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Commento alla proposta dell’on. Fini del diritto di voto amministrativo per i cittadini non comunitari

È noto che l’on. Fini ha spiazzato la maggioranza di Governo proponendo di riconoscere il diritto di voto ai cittadini extracomunitari legalmente soggiornanti ad alcune condizioni.

È stato presentato non un disegno di legge ordinario ma bensì di riforma costituzionale per modificare l’articolo 48 della Costituzione nella parte in cui – secondo alcuni – limiterebbe ai soli cittadini italiani il diritto di voto quindi approvare l’estensione del diritto di voto ai cittadini extracomunitari che abbiano un soggiorno regolare e tutto quello che concerne la carta di soggiorno.

Questo è l’articolo unico del disegno di legge costituzionale di An, che modifica l’articolo 48 della Carta aggiungendo il seguente paragrafo.

Articolo 48 bis
Agli stranieri non comunitari che hanno raggiunto la maggiore eta’, che soggiornano stabilmente e regolarmente in Italia da almeno sei anni, che sono titolari di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, che dimostrano di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari e che non sono stati rinviati a giudizio per reati per i quali è obbligatorio o facoltativo l’arresto, è riconosciuto il diritto di voto attivo e passivo nelle elezioni amministrative in conformità’ alla disciplina prevista per i cittadini comunitari. L’esercizio del diritto di cui al comma 1 è riconosciuto a coloro che ne fanno richiesta e che s’impegnano contestualmente a rispettare i principi della Costituzione italiana.”

Vale la pena fare qualche considerazione sul tipo di proposta ovvero una legge di riforma costituzionale. Volendo essere maligni si potrebbe dire che la proposta è stata così formulata ben sapendo che sarebbe difficile ottenere le maggioranze richieste dalla Costituzione per la sua riforma.
L’art. 138 della Costituzione prevede espressamente che le leggi di revisione “sono adottate da ciascuna camera con sue successive deliberazioni a intervallo non minore di tre mesi approvate a maggioranza assolute dei componenti di ciascuna camera nella seconda votazione.”

In altre parole quello che è richiesto oltre all’iter molto lungo è che vi sia la maggioranza assoluta ed è chiaro che a conti fatti è difficile che ci sia questo tipo di situazione visti gli schieramenti politi attuali.
I maligni potrebbero pensare che la proposta è stata così formulata da Fini proprio perché non passi. Così come a suo tempo gli onorevoli Turco e Napolitano avevano stralciato dal loro disegno di legge e dal testo unico sull’immigrazione la previsione del diritto di voto ripromettendosi, come hanno fatto in seguito, di inoltrare un disegno di legge di riforma costituzionale che come sappiamo è rimasto lettera morta. Verosimilmente lo rimarrà anche la proposta di Fini visto che si fonda su una maggioranza per la votazione che data la situazione politica. La proposta sa di strumentale cioè buttare un sasso nello stagno per muovere le acque di governo, chissà forse per ritagliarsi qualche fetta di potere in più. Questo con i diritti e gli interessi degli immigrati ha poco a che vedere.

Tuttavia vogliamo ricordare che i cittadini comunitari dal 1996 hanno il diritto di voto in base a una legge ordinaria che ha recepito la direttiva comunitaria sul diritto di voto per i comunitari. Quindi se è legittimo che l’ordinamento giuridico italiano subisca o accetti di subire delle limitazioni della propria sovranità riconoscendo un accordo internazionale basato sul trattato dell’U.E. – in base al quale si recepisce il diritto di voto per i comunitari – altrettanto legittima dovrebbe essere una legge ordinaria che (sempre sulla base di un accordo internazionale ovvero la Convenzione di Strasburgo sulla partecipazione alla vita pubblica degli stranieri del 1992) renda esecutivo l’accordo in Italia riconoscendo il voto amministrativo ai cittadini extracomunitari. La Costituzione italiana nata nel 1948 non conosce differenze tra il regime giuridico dei comunitari e extracomunitari perché all’epoca non c’era l’U.E.

Sul diritto di voto ci sono già dei problemi anche per i cittadini comunitari. Per esempio la Commissione dell’Unione Europea ha deciso di perseguire con una procedura di infrazione il Belgio per non aver garantito il diritto di voto a più di 100 cittadini europei non belgi residenti nel comune di Honnelles dove non erano stati correttamente iscritti nelle liste elettorali delle elezioni del 2000, in contrasto con l’art. 19 del Trattato Ce. La Commissione ha inviato al Belgio un parere motivato il 9 luglio 2003 che costituisce la seconda fase della procedura di infrazione prevista dall’art. 226 del Trattato. Il Belgio potrà ora rispondere al parere entro due mesi ai termini dei quali la Commissione potrà ricorrere alla Corte di Giustizia.