Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

tratto da CittàMeticcia, dicembre 2005

Politica, o la passione per i diritti

La “cosa pubblica” vista da chi non può votare ed è costretto a rimanere ai margini

«All’inizio facevo fatica a capire la politica italiana» racconta Mohamed, d’origine magrebina, arrivato nel nostro paese 15 anni fa, dopo aver finito gli studi superiori con il grande sogno di frequentare un’università italiana. «Non conoscevo la storia, sentivo sempre parlare di “mafia” e “Prima repubblica”… parole che non avevano un significato per me. Sono passati più di 10 anni da allora, lavoro come operaio in una ditta; da 10 anni sono iscritto al sindacato, prima ho seguito attentamente la politica del posto dove lavoro, da quello che riguardava le condizioni igieniche alla sicurezza, così ho capito quanto è importante sapere chi sono i nostri governanti, le leggi che cambiano… mi domando: verrà il giorno in cui io posso contribuire con il mio voto a fare un’Italia migliore?»
Siamo ormai un paese multiculturale: le ondate migratorie ci hanno portato migliaia di lavoratori che contribuiscono attivamente alla vita economica e sociale del paese. Ma non a quella politica, da cui sono esclusi: la legge non garantisce loro uno dei diritti ritenuti fondamentali e universali in ogni democrazia, il diritto di voto. Una privazione di cui molti soffrono, anche perché condividono l’interesse per la politica e la consapevolezza del ruolo del cittadino in una repubblica parlamentare. Interesse e consapevolezza che si spiegano grazie anche all’alto grado di scolarità di molti stranieri che lavorano in Italia. L’ultimo rapporto della Caritas sull’immigrazione parla di un 12,1% di laureati tra i quasi 3 milioni di immigrati regolari in Italia, di un 27,8% di diplomati, di un 32,9% provvisti di Licenza Media; percentuali più alte rispetto a quelle degli italiani, rispettivamente del 7%, 25,9% e 30,1%.
«è frustrante trovarmi senza il diritto di poter votare – dice Amal, marocchina – sono dieci anni che sono in Italia, faccio la barista (a dispetto dei miei sogni di laureata in economia), ho sempre lavorato in regola, quindi pago le tasse, ho un conto in banca, pago un affitto molto alto perché sono straniera, partecipo in un gruppo sociale d’aiuto alle famiglie con componenti disabili, tutti i miei interessi sono qui… allora perché non posso eleggere le persone che comunque decideranno sul mio destino?»
Provenienti da situazioni politiche molto diverse nei rispettivi paesi di origine, che fossero in guerra o governati da una dittatura o in regime di democrazia, molti stranieri hanno imparato sulla propria pelle a cosa possono portare la conflittualità della politica, le ingiustizie, la corruzione.
E molti, nel paese d’arrivo, cercavano anche un riscatto dei propri diritti. Per questo sono spesso critici verso la situazione che si trovano a vivere: «Da piccolo – racconta Manuel, ingegnere cileno in Italia da 25 anni – ho assistito a una grande ingiustizia: alcuni operai in sciopero manifestavano pacificamente contro il governo quando sono arrivati dei carri armati che hanno sparato sulla folla e ci sono stati diversi morti. Ero così arrabbiato. Allora mio nonno, un uomo saggio e coraggioso, mi fece capire che da grande avrei potuto cambiare le cose votando per persone meritevoli, che avrebbero dato voce alle vittime delle ingiustizie e avrebbero alzato una barriera di pugni per non far passare leggi che ledono i diritti dei più deboli. Cosa penso adesso? Che sono grande e non ho voce… sì, ci sono tanti pugni alzati, ma sono tutti contro di noi, colpevoli di stare in un paese che ha avuto la fortuna di aver sviluppato la tecnologia; il mio paese è colpevole di essere ricco di materie prime, così viene sfruttato senza possibilità di crescita e noi ci vediamo costretti a emigrare, paradossalmente seguendo la nostra materia prima… Saprei bene per chi votare – continua Manuel – il problema è che lo sanno anche quelli per i quali io non voterei mai, sono loro che non ci permettono di accedere alle urne».
Nel nostro viaggio di ascolto dei nostri concittadini stranieri ci fermiamo in un cantiere edile nella pausa caffè…
«Non potevo votare nel mio paese, non posso votare neanche qui – si lamenta Julian, arrivato dalla Lituania da pochi anni – non ho vissuto mai in una vera democrazia. Per me l’Italia è un paese in cui il lavoro mi permette di mangiare e dare da mangiare alla mia famiglia, niente di più». «Votare? – interviene un ragazzo albanese – non mi interessa. Sono venuto in Italia perché nel mio paese non trovavo lavoro; ho una famiglia da mantenere, lavoro dalla mattina alla sera, non riesco a seguire un telegiornale, non ho soldi per comprare i giornali, non so cosa succede non solo in Italia, ma nel mondo.»
«Non sono d’accordo – ribatte l’amico, Bayron, macedone, approdato da 5 anni in Italia, dopo essere stato in Germania, Francia, Egitto. – C’è sempre tempo per capire. Bisogna leggere, anche se leggiamo il giornale del giorno prima, o dobbiamo rinunciare a mangiare carne per un giorno per comprarci un libro. È importante sapere il perché delle cose se non per noi, per i nostri figli. Se non sappiamo le cose, come facciamo a educarli nel modo giusto?»
La discussione si fa più infervorata. «È sbagliato pensare che la politica non ci riguarda – continua Byron – Noi viviamo qui, lavoriamo, mandiamo a scuola i nostri figli, quando possiamo ci compriamo la casa e allora dobbiamo anche noi decidere per il futuro di questo paese! Giorni fa ho sentito un politico dire che non gli importava se nella sua squadra di calcio erano tutti extracomunitari senza permesso di soggiorno, purché vincessero il campionato; io ho pensato che molti politici ci usano. A loro non importa in che condizioni lavoriamo, se siamo assicurati o se corriamo dei rischi, a loro basta che siamo produttivi. Allora, io voglio votare. E so anche per chi!»
Impossibile non augurarsi che anche a questi cittadini, stranieri per il passaporto ma italiani nel cuore, venga riconosciuto un diritto fondamentale come quello del voto. Anche perché è chiaro che molti di loro, di politica, la sanno lunga…


CittàMeticcia
Il giornale delle immigrazioni a Ravenna
Redazione:
[email protected]
www.racine.ra.it/meticcia