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Reggio Emilia – Operazioni antiterrorismo

I Senza Volto denunciano la criminalizzazione dei migranti arabi

Le operazioni anti-terrorismo hanno visto e vedono tutt’ora coinvolta la
città di Reggio Emilia. Queste operazioni consistono nel controllo di
call-center, internet-point e punti di aggregazione frequentati da
migranti arabi. Come si legge dai giornali il risultato è stato quello
di identificazioni di migranti senza documenti (i cosidetti clandestini)
e conseguente espulsione, e arresti per chi già aveva una precedente
espulsione. Sembrerebbe quasi di leggere fra le righe che il clandestino
è un terrorista!
Questo però è soltanto ciò che leggiamo e apprendiamo dai giornali, la
facciata pubblica, il resoconto che le forze dell’ordine fanno ai
cittadini reggiani del loro operato. Una cronaca che non tiene, o non
vuol tenere in considerazione l’altra parte della medaglia: gli
invisibili. Gli invisibili sono loro, quelli che non hanno il permesso
di soggiorno e per questa colpa sono costretti a nascondersi, a non
farsi vedere, a scappare. Per questo hanno paura ad andare dal
medico quando ne avrebbero bisogno e il diritto di parola e di far
sentire la propria voce gli viene negato. Semplicemente non e sistono
perchè non gli è stato assegnato un numerino. Sono loro, le donne che
accudiscono i nostri “nonni”, i muratori che fanno le nostre case,
quelli che puliscono le nostre macchine all’autolavaggio, o chi
semplicemente ha scelto di vivere in un altro paese. Non hanno il
permesso di soggiorno e per questo il loro stipendio può essere più
basso, le loro ore di lavoro possono essere di pù, ci si può concedere
di deriderli, loro non possono alzare la testa, sono gli schiavi moderni.
Non hanno il numero ma si portano dentro delle storie. Molte assistenti
famigliari hanno marito e figli nel paese di origine, i migranti hanno
parenti, genitori che vivono lontano. Sarebbero cose scontate da
capire, se tutti pensassimo che sono persone e non solo forza lavoro.
Allora che cosa è successo a queste persone che vivono a Reggio Emilia,
considerata una delle città più accoglienti di Italia, durante le
operazioni anti-terroristiche?
Come abbiamo letto dai giornali alcune sono state espulse, certamente
nessuno ci ha raccontato la propria storia, che magari erano scappati dalla
miseria o dalla guerra e che quindi abbiamo firmato la loro condanna a
morte.
Altre sono finite nei CPT, i moderni lager per migranti, le carceri
speciali, strutture che servono ad arricchire chi le gestisce, come ad
esempio la confraternita “Misericordia” e la Croce Rossa. Altre ancora
sono state arrestate, si trovano alla Pulce di Reggio Emilia. Qual’è il
motivo del loro arresto? Non erano rimpatriate dopo aver ricevuto
l’espulsione.
Chi è stato più fortunato è riuscito a scappare e vive nella paura che
tutte le volte che proverà a mettersi in contatto con la moglie, o la
madre malata potrà essere “pizzicato”(termine utilizzato frequentemente
dai quotidiani locali). E per questo riduce al minimo il contatto con
il paese di origine perchè diventa ormai troppo rischioso.
Ma tutto questo garantisce la sicurezza al cittadino reggiano?
Rendere sempre più difficile, faticosa e piena di paura la vita dei
nostri fratelli e delle nostre sorelle migranti ci garantisce sicurezza?
Non è forse che la criminalità viene alimentata dal clima di paura? Una
persona che vive una vita degna è sicuramente meno portata a
comportamenti devianti.
Quello che succede a Reggio Emilia rientra perfettamente nella logica
della politica del controllo sociale. Quello che stupisce di più è la
non presa di posizione da parte delle nostre istituzioni locali e da
nessuna forza politica (ricordiamo che qui a reggio Emilia la giunta è
di centro-sinistra), da parte di associazioni e di singoli cittadini che
fra silenzio e assenteismo avvallano queste operazioni e legittimano
leggi vergognose. Se continuiamo a stare zitti saremo complici di questa
vera e propria “caccia alle streghe” e di tutto ciò che comporta:
rimpatri forzati, quindi condanna a morte, CPT, quindi lager per
migranti, arresti, quindi carcere come discarica sociale.
La politica del “chi tace acconsente” ha portato il nostro paese al
ventennio fascista. Reggio Emilia città antifascista per eccellenza non
può rimanere in silenzio di fronte a tanta vergogna. Essere antifascisti
oggi significa essere antirazzisti. L’antirazzismo si pratica non solo
nelle grandi manifestazioni ma anche nel quotidiano e prendere posizione
rispetto a quello che succede nella nostra città è per noi un grande
gesto antifascista.
Per questo chiediamo a istituzioni, forze politiche, associazioni e
cittadini di far sentire la propria voce.

Senza Volto, Reggio Emilia