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Palermo – Urgenti nuove politiche sull’immigrazione

Cancellare Dublino III, sospendere gli accordi con la Libia, dare accoglienza degna ai migranti che fuggono dalle guerre

La questione di nuove politiche migratorie e dunque di nuove leggi che dovranno essere adottate dal parlamento, rimane purtroppo molto legata alle prossime scadenze elettorali e su questo si registra, a livello europeo come a livello nazionale, grande lentezza nei governi ed una crescita esponenziale dei diversi populismi che spesso sconfinano nella xenofobia dichiarata e nel razzismo

Dublino III

Problema cruciale è il modo in cui si pretende di controllare la “distribuzione” dei richiedenti asilo sul territorio Ue. Sul piano europeo andrebbe rimesso in discussione il criterio dominante del Regolamento Dublino III, che, seppure reso più elastico dalle modifiche entrate in vigore lo scorso gennaio con riferimento alla nozione allargata di nucleo familiare, presenta ancora rigidità tali che addossano sui paesi più esterni dell’Unione il ruolo di accogliere la maggior parte delle richieste di asilo, non rispettando la libertà di scelta dei migranti e producendo come risultato una serie di movimenti secondari che alimentano intermediazione ed irregolarità che non si possono contrastare con le misure puramente repressive finora adottate.

Mare Nostrum e gli accordi con la Libia

Dal 18 ottobre 2013 è operativa la missione italiana Mare Nostrum nel Mediterraneo tra Sfax (Tunisia), la Libia e l’Italia. Se certamente negli ultimi mesi l’intervento delle navi italiane ha permesso il soccorso di moltissimi migranti, l’operazione, che mescola ancora una volta l’approccio militare al “contrasto alla migrazione irregolare” con le dichiarate finalità umanitarie, crea al contempo una situazione di grande pericolo per i migranti perché sapendo che i mezzi militari vanno alla ricerca di imbarcazioni di migranti gli organizzatori del viaggio mandano barche sempre più insicure. Il rischio di affondare aumenta, mentre la necessità di abbattere i costi e portare a terra quante più persone contemporaneamente comporta il fatto che molti migranti soccorsi restino sulle navi per diversi giorni senza che le stesse, essendo mezzi militari, siano adeguatamente attrezzate per una permanenza così protratta. Una grande ambiguità e mancanza di trasparenza caratterizzano infine le procedure che vengono svolte a bordo delle navi stesse prima dello “sbarco”.

Non si può pensare, ad esempio, che anticipare il momento del prelievo delle impronte digitali a bordo delle navi della missione Mare Nostrum possa costituire una soluzione del problema o ridurre il numero dell’immigrazione irregolare, come è confermato dal tasso degli allontanamenti dai centri di prima accoglienza, sempre assai elevato.

L’idea di base di tutta l’operazione Mare Nostrum, in generale, si fonda ancora sul presupposto che i migranti affrontino viaggi pericolosissimi per arrivare in Libia, restino delle mani di chi li organizza, e continuino a partire dalla coste libiche su imbarcazioni insicure. Del tutto diversa la necessità affermata dalla Carta di Lampedusa di avviare invece immediatamente dei percorsi di arrivo garantito direttamente dalle zone di conflitto, visto che la maggior parte dei migranti che arrivano via mare sono profughi che fuggono da situazioni di guerra o comunque di violazione costante dei diritti umani.

E’ stata intanto confermata la presenza a bordo delle navi della missione militare-umanitaria Mare Nostrum di agenti libici, cosa inaccettabile nell’ambito di una missione il cui scopo dichiarato è quello di salvare vite umane, quando è noto a tutti che la Libia non aderisce neppure alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati. I rapporti tra Italia e Libia sono stati ridefiniti dal processo verbale del 2012, firmato dal ministro dell’interno del tempo, Annamaria Cancellieri, che definisce a livello operativo i rapporti di collaborazione già previsti dai Protocolli operativi del 2007. Esiste dunque una catena di comando italo-libica, con la presenza di agenti di collegamento, nel cui quadro si sono verificate operazioni coordinate dalle autorità militari dei due paesi, che si sono concluse con la “ripresa” da parte delle unità libiche di barconi carichi di migranti fuggiti dalla Libia su segnalazione di Mare Nostrum. Del tutto incerta ma prevedibile, alla luce dei rapporti internazionali sulle condizioni dei migranti abusati in Libia, la sorte di queste persone, donne e minori compresi. I medici di MSF che vedono i migranti immediatamente dopo gli “sbarchi” a Pozzallo o ad Augusta, confermano che le persone hanno “tatuate” sul corpo le violenze subite. Giovedì 20 marzo 2014 la guardia costiera libica si è ripresa 348 migranti che cercavano di fuggire verso l’Europa. Nessuno conosce la sorte delle persone che sono state riportate in Libia dopo il tentativo di fuga. Come sempre tra loro ci saranno state numerose donne e minori non accompagnati.

Anche i migranti sbarcati ad Augusta e in altre parti della Sicilia dalle navi di Mare Nostrum rischiano comunque di essere espulsi collettivamente verso paesi con cui l’Italia ha stipulato accodi di riammissione che prevedono “modalità semplificate di riconoscimento”.

Non è infatti ammissibile, in ogni caso, il ricorso a “liste” di paesi considerati “sicuri”, che spesso portano a espulsioni sommarie senza considerare che moltissimi di questi, come il Gambia, sono retti da dittature feroci, altri, come la Tunisia o l’Egitto, vivono comunque condizioni di forte instabilità, e in altri ancora, come il Senegal o la Nigeria, esistono zone di conflitto dove la stessa sopravvivenza è costantemente messa a rischio.
La posizione di ogni persona andrebbe sempre e comunque valutata individualmente.

Ingresso legale indispensabile!

Anche in questi giorni, nei quali la situazione sul terreno diventa sempre più difficile, nei confronti della Libia aumenta la collaborazione e si sta cercando di stipulare accordi bilaterali o multilaterali con l’Unione Europea improntati al contrasto dell’immigrazione che si definisce “illegale”, anche se è chiaro che si tratta di persone in fuga da contesti di guerra e di persecuzioni, ed anche se in Libia le persone che fuggono sono esposte ad ogni tipo di abusi. Per questo andrebbe riconosciuto a tutti i migranti che riescono ad arrivare un permesso di soggiorno per motivi umanitari, come alcuni tribunali italiani hanno fatto in passato.

Dopo le stragi di ottobre nel Canale di Sicilia il Parlamento Europeo aveva adottato una risoluzione, del 23 ottobre 2013, nella quale si sottolineava l’importanza della riapertura di canali di ingresso legale per lavoro. Le proposte del Parlamento Europeo non si limitano, dunque, alle questioni della protezione internazionale e del diritto di asilo o alle linee guida delle missioni Frontex, ma riguardavano anche i cosiddetti migranti economici. Per loro il Parlamento “esorta l’Unione a elaborare una strategia più ampia, soprattutto per il Mediterraneo, che ponga la migrazione dei lavoratori nel contesto dello sviluppo sociale, economico e politico dei paesi del vicinato; invita l’Unione e gli Stati membri a esaminare gli strumenti disponibili nel quadro della politica dell’UE in materia di visti e della sua legislazione sulla migrazione dei lavoratori”. Una sollecitazione che nessun paese europeo ha finora raccolto.
Almeno in questo senso dovrebbe muoversi l’Italia nel semestre di presidenza dell’Unione Europea. Una direzione che si potrebbe seguire, ma che i primi passi del nuovo governo non lasciano certo intravedere.

A rischio i diritti dei rifugiati; urgente un adeguato piano nazionale di accoglienza

Come risulta da diverse inchieste effettuate, la permanenza nei CPSA come quelli di Pozzallo o di Porto Empedocle, prevede spesso forme di reclusione illegali per le prime settimane dopo lo “sbarco” (ricordiamo che in questi centri si dovrebbe permanere non più di 72 ore), fino a che non siano state espletate tutte le pratiche relative all’identificazione. Le persone non sono inoltre messe nelle condizioni neppure di informare i propri familiari del fatto di essere sopravvissute al viaggio, e quasi sempre non ricevono un orientamento giuridico adeguato che le informi tempestivamente dei loro diritti, primo tra tutti quello di chiedere asilo.

Anche dopo questa prima fase di “accoglienza”, la situazione non appare migliore.

La decisione assunta dal Ministero dell’Interno, con circolare del 19 marzo 2014, di delegare alle Prefetture la distribuzione dei migranti sul territorio nazionale, ben lungi dall’essere una misura straordinaria dovuta alla saturazione dei posti di accoglienza per arrivi massicci ed imprevedibili, è ancora una volta conseguenza diretta della ancata riforma di norme confuse e non coordinate tra loro e della conseguente pluriennale mancanza di un piano nazionale di accoglienza dei richiedenti asilo e di integrazione sociale dei titolari di protezione.

La diffusione dei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), la cui gestione è affidata ai soggetti più diversi, indipendentemente dalle loro competenze e capacità, sta avvenendo al di fuori di ogni regolamentazione che possa garantire standard adeguati di accoglienza e tutela delle persone.

Richieste immediate

Chiediamo che vengano immediatamente sospesa, nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum, ogni forma di collaborazione con il governo libico

Chiediamo che vengano immediatamente sospese le operazioni di pre-identificazione a bordo delle navi, perché i diritti dei migranti vengano pienamente garantiti e per consentire il più rapido espletamento delle missioni di salvataggio.

Chiediamo che sulle navi di Mare Nostrum non siano presenti funzionari del Ministero dell’Interno né, soprattutto, funzionari libici o di altre nazionalità, ma che si rafforzi semmai la presenza di personale sanitario e di psicologi, anche per l’immediata individuazione delle situazioni di maggiore vulnerabilità

Chiediamo che tutti i migranti, una volta giunti a terra, ricevano informazioni adeguate e possano avere accesso immediato alla procedura di asilo indipendentemente dalla loro nazionalità

Chiediamo l’immediata sospensione di tutti gli accordi bilaterali che consentono ancora oggi respingimenti o espulsioni collettive senza alcuna possibilità di far valere una richiesta di protezione internazionale

Chiediamo l’immediata apertura di canali di ingresso legali sul territorio italiano, unica maniera di sottrare i migranti alle reti criminali e assicurare per loro percorsi sicuri

Chiediamo che cessi l’accoglienza improvvisata in strutture alberghiere o di altro tipo, affidata ad associazioni talvolta di recentissima e strumentale costituzione, non atte a fornire servizi adeguati – di assistenza sanitaria, legale, di mediazione e di integrazione – che comporta costi elevati e inutili e rallenta le procedure d’esame delle domande d’asilo;

Chiediamo la chiusura dei CARA e l’istituzione di un nuovo sistema nazionale di accoglienza basato su una programmazione pluriennale coordinata tra Stato – Regioni – Enti locali;

Chiediamo, secondo quanto affermato dalla Carta di Lampedusa, che si metta “fine al sistema di accoglienza basato su campi e centri per costruire invece un sistema condiviso nei diversi territori coinvolti, del Mediterraneo e oltre, basato sulla predisposizione, in ogni luogo, di attività di accoglienza diffusa, decentrata e fondata sulla valorizzazione dei percorsi personali, promuovendo esperienze di accoglienza auto-gestionaria e auto-organizzata, anche al fine di evitare il formarsi di monopoli speculativi sull’accoglienza e la separazione dell’accoglienza dalla sua dimensione sociale”.

Finché ciò non sarà attuato, chiediamo che sia lo Sprar ad occuparsi dei profughi, secondo standard uniformi su tutto il territorio nazionale, e che siano immediatamente sbloccati i fondi per il finanziamento dei programmi del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, portando il sistema alla sua piena operatività e trasferendo in tempi brevi in detti programmi i richiedenti asilo attualmente accolti presso le strutture provvisorie;
Chiediamo che il Tavolo di Coordinamento Nazionale Asilo apra un confronto con le varie realtà associative e organizzazioni per definire al più presto un piano d’ intervento nazionale.

Se tali misure non dovessero essere prese con urgenza vi è la concreta prospettiva – in taluni casi già realtà – di rivivere la recente esperienza della cosiddetta “Emergenza Nord Africa”, in cui diritti e dignità di migliaia di esseri umani sono stati calpestati.

Coordinamento Antirazzista di Palermo