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da La Repubblica del 14 dicembre 2004

In ospedale per abortire, è record per le donne straniere

MILANO – Sempre più immigrate entrano in ospedale per abortire. Perché per molte, soprattutto per le donne africane, l’ interruzione di gravidanza è considerata un metodo di contraccezione. Ma anche per disperazione, perché sono arrivate in Italia da troppo poco tempo, come le ragazze dell’ Europa dell’ Est. O per povertà, perché non ce la fanno nemmeno a mantenere se stesse, come accade a molte sudamericane che lavorano nelle famiglie come colf. In Lombardia, il 22,4 per cento degli aborti riguarda donne straniere, con un aumento in un anno del 2,2 per cento.

I dati sono dell’ Ismu, la fondazione di studi sull’ immigrazione, che lancia l’ allarme: «La crescita degli aborti è preoccupante. è necessario che le strutture sanitarie regionali pensino a interventi di educazione alla salute per popolazioni che utilizzano l’ aborto prevalentemente come strumento di contraccezione». Una concezione diversa del rapporto con la medicina, quello di molte straniere. A cominciare da quelle di origine africana: «In molti casi – spiegano i ricercatori della fondazione – arrivano al momento del parto senza essersi mai fatte visitare. Per questo, salgono le gravidanze a rischio e aumentano i tagli cesarei: il 35,6 del totale di quelli che riguardano immigrate, interessa le africane». Problemi che si trasferiscono anche ai neonati: i figli delle ragazze dell’ Africa subsahariana che nascono sani sono poco più del 50 per cento. (r. c.)