Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
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da La Gazzetta del Mezzogiorno del 14 marzo 2004

Bari – arriva pure dagli studenti il no al Cpt di Gianluigi De Vito

Cpt. Come Provare a Tornare indietro. Cpt sta per Centro di permanenza temporanea per immigrati non in regola coi documenti d’ingresso in Italia. Bari ne ha uno programmato due anni fa, al quartiere San Paolo: è previsto che sia inaugurato a luglio, è costato più di 5milioni di euro. Una grossa fetta della città, adesso grida il «no» al Centro di permanenza: «Una discarica umana», un «lager», «un luogo dove i diritti inviolabili della persona sono sospesi».
E un pezzo della città al «plurale» decide tre cose: di costituire un comitato cittadino allargato anche alle adesioni spontanee per amplificare il dissenso contro una struttura che non doveva essere creata lì, a ridosso di Lama Balice, zona vincolata; di chiedere agli amministratori di Circoscrizioni, Comune, Provincia e Regione di far approvare un ordine del giorno che dichiari «Bari e la Puglia non disponibile a veder nascere i Cpt»; e di costituire una delegazione che chieda al Prefetto di dare un’altra destinazione a quella struttura.

È un grido che viene dal basso, da 18 e passa tra associazioni, movimenti e partiti: (Arci, 3 febbraio, Un solo mondo, Centro sociale Coppola Rossa, Consulta per la salute mentale, Cristiano sociali, Fantarca, Finis Terrae, Forum dei diritti, Forum 32, Giovani comunisti, Giraffa, Laboratorio della disobbedienza, Missionari comboniani Bari, Psichiatria democratica, Servizio civile internazionale, Sunia).

Il grido lievita in una scuola, la media «Lombardi» del quartiere San Paolo. Che non è lasciato solo. L’assemblea comincia alle 10.30, davanti a pochissimi consiglieri comunali e regionali. Ma ci sono più «pezzi di città». Che parlano all’unisono «La Puglia, Bari, l’Italia non ha bisogno di Centri di permanenza perché sono luoghi di reclusione» di persone in fuga da guerra e fame e in cerca di speranza e vita che andrebbero accolti, orientati e inseriti in altro modo. Ahed Ababneh è dell’associazione «Finis Terrae». È l’unico dei «nuovi italiani» che prende la parola. Fa una sintesi feroce traendo spunto dal rapporto sui Cpt messo in rete da «Medici senza frontiere» (www.msf.it): «Il sistema appare blindato: arrivo, centri di accoglienza, si o no all’asilo politico, Cpt, rimpatrio. Si vuole evitare il contatto tra queste persone “pericolose” e la cittadinanza».
Dito puntato anche sul fatto che il nuovo Cpt di Bari sia a uno sputo dalla Cittadella della Finanza, costruito su progetto dell’Aeronautica militare e a un passo dalla roulottopoli dell’aeroporto militare di Palese. E cioè «invisibile, lontano dal centro abitato, vicino ai siti militari e di polizia». «Un ghetto in un quartiere trattato ancora da ghetto», dicono loro, i ragazzi di terza media della «Lombardi». Il preside, Ugo Castorina, apre la pista: «L’arameo errante della Bibbia» induce a costruire «una società civile senza confini, senza barriere». E loro, gli alunni? F. C.: «Sono sempre esiste le migrazioni, ma perché fermare così gli immigrati?». D. C.: «Sono persone. Invece abbiamo ascoltato che vengono trattati da animali». A. D. S.: «Abbiamo fatto una ricerca e abbiamo scoperto che la gran parte degli immigrati sono costretti a lavorare in nero e come schiavi». I. C.: «Come reagiremmo se anche noi italiani che emigriamo finissimo in questi centri?». R. D. G.: «Hanno fatto il Cpt su Lama Balice, invece di migliorarla la peggiorano». G. B.: «Serve protestare? Sì. Certo che parteciperei ad altre manifestazioni».
E se ci fosse qualcuno che avesse da ridire su una manifestazione così all’interno di una scuola e davanti agli studenti, le «prof» avrebbero subito da ribattere. «In classe facciamo percorsi didattici sui temi dell’immigrazione. E non abbiamo certo bisogno di visibilità visto che questa è una scuola costretta a rispedire indietro le richieste di iscrizione», dice Anna Muschietiello.