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da Il Manifesto del 30 gennaio 2004

Numeri in libertà di Cinzia Gubbini

Nuovi dati sulla fine senza fine della regolarizzazione. Ma i conti non tornano!

Per l’ennesima volta il ministero degli interni ha reso noto, ieri, i dati sulla «fine» della regolarizzazione che ha coinvolto più di 700 mila immigrati in Italia. Qual è la novità, dunque? Che volta per volta i dati vengono scorporati, cosa che andrebbe sempre fatta quando si presentano informazioni importanti.
Così ieri – rispetto a dicembre – siamo venuti a sapere che delle circa 650 mila domande accolte (per la precisione 634.728), 18.814 sono le pratiche ancora «in istruttoria». Si tratta di quelle persone la cui posizione è tuttora indefinita e su cui è necessario fare ulteriori controlli (istanze di particolare complessità, accertamenti di polizia o altro). Già questo basterebbe a dire che, quindi, la regolarizzazione non è finita. Ma come già fece il sottosegretario agli interni Mantovano in occasione del fine del semestre europeo, s’ha da dire che la regolarizzazione è terminata entro i tempi, cioè il 31 dicembre. E va bene, d’altronde quasi 650 mila domande non sono poche. Dai dati diffusi ieri dal ministero degli interni, però, manca qualcosa: ad esempio le 5 mila domande che secondo il sottosegretario al ministero del Welfare non sono state ancora esaminate, come disse Sacconi non più tardi di una settimana fa ai sindacati confederali. Effettivamente, aggiungendo le 5 mila domande ancora da vagliare citate da Sacconi, i conti sarebbero un po’ più precisi. Perché i numeri rilasciati ieri dal ministero dell’interno, non tornano. Secondo Pisanu, infatti, le cose stanno così: 14.790 persone che hanno diritto al permesso di soggiorno non si sono presentate agli sportelli. 25.892 domande, invece, sono state rigettate. Se a queste aggiungiamo le più di 18 mila ancora in istruttoria, e anche le 5 mila forse ancora inevase, mancano all’appello 2.932 persone (la regolarizzazione ha infatti interessato 702.156 persone).

Aldilà dei conti matematici, c’è un altro elemento nelle ripetute dichiarazioni del ministero dell’interno che lascia di stucco: la volontà di celare quante persone regolarizzate hanno ricevuto un permesso di soli sei mesi – e cioè tutti coloro che, essendo stati truffati oppure avendo perso il datore di lavoro per decesso, hanno potuto ottenere un permesso di soggiorno per ricerca lavoro – quanti invece hanno ottenuto il contratto di soggiorno per un anno e quanti per due (questi ultimi saranno la minoranza visto che bisognava avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato). Si tratta di dati non secondari per capire quale è stato l’impatto della regolarizzazione targata Bossi-Fini sul complesso mondo dell’immigrazione italiana.

Di certo, la regolarizzazione ha portato soldi nelle casse dello stato, come lo steso ministro Pisanu ha sottolineato in tono trionfalistico ieri: «L’operazione non ha avuto alcun costo per l’erario, anzi ha comportato l’entrata nelle casse dello stato di ben 353 milioni di euro, pari a 683,5 miliardi di vecchie lire». Ben poche delle quali uscite dalle tasche dei datori di lavoro, visto che nella maggior parte dei casi sono stati i lavoratori imigrati a pagare i contributi e le spese della pratica pur di avere un contratto di soggiorno.

Ma l’entusiasmo stona soprattutto in vista del futuro. L’associazionismo, infatti, teme che ben pochi dei regolarizzati manteranno il contratto di soggiorno a lungo: «Per coloro che lo hanno avuto di sei mesi o un anno è già ora di rinnovo – osserva Filippo Miraglia dell’Arci – ma stavolta dovranno presentare anche i requisiti che riguardano il contratto d’affitto, un vero problema per tantissimi immigrati che non vivono in abitazioni in regola con le norme richieste». Detto questo, tocca tornare a parlare di numeri: «Mi chiedo perché mai, a fronte di più di 600 mila domande di regolarizzazione accolte, il governo abbia emesso un decreto flussi che prevede l’entrata di sole 30 mila persone con contratto subordinato o con lavoro autonomo. In questo modo si fabbricano clandestini», conclude Miraglia che addirittura prevede una nuova regolarizzazione a breve. Ma anche la Cgil nutre dubbi. Il responsabile nazionale immigrazione, Piero Soldini, non condivide l’entusiasmo del ministero: «A occhio e croce sono circa 30 mila le pratiche ancora da sbrigare. Un esercito. A ciò va aggiunta la questione dei rinnovi, che riguarda già oltre 100 mila persone, su cui l’amministrazione è in grave ritardo. Attualmente, a Roma, bisogna aspettare circa 9 mesi, e nel frattempo non si possono fare un sacco di cose, come rinnovare la tessera sanitaria, oppure uscire dall’Italia». Insomma, la situazione sembra abbastanza complessa e tutt’altro che risolta. Ben coscienti ne sono gli immigrati, che hanno spinto per aderire alla manifestazione europea di sabato. In Italia, cortei e sit-in si svolgeranno a Roma, Torino, Bologna, Caltanissetta e Crotone.