Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Le detrazioni fiscali per i figli a carico di lavoratori extracomunitari

Si vuole di seguito dare conto di una recente circolare relativa alle detrazioni fiscali per i figli a carico di lavoratori stranieri.
Si tratta di un argomento su cui ci siamo intrattenuti in più occasioni perché di carattere estremamente pratico, considerato che interessa quasi tutti i lavoratori immigrati soprattutto se si considera che le cosiddette detrazioni fiscali per i familiari a carico costituiscono una risorsa economica.
In altre parole, tutti i redditi – dunque anche gli stipendi – , sono tassati e il datore di lavoro (c.d. sostituto d’imposta) è tenuto a trattenere le imposte e a versarle direttamente allo Stato. Si precisa però che le imposte sul reddito sono ridotte nel caso si tratti di persone – cittadini stranieri e italiani – che abbiano dei familiari a loro carico.

Questa situazione permette di ottenere un rimborso d’imposta, o meglio una compensazione tra le imposte che sono già state trattenute e quelle che invece sono dovute in misura inferiore grazie appunto a queste cosiddette detrazioni.
Esempio pratico: l’art 13 del Testo Unico sui Redditi (Decreto del Presidente della Repubblica, 22 dicembre 1986 n. 917 – Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR) dispone che dall’imposta lorda già trattenuta sulla busta paga (cioè dall’importo delle tasse sui redditi lordo dovuto dal contribuente e già trattenuto dal datore di lavoro) è previsto il rimborso (conguaglio) per € 285,08 per ciascun figlio, compresi naturalmente i:
. figli naturali, ossia i figli nati fuori dal matrimonio;
. figli adottivi;
. figli affidati o affiliati.
Si comprende altresì ogni altra persona convivente con il contribuente non solo in Italia, ma anche nel paese d’origine.

Quindi sia i figli che gli altri familiari conviventi nel Paese d’origine possono essere presi in considerazione utilmente per far valere le detrazioni fiscali. Si precisa inoltre che l’importo di € 285, 08 di cui sopra è peraltro elevato – quindi aumenta la detrazione -, in ragione del livello di reddito e del numero di figli del lavoratore. Ne discende che più numerosa è la famiglia e più basso è il reddito del lavoratore, più elevato sarà l’importo della detrazione. Ciò si traduce in pratica in soldi puliti che ritornano nelle tasche del lavoratore. Giova precisare che non ne deriva alcun aggravio per il datore di lavoro che non ha in tali casi un maggior costo del lavoro.

Fatte queste necessarie premesse, si evidenzia che l’unico problema, peraltro già rilevato, che si è posto a questo riguardo con l’ultima legge finanziaria, è quello che si è previsto che, per far valere le detrazioni per i familiari a carico, residenti nel paese di origine, non basta più fare la semplice dichiarazione, ma è necessario anche documentare il rapporto familiare con certificati rilasciati dalle autorità del paese di origine tradotti e legalizzati presso la competente sede del Consolato italiano. L’art. 21, comma 6 bis, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, ha infatti previsto che “a fini di controllo, il diritto alla deduzione per i figli a carico di cittadini extracomunitari è in ogni caso certificato nei confronti del sostituto d’imposta dallo stato di famiglia rilasciato dal comune, se nella relativa anagrafe i figli di tali cittadini sono effettivamente iscritti, ovvero da equivalente documentazione validamente formata nel paese d’origine, ai sensi della legge ivi vigente, tradotta in italiano ed asseverata come conforme all’originale dal consolato italiano nel paese d’origine”.
Tale procedura comporta ovviamente un aggravio in termini di adempimenti amministrativi, con inevitabile tempo perso in coda presso le ambasciate e un evidente disagio per gli interessati, o meglio, per i loro familiari che si trovano ancora nel paese d’origine e che dovranno farsi carico del previsto adempimento.

Nonostante le rilevate complicazioni, si precisa che vale comunque la pena di coltivare il diritto alle detrazioni per i familiari a carico perché il vantaggio economico è di tutta evidenza.

Con la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 22 dell’8 giugno 2004 è stata introdotta una importante novità.
Nella sopraddetta circolare viene infatti precisato che per i redditi relativi all’anno 2003 nel momento in cui i lavoratori dovranno predisporre il CUD (Certificato della dichiarazione dei redditi) non sarà ancora necessario documentare i rapporti di famiglia con i certificati tradotti e legalizzati presso i consolati. Ne discende che per l’anno 2003 – dunque per le dichiarazioni dei redditi che si stanno facendo in questo periodo – sarà ancora sufficiente fare una semplice dichiarazione, quale è prevista agli articoli 13 e 14 del T.U. delle Imposte sui Redditi, ove il lavoratore contribuente dichiara:
di avere diritto alle detrazioni fiscali, indicando le generalità dei familiari per i quali intende far valere questo diritto e dichiarando di comunicare tempestivamente le eventuali variazioni;
se intende fruire al 100% delle detrazioni o se invece intende usufruirne in percentuale diversa a fronte dell’esistenza di redditi di altri familiari che possono avvalersi a loro volta delle detrazioni fiscali.

Si precisa che generalmente la situazione tipica del lavoratore immigrato che si trova in Italia con tutta la famiglia che vive nel paese d’origine, permette di far valere la detrazione al 100% nella misura massima indicata.
Nel caso in cui i familiari siano invece legalmente residenti in Italia sarà possibile documentare la situazione con i certificati rilasciati dalle competenti autorità italiane; dal Comune di residenza sarà pertanto rilasciato il certificato di stato di famiglia che permetterà di utilizzare le detrazioni fiscali.

Il consiglio che possiamo dare agli interessati – oltre ad utilizzare il più possibile questo diritto che è di tutti i lavoratori – è quello di fornire indicazioni ai propri familiari in patria affinché si organizzino per tempo a predisporre i certificati necessari in vista della dichiarazione dei redditi del prossimo anno.
Ricordo che chi non avesse fatto valere questo diritto nemmeno per l’anno precedente potrebbe chiedere (con la dichiarazione dei redditi di quest’anno) di recuperare le detrazioni anche per l’anno precedente.