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Diritto di voto: un parere del Consiglio di Stato apre la strada all’estensione dei diritti

Intervista a Giuseppe Caccia, assessore ai Servizi sociali del Comune di Venezia

In risposta alla richiesta della Regione Emilia Romagna, il Consiglio di Stato, con il parere 8007/04 , ha riconosciuto ai cittadini stranieri residenti il diritto di voto attivo e passivo nelle circoscrizioni comunali.
Il Comune di Forlì aveva, infatti, nel 2001 apportato alcune fondamentali modifiche allo statuto comunale estendendo il diritto all’elettorato nei Consigli Circoscrizionali agli stranieri residenti. Tale disposizione è stata, però, sospesa nel gennaio del 2004 da una circolare del Ministero dell’Interno in cui si ribadisce che l’attuale legislazione consente agli stranieri residenti in Italia di costituire “Consulte” con compiti propositivi verso le amministrazioni locali, ma non contempla il diritto al voto , neanche nelle circoscrizioni e che, anzi, una simile estensione sarebbe in contrasto con la Costituzione, che riserva le funzioni politiche solo ai cittadini italiani.

Il parere del Consiglio di Stato ha ribaltato quest’orientamento, aprendo così un’ulteriore breccia nella strada del pieno riconoscimento dei diritti ai cittadini migranti intrapresa ormai da diversi Comuni italiani, come ad esempio Venezia.
Abbiamo chiesto un commento all’assessore Giuseppe Caccia.

Domanda: Quanto può essere utile il parere del Consiglio di Stato ai comuni che intendono modificare lo statuto?

Risposta: Ho avuto modo di leggere e studiare in questi giorni il parere del Consiglio di Stato in merito al quesito, che era stato posto dalla regione Emilia Romagna, sull’ammissibilità all’elettorato attivo e passivo dei residenti stranieri extracomunitari nelle circoscrizioni comunali.
Anticipando scelte approntate negli ultimi anni da altri Comuni italiani, il 9 aprile del 2001, quindi oltre 3 anni fa, il Consiglio Comunale di Forlì approvava una modifica allo Statuto del Comune, prevedendo l’estensione dell’elettorato dei Consigli Circoscrizionali – di cui all’art.8 del T.U. sull’ordinamento degli Enti Locali – ai cittadini stranieri residenti. Nel frattempo, però, il 12 gennaio del 2004, lo stesso Consiglio Comunale sospendeva l’applicazione della norma e, quindi, di fatto non gli dava seguito, poiché vi era stato un intervento contrario in questi sensi, ossia la famosa circolare del Ministero degli Interni; la stessa Prefettura di Forlì-Cesena, sempre nel Gennaio di quest’anno, ribadiva la sua contrarietà all’allargamento dell’elettorato ai cittadini stranieri nell’ambito delle circoscrizioni.
Il Consiglio di Stato, che è la seconda istanza, è l’istanza d’appello rispetto al parere del Tribunale Amministrativo Regionale, ha deciso di dare ragione, invece, alla scelta fatta originariamente dal Comune di Forlì. Ha deciso, quindi, che i Comuni possono estendere, attraverso lo strumento dello Statuto, l’elettorato attivo e passivo, per quanto riguarda i Consigli di Circoscrizione, anche agli stranieri residenti. Lo fa attraverso un passaggio estremamente importante, che è quello relativo alla definizione di popolazione e partecipazione popolare all’interno di un Comune.
Il T.U. di Legge che riguarda la vita degli Enti Locali, T.U. 267 del 2000, dice che gli organi di circoscrizione, cioè i Consigli di Quartiere, rappresentano le esigenze della popolazione, nell’ambito dell’unità del Comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo Statuto e dal Regolamento. Il precedente art.8, sempre del T.U. degli Enti Locali, dice che i Comuni, anche su base di quartiere o di frazione, promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale.
È molto interessante, da questo punto di vista, l’interpretazione che il Consiglio di Stato dà del termine “popolazione” e “partecipazione popolare”. Scrive il Consiglio di Stato: “Il termine ‘popolazione’, raccordato con il principio di ‘partecipazione popolare’ (…) implica chiaramente, nella sua onnicomprensività, che di questa popolazione locale, fanno parte tutti i residenti, cittadini italiani e non, ivi compresi cioè gli stranieri che, per ragioni di lavoro, vivono stabilmente nel territorio comunale e sono quindi pienamente legittimati, al pari dei cittadini, a far valere di fronte alle istituzioni le proprie particolari esigenze, connesse con il loro radicamento nel territorio”.
È un riconoscimento anche dal punto di vista giuridico estremamente importante, perché inizia a dare corpo, e anche sostanza dal punto di vista legislativo, a quell’idea di cittadinanza di residenza (come a noi piace chiamarla) o di cittadinanza civile (come la chiama la più recente risoluzione del Parlamento europeo), che inizia ad individuare con precisione un ampliamento della sfera dei diritti di cittadinanza e quindi di tutti i diritti, quelli economico-sociali così come quelli civili e politici, all’insieme delle donne e degli uomini che risiedono in un determinato territorio indipendentemente dalla loro origine, indipendentemente dal fatto che siano o meno cittadini italiani.
È questo un passaggio di civiltà, un passaggio che sta alle spalle, a fondamento della battaglia per il diritto all’elettorato attivo e passivo, quantomeno all’elezione di Sindaco e di Consiglio Comunale, per i migranti che vivono all’interno del nostro territorio. Su questo secondo punto, come si può immaginare, il Consiglio di Stato non si pronuncia, in parte perché questo non gli era stato richiesto dal quesito della Regione Emilia Romagna, in parte anche perché, in alcuni aspetti, il parere del Consiglio di Stato continua a sposare la teoria per cui ci sarebbe una riserva di carattere costituzionale intorno alla possibilità di riconoscere il diritto all’elettorato attivo e passivo all’interno dei Comuni attraverso una semplice, si fa per dire, modifica degli Statuti Comunali.
Al di là del fatto che questo nodo non entra esplicitamente all’interno del Consiglio di Stato, tuttavia, questo pronunciamento rappresenta un riconoscimento estremamente importante e una prima parziale, parzialissima, vittoria sulla strada di questa lunga battaglia che, alcuni Comuni italiani, grandi e piccoli, Venezia e Genova tra i primi, stanno conducendo per il riconoscimento del diritto alla partecipazione, alla rappresentanza politica su base locale, dei Nuovi Cittadini migranti che vivono nei nostri territori.