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Profughi, l’integrazione tra il Carnevale e Giotto

di Alberta Pierobon, Il Mattino di Padova del 21 febbraio 2015

La coop Percorso Vita: a Venezia e Vicenza con i migranti di Rivadolmo e Baone La prossima settimana 30 richiedenti asilo in visita alla Cappella degli Scrovegni

Frank? Frank, 26 anni, profugo nigeriano, ospite del centro di accoglienza di Rivadolmo, da Venezia non voleva saperne di andarsene. Incantato, stranito, felice. Inchiodato a un sogno. Con gli occhi grandi di paure passate e incertezze presenti, spalancati di gioia sui canali, sulle gondole, sulle maschere in giro per le calli, sui gabbiani, sui palazzi. Lui e gli altri 29 profughi da Mali, Eritrea, Senegal, Ghana, Sierra Leone, portati a fare una gita a Venezia da un gruppo di volontari. «Un’esperienza straordinaria, e loro sono persone di un’umanità straordinaria», racconta Stefano Ferro, 59 anni, che, fosse per lui, se li porterebbe ovunque i “suoi” ragazzi. La prossima settimana a vedere la Cappella degli Scrovegni, per esempio.

C’è chi, senza vergogna e senza pudore, magari ricoprendo cariche pubbliche, spara parole come proiettili all’indirizzo dei profughi che arrivano sui barconi. Che affoghino o, i più diplomatici come il presidente della Regione Zaia: qui non li vogliamo, non abbiamo più posto. E questa è cronaca. Intanto il superprefetto Mario Morcone, capo dipartimento immigrazione del Viminale, non smette di bacchettare Veneto e Lombardia entrambe governate dalla Lega ed entrambe restie a collaborare. Anche questa è cronaca. E cronaca, piccola, quotidiana, concreta, è pure quella che altre storie racconta a proposito di profughi a Padova, profondo Veneto. Storie di volontari, gente normale con la marcia in più della curiosità, con il desiderio di conoscenza e di contatto e con “rivoluzionaria” propensione all’accoglienza. Gente, insegnanti, casalinghe, studenti, impiegati, operai, professionisti, che si danno i turni per dare una mano, nel caso specifico agli immigrati, tutti arrivati con i barconi dalla Libia, ospiti dei centri di accoglienza di Rovolon (14 tra donne, una piccolina e due neonati) e di Rivadolmo a Baone (23 ragazzi). Più i nuovi arrivi dell’altro ieri: cinque a Rivadolmo e 26 all’ostello di Baone dove in totale sono 56. Tutti con destino appeso all’incontro con la commissione che deciderà se conceder loro lo status di profugo (l’attesa per tale appuntamento supera l’anno). I due centri sono gestiti dalla cooperativa Percorso Vita di don Luca Favarin che con gli “ultimi” spende fino all’ultima delle sue inesauribili energie.

Alcuni volontari, organizzati dall’associazione Per un Sorriso (che ha dato in uso la casa al centro di Rovolon), caparbiamente decisi a trattare i profughi da esseri umani, dopo la trasferta a Venezia, la prossima settimana ne porteranno 20-30 a vedere la Cappella degli Scrovegni. Saranno lì alle 8 di mattina: «Prima li prepariamo su quello che vedranno», spiega Stefano Ferro, dell’associazione Per un Sorriso, «poi, lì, daremo spiegazioni in italiano e in inglese. Loro sono molto incuriositi». E mica è la prima volta che vanno a mostre. Ferro e gli altri se ne sono portati venti, sia da Rovolon che da Rivadolmo, a vedere la mostra “Tutankhamon Caravaggio Van Gogh” a Vicenza: un po’ titubanti all’inizio, i volontari sono rimasti colpiti dalla concentrazione, dall’interesse, dal silenzioso stupore di quei ragazzi rapiti dai notturni di Caravaggio, dalle donne rosse del tramonto tropicale di Gauguin. Certo, una faticaccia soprattutto la gita a Venezia, ma una grande soddisfazione. Poi però la sera, mercoledì 11 febbraio, appena tornati al centro di Rivadolmo, è successo qualcosa. «Eravamo allegri e ci battevamo il cinque per salutarci», racconta Ferro; «entrando in casa Thomas ci anticipa e va ad accendere la televisione. Sentiamo con un urlo, accorriamo: stavano mostrando immagini, riprese da un elicottero, di una quantità di ragazzi che cercavano di stare a galla accanto ad un gommone semisgonfio rovesciato e a dei corpi che galleggiavano. Ho guardato gli occhi fissi, lucidi e smarriti di quei ragazzi. Li ho visti raccolti a guardarsi l’un l’altro in silenzio intorno al televisore. Ed ho visto i loro fantasmi riaffiorare, ognuno con i propri, ma stretti gli uni agli altri».