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da Il Manifesto del 4 giugno 2005

Navi in Libia, semaforo verde dell’Ue

BRUXELLES – Unione europea e Libia provano ad andare a braccetto nella lotta all’immigrazione illegale con un piano di cooperazione costato mesi di discussione e molti bruciori di stomaco per l’inaffidabilità sempre affiorante del partner Gheddafi. Alla fine è passata la linea italiana (e maltese) del collaboriamo comunque, tanto che già tra pochissimi giorni una delegazione della Commissione europea si recherà in Libia per una missione esplorativa, in pratica per parlare con il regime di Gheddafi e gettare le basi di una più ampia intesa. Del lotto in progettazione fa parte la formazione di personale amministrativo e di frontiera, il controllo delle acque tramite la creazione di «un’unità operativa temporanea dell’Ue» con «navi ed aerei» degli stati membri e pure i famosi, e discussi, centri per i rifugiati. L’Europa chiede in cambio a Tripoli un impegno preciso per il rispetto dei diritti umani, un impegno che passa attraverso la firma della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, la collaborazione con l’Acnur, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati e l’adesione piena al processo di Barcellona, il tavolo di dialogo e cooperazione tra le diverse sponde del Mediterraneo.

Ben inteso si inizia a collaborare comunque, e se poi Gheddafi firma, allora si collaborerà di più. L’ostacolo maggiore per la buona riuscita dell’operazione è però un altro, anzi sono sei: cinque infermiere bulgare ed un medico palestinese, condannati a morte dal tribunale di Bengasi in quanto accusati di aver infettato con il virus dell’Aids alcune centinaia di bambini. La sentenza definitiva era attesa in questi giorni, ma, con una nuova felice intuizione, è stata spostata al 15 novembre in modo da non mettere in pericolo l’accordo con la Ue. Infatti ieri i 25 hanno chiaramente indicato che si parte subito con la cooperazione: «Sarebbe irresponsabile attendere novembre, c’è gente che muore nel Mediterraneo», ha affermato Jonathan Faull, direttore generale per Giustizia, libertà e sicurezza della Commissione (l’uomo sotto Frattini).

L’Italia raccoglie un successo pieno visto che alla fine passano pure due sue proposte che inizialmente poco convincevano i partner comunitari. La prima – appoggiata anche da Spagna e Malta – riguarda la condivisione degli oneri finanziari, un’idea a cui si erano fin qui opposte Francia, Germania e Svezia e che ieri ha invece convinto tutti. Adesso l’accordo di cooperazione con la Libia fa a tutti gli effetti parte della strategia dell’Aja sulla sicurezza interna e come tale va pagato con denaro comunitario, anche se manca ancora un bilancio dei costi. «Gli stati membri – commenta Faull – sanno che il dramma dei clandestini non è problema italiano, maltese o spagnolo ma di tutta l’Europa. Perché le destinazioni preferite dei clandestini non sono necessariamente Lampedusa o Malta, ma l’intero spazio Schengen».

La seconda proposta di Pisanu comprende l’invito alla Libia a collaborare con i suoi vicini e la faccenda ben più spinosa dei rimpatri degli immigranti illegali. Da ieri queste espulsioni potranno essere pagate con soldi comunitari ma nella piena garanzia del rispetto dei diritti fondamentali, cosa che però nei voli da Lampedusa non è sempre avvenuta, come ha riconosciuto una sentenza della Corte dei diritti umani di Strasburgo.

E così l’Europa parte a collaborare con la Libia, in un accordo che adesso Germania e Danimarca, inizialmente freddine, vorrebbero estendere a tutti i partner del Mediterraneo. Unica incognita, quella di sempre: cosa farà Gheddafi? A cominciare dal processo del 15 novembre. Per allora, a sentenza recitata, è prevista la prima verifica del progetto tra i 25.