontiera Messico/Stati Uniti
Foto: Platon Antoniou, frontiera Messico/Stati Uniti

Mentre negli anni ’90 la maggior parte dei migranti erano giovani marocchini, algerini e tunisini attirati dall’opportunità di lavoro nell’Europa meridionale, negli anni 2000 anche un maggior numero di sub-sahariani e rifugiati iniziarono a migrare sui barconi. Negli ultimi anni l’aumento degli immigrati è il principale risultato di un numero in ascesa di siriani che decidono di attraversare il Mediterraneo a bordo di gommoni. Nel 2014 e 2015 il rafforzamento del pattugliamento lungo il Mediterraneo è una delle cause (insieme al peggioramento delle condizioni in Siria e nei Paesi vicini) del nuovo orientamento delle migrazioni verso la Turchia, i Balcani e l’Europa Centrale.

Quindi queste politiche si sono rivelate controproducenti. Mentre i politici e i mezzi di comunicazione se la prendono con gli scafisti per la sofferenza e la morte lungo le coste europee, viene deviata l’attenzione dal fatto che la tratta di migranti sia una reazione alla militarizzazione dei controlli ai confini e non la causa delle migrazioni irregolari. Purtroppo le politiche proposte per combattere il contrabbando e la migrazione irregolare sono destinate al fallimento in quanto sono tra le cause reali del fenomeno che loro dichiarano di combattere.

Pertanto non ha senso prendersela con gli scafisti per l’immigrazione clandestina e le sofferenze dei migranti e i rifugiati. Ciò devia l’attenzione dalle cause strutturali di questo fenomeno e la responsabilità dei governi della creazione di condizioni favorevoli per i trafficanti. Costoro principalmente gestiscono un business, una necessità creata dalla militarizzazione dei controlli alle frontiere e, di conseguenza, i migranti usufruiscono dei loro servizi per attraversare i confini senza essere catturati. Certamente le storie raccontate dai media sono piene di contrabbandieri che cercano di ingannare i migranti, e sicuramente queste storie sono vere, ma c’è una ricerca (ad esempio quella condotta da Ilse van Liempt e Julien Brachet) che dimostra che i contrabbandieri sono basicamente provveditori di servizi interessati a fare business e pertanto si occupano della loro reputazione e a fornire il loro servizio nel loro interesse.

Foto: Sara Prestianni, Melilla (enclave spagnola in Marocco)
Foto: Sara Prestianni, Melilla (enclave spagnola in Marocco)

Certamente i trafficanti possono rivelarsi spietati e ingannare con regolarità i migranti, ma non bisogna dimenticare che i trafficanti offrono un servizio ai cercatori di asilo per cui i migranti sono disposti a pagare. Senza di loro, è probabile che molte più persone sarebbero morte in questi viaggi lungo le frontiere. Per molti rifugiati e migranti, costoro sono un male necessario. Per alcuni, sono eroi. Ad esempio Al Jazeera ha dichiarato che i rifugiati africani in Sudan considerano gli scafisti come fautori di libertà, in quanto permettono loro la fuga verso paesi più sicuri. L’ironia del caso vuole che i Paesi europei abbiano creato un mercato gigantesco a favore del business dei trafficanti con miliardi d’investimenti pubblici nei controlli alle frontiere. Non c’è fine per questo gioco del gatto e il topo, nel quale i trafficanti adattano continuamente i loro itinerari e tecniche di contrabbando.

Quindi non prendetevela con gli scafisti. Incolpare i trafficanti devia inoltre l’attenzione dagli interessi consolidati del complesso industriale e militare coinvolto nei controlli alle frontiere. Sotto l’influenza del panico in ascesa circa l’irregolare migrazione e la percezione che (apparentemente non controllata) l’immigrazione sia una minaccia imminente per le società occidentali, gli Stati hanno investito grandi quantità di denaro pubblico nella sorveglianza alle frontiere. Il controllo alle frontiere è divenuto un’industria imponente e il business nella costruzione di muri e barriere, sistemi di sorveglianza elettronica alle frontiere, pattugliamento di navi e veicoli così come l’esercito hanno un interesse comune nel rendere pubblica l’idea che noi stiamo affrontando un’imminente invasione migratoria e che per questo motivo sia necessario combattere i trafficanti come se stessimo per affrontare una guerra.

Foto: José Palazón, Melilla
Foto: José Palazón, Melilla

Ciò rivela il contorno della reale industria circa l’immigrazione. Le imprese di armi e tecnologie hanno attirato entrate straordinarie dalla deludente battaglia contro l’immigrazione clandestina. Com’è stato documentato da Migrant files i quattro produttori di armi leader in Europa (Airbus in precedenza EADS), Thales, Finmeccanica e BAE) e società tecnologiche come Saab, Indra, Siemens e Diehl, sono fra quelle dell’Unione Europea che più beneficiano investendo sul rifornimento tecnologico-militare fornito da aziende i cui programmi R&D sono stati finanziati dai sussidi dell’UE. La condizione della migrazione incontrollata come minaccia essenziale per la società occidentale è stata funzionale anche per l’esercito, che è alla ricerca di una raison d’être dopo che (vera o immaginaria) la Minaccia Comunista scomparve con la caduta del muro di Berlino.  

In questo modo le politiche d’immigrazione dell’Europa hanno creato un notevole mercato per le aziende private implementando sia queste politiche che i contrabbandieri. Le vittime principali sono i migranti e i rifugiati stessi, attraverso l’aumento dei compensi ai trafficanti e l’aumento dei pedaggi mortali. Sono vittime anche i contribuenti europei che sono stati ingannati e attirati in una lotta fittizia contro l’immigrazione clandestina travolti dall’onda di panico dei politici nazionalisti. Mentre gli stessi politici gettano benzina sul fuoco della xenofobia, insinuando che i rifugiati saranno un onere enorme nei fondi pubblici e una minaccia alla coesione sociale, sprecano miliardi di fondi pubblici per i controlli alle frontiere, che non hanno fermato la migrazione irregolare, ma hanno creato il mercato della tratta di persone e aumentato la sofferenza e le morti alle frontiere dell’Europa (almeno 30.000 persone sono morte nel loro tentativo di raggiungere o rimanere in Europa dal 2000).

Foto: Danilo Balducci, Stazione di Tovarnik (Croazia)
Foto: Danilo Balducci, Stazione di Tovarnik (Croazia)

Questo ha creato un’industria multimiliardaria con un forte interesse commerciale nel rendere pubblica l’idea che l’immigrazione sia una minaccia da non sottovalutare e che i controlli alle frontiere possano in qualche modo risolvere questa minaccia. In base ad una serie di ricerche e indagini condotte dalla Migrant Files, dal 2000 i rifugiati e i migranti hanno finanziato i trafficanti con più di un 1 miliardo di euro per anno, con lo scopo di raggiungere l’Europa. I Paesi europei pagano una quantità di denaro pubblico simile per tenerli lontani, sono poche le compagnie e trafficanti che beneficiano di questo processo. Dal 2000 i 28 paesi membri dell’UE più Norvegia, Liechtenstein, Svizzera e Islanda hanno deportato milioni di persone, con una spesa minore di almeno 11,3 miliardi di euro. Un altro miliardo è stato speso per coordinare le forze per controllare le frontiere europee, principalmente attraverso Frontex, agenzia delle frontiere europea. I costi effettivi sono molto più alti, in quanto queste statistiche non includono le spese sui controlli regolari alle frontiere condotte singolarmente dagli stati membri.

Attraverso l’Atlantico, si possono trovare simili dinamiche nella frontiera Messicano-statunitense, laddove l’aumento delle spese pubbliche per i controlli alle frontiere hanno contribuito alla diffusione di un esteso complesso industriale militare che comprende produttori di armi, imprese tecnologiche, centri di detenzione migranti (privati), la burocrazia militare e statale coinvolti nella deportazione di persone. Uno studio intitolato Immigration Enforcement in the United States: The Rise of a Formidable Machinery, pubblicato nel 2013 dall’’Istituto di Politiche Migratorie (MPI), un centro d’immigrazione con sede a Washington, ha calcolato che gli Stati Uniti spesero 187 miliardi di dollari per L’Agenzia Federale Responsabile delle Immigrazioni tra il 1986 e il 2012.

Per mettere questi dati in prospettiva, lo stesso report ha dimostrato che i 18 miliardi di dollari spesi nel 2012 rappresentano un aumento del 24% rispetto ai costi sommati delle altre agenzie di esecuzione della legge criminale federale (FBI, Amministrazione Agenzia Antidroga, Servizi segreti, U.S. Servizi Marshal e Dipartimento dell’Alcol, Tabacco, Armi da fuoco e Esplosivi). Questi costi sbalorditivi hanno determinato la creazione di un enorme mercato parallelo per i contrabbandieri (coyotes) che aiutano i migranti dal Messico e dall’America Centrale (in aumento), ad aggirare i controlli alle frontiere.

Foto: Agnese Moreni, reportage su Lampedusa Orme sulla Spiaggia
Foto: Agnese Moreni, reportage su Lampedusa Orme sulla Spiaggia

Cosi, anziché prendersela con gli scafisti, è importante essere consapevoli del fatto che i governi hanno creato in diversi modi i propri mostri versando fondi pubblici massicci nell’industria del controllo migratorio. Come la mitologica Idra di Lerna, che per ogni testa persa gliene crescevano altre due, ogni volta che le vie migratorie vengono bloccate (ad esempio innalzando recinzioni), si creerà un’espansione maggiore per i contrabbandieri che aiuteranno le persone a passare sotto o intorno alle barriere migratorie. Questo ha portato a un aumento imprevisto nell’area che i Paesi devono monitorare per combattere l’immigrazione irregolare, come al largo dell’intera frontiera esterna dell’Europa, rendendo il fenomeno meno, anziché più, controllato.

I politici nazionali che sostengono che i controlli alle frontiere possano risolvere l’attuale crisi di rifugiati vendono solo illusioni. L’attuale situazione nei Balcani e nell’Europa Centrale rende questo concetto abbastanza chiaro. Finché il conflitto continuerà in nazioni come la Siria, così come la domanda di lavoro d’immigrati clandestini, la gente continuerà ad arrivare, in un modo o nell’altro.

Non esiste una facile risoluzione a questo problema, ma dovrebbe essere chiaro che le soluzioni del passato sono state uno spreco controproducente di denaro e hanno causato sofferenze inqualificabili. Nonostante i propri limiti, l’accordo raggiunto il 22 settembre dagli Stati membri dell’Unione Europea per condividere la responsabilità mediante la diffusione di rifugiati in tutta Europa, si spera sia il primo segno che sia il pubblico sia i governi abbiano finalmente capito che i fondi pubblici sono meglio spesi nel dare supporto concreto e accesso alle procedure determinanti lo stato di rifugiato per i richiedenti asilo e sostenendo i paesi che accolgono il maggior numero di rifugiati (come la Turchia, la Siria e la Giordania).

Nonostante siano molti gli ostacoli per la ricerca di una reale politica migratoria e dei rifugiati, si spera che ciò segni un importante precedente verso le reali soluzioni, lontane dalle politiche illusorie dello spreco di denaro pubblico nella militarizzazione delle frontiere.
@heindehaas

  1. Professore di Sociologia, Università di Amsterdam | Research Associate, International Migration Institute (IMI), Università di Oxford | Professore Onorario di Migrazione e Sviluppo, Università di Maastricht | I miei blogposts riflettono la mia opinione personale