Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 2 luglio 2004

Cap Anamur, profughi in alto mare di Cinzia Gubbini

Bloccati, al limitar delle acque italiane. La nave Cap Anamur dell’omonima organizzazione non governativa tedesca non ha ottenuto l’autorizzazione a varcare le acque territoriali. Due motovedette della guardia costiera hanno vigilato, nel pomeriggio di ieri, che la nave con a bordo 37 profughi africani non oltrepassasse le dodici miglia da Porto Empedocle, in Sicilia, dove la Cap Anamur aveva chiesto di attraccare. «Sono ordini che arrivano dall’alto», si è limitata a dire la Capitaneria di porto, mentre la Marina militare respinge ogni responsabilità. Quello che doveva essere un viaggio della speranza si è trasformato in un caso politico, denunciando una volta di più che raggiungere le coste europee per i richiedenti asilo è cosa difficile, quasi impossibile. Come avevamo anticipato ieri, la Cap Anamur, che da anni si occupa di portare aiuti umanitari nelle zone di conflitto, aveva rintracciato il 20 giugno una piccola barca carica di persone e con il motore in panne tra la Libia e l’isola di Lampedusa, in acque internazionali. Aveva quindi raccolto i profughi, tutti uomini, e aveva deciso di aiutarli a compiere il loro viaggio: raggiungere l’Italia per chiedere asilo politico. Le 37 persone, infatti, dicono di provenire dal Darfur, la regione del Sudan soffocata da un conflitto interno che ha creato un’emergenza umanitaria gravissima, su cui recentemente ha lanciato l’allarme anche l’Onu. La Cap Anamur, insomma, si è trasformata nella prima «nave umanitaria» diretta verso l’Europa, issando la bandiera del diritto per le persone in fuga nella speranza di trovare protezione dove decidono di ricostruirsi una vita, senza rischiare la pelle.

Una novità che deve aver messo sul chi va là lo stato italiano. Dietro la negata autorizzazione alla Cap Anamur c’è il ministero dell’Interno, che per tutto il giorno, ieri, si è rifiutato di spiegarne le motivazioni. «Sono in corso accertamenti», fanno sapere. Poi, si riesce a capire che il Viminale è preoccupato di creare un precedente che potrebbe diventare difficilmente gestibile. Si attacca con le unghie e con i denti, quindi, al fatto che il luogo del «ritrovamento» dei profughi si trovava più vicino a Malta che non all’Italia, e oltretutto la nave nel suo viaggio (era partita dalla Germania per portare aiuti umanitari in Iraq) si è fermata nell’isola per alcune riparazioni. Spetta quindi a La Valletta far accedere i profughi alle procedure per richiedere il diritto d’asilo. Oltretutto, i trentasette uomini sono in discrete condizioni di salute – grazie all’infermiere presente sulla Cap Anamur – e quindi non si configura neanche la necessità di intervenire per un soccorso. Su queste basi, l’Italia volta le spalle a trentasette persone, nonostante si trovino su una nave che batte bandiera tedesca rischiando di creare, questo sì, un imbarazzante incidente diplomatico nel cuore dell’Europa.

«Non siamo certo criminali, chiediamo allo stato italiano di prendersi le sue responsabilità, è necessario trovare una procedura per il futuro che assicuri la possibilità per i profughi di chiedere asilo – fa sapere dalla nave Elias Bierdel, presidente della Cap Anamur – l’unica cosa che ci sta a cuore è questa, chiediamo protezione per queste persone, non possono essere respinte». Per questo, la Cap Anamur chiede alcune garanzie, come incontrare un avvocato, nonché un medico che possa accertare lo stato di salute dei sudanesi. «E il prima possibile – dichiara Bierdel a Peacereporter – perché abbiamo acqua e cibo solo per stanotte». La ong Cap Anamur ha già coinvolto sia l’Alto commissariato per i rifugiati delle nazioni unite che il governo tedesco.

E’ fastidioso, d’altronde, pensare a una nave europea bloccata a dodici miglia dall’Italia soltanto perché, a bordo, ha trentasette «clandestini», ospiti indesiderati.

Sulla banchina del porto per tutto il giorno hanno fatto la spola diverse organizzazioni della società civile da Emergency, al Cir, all’Osservatorio permanente sull’immigrazione di Agrigento, a Medici senza frontiere, al Tavolo miganti. La preoccupazione è che la filosofia di Schengen e i nuovi confini europei disegnati il primo maggio con l’ingresso di deci stati (tra cui Malta) contribuiscano a rendere sempre più difficile per le persone raggiungere l’Italia. La deputata di Rifondazione comunista Elettra Deiana ha intenzione di presentare un’interpellanza parlamentare: «Siamo di fronte al rischio di un grave degrado delle relazioni sociali. E’ assurdo che una nave civile, che fa del bene, con a bordo dei profughi non possa entrare in Italia, mentre nel porto di Taranto attraccano di prassi le navi militari degli Stati uniti».