Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 15 marzo 2005

Il movimento riparte da via Corelli

MILANO – Via Corelli? Del centro di detenzione per stranieri senza permesso di soggiorno, a Milano, si erano perse le tracce. Non ne parla più nessuno. Là dentro, fiore all’occhiello della nuova penalità speciale riservata agli stranieri, il tempo sembra essersi fermato. Anche la cortese efficienza del capitano della Croce Rossa Cappelletti – sempre lui – è sempre la stessa. La macchina delle espulsioni funziona a meraviglia. Senza intoppi. Le storie che si ascoltano – ma sono sempre selezionati gli stranieri da esibire ai rari colloqui – dicono di persone disperate o tristi, rassegnate o allibite. Una donna ucraina piange. Un nigeriano cui hanno rubato i documenti non riesce a capire perché un controllo a Roma non gli è costato la libertà e uno a Milano sì. Un transessuale brasiliano sarebbe disposto a pagarsi il viaggio di ritorno e invece è costretto a due mesi di prigione…E’ sempre desolato chi riesce a visitare il blindatissimo cpt di Milano. «Ti guardi intorno e ti accorgi che è un luogo impenetrabile, è peggio di un carcere», dice Rosa Piro, la mamma di Dax, il ragazzo ucciso da alcuni fascisti il 16 marzo 2003.

Insieme a Rosa Piro, i militanti di diversi centri sociali e gruppi antirazzisti (Ya Basta, Orso, Pacì Paciana, Cantiere, Vittoria…) ieri hanno voluto ripartire proprio da via Corelli per rilanciare il tema dei diritti dei migranti, «e per far rivivere Dax perché è una delle battaglie cui lui si dedicava con più passione». Non è un caso se il frammentato movimento milanese in queste settimane ha voluto individuare la centralità della questione immigrazione per rimettersi in moto. E non è un caso se per alcuni militanti anche l’esperienza del carcere (domani a Genova è attesa la sentenza per due ragazzi dell’Orso) è stata decisiva per conoscere il livello di repressione che colpisce gli stranieri. Per questo, in una fase in cui a Milano nessuno si nasconde quanto sia difficile mobilitarsi, la giornata di sabato prossimo ha trovato uno sbocco spontaneo lungo la strada che porta in via Corelli. Lì confluirà il corteo che partirà alle 14,30 da piazzale Susa, con ritrovo mezz’ora prima davanti al Vittoria, il centro sociale che dieci giorni fa è stato distrutto da un raid fascista. Perché l’antifascismo, in un periodo in cui i centri sociali di mezza Lombardia sono presi d’assalto dall’estrema destra, a Milano oggi agisce da collante ma tenta anche di aprirsi ad altre tematiche su cui da troppo tempo la cosiddetta «società civile» segna il passo.

In questi giorni, nei mercati, nei call-center, nei parchi – quasi stupiti per la straordinaria vivacità delle comunità straniere che abitano Milano – i militanti dei centri sociali hanno coinvolto gli immigrati. L’obiettivo è portare loro in piazza per un concerto davanti al cpt. Chiederne la chiusura oggi è ancora un dovere, tanto più che dovrebbe essere l’Unione a farsi carico del problema, se ancora valgono le parole di Prodi quando venne al Palalido di Milano per dire, tra le altre cose, che il governo Berlusconi umilia gli stranieri.