Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Bologna – Prima commissione pubblica sul CPT in Comune

Incontro fra le reti antirazziste di Bologna e i Consiglieri comunali

In seguito all’irruzione di lunedì scorso in Consiglio Comunale da parte degli attivisti dei centri sociali e dei collettivi universitari bolognesi per chiedere all’amministrazione locale di esprimersi in maniera netta contro il CPT di via Mattei, si è tenuta martedì 17 ottobre la prima Commissione di Indagine Conoscitiva sul CPT di Via Mattei a Palazzo D’Accursio.
All’interno di questa Commissione le reti antirazziste bolognesi – attivisti del Tpo, Crash, Passepartout, Mao e Rete Universitaria – hanno ribadito, sedendosi al tavolo della Commissione, la necessità di chiudere immediatamente la struttura di Via Mattei, ricordando sia le sofferenze e le tragedie che quel centro ha prodotto dal 2002 ad oggi, sia le numerose iniziative di protesta che si sono susseguite al suo interno e al suo esterno.

I rappresentanti dei movimenti hanno chiarito il netto rifiuto ad ogni ipotesi di presunta umanizzazione del CPT, bocciando in tal modo le proposte di nuovi centri di permanenza elaborate dal Ministro Amato nelle Note per la modifica del Testo Unico sull’Immigrazione.
Nel corso degli interventi i rappresentanti dei centri sociali hanno ricordato alcuni momenti della campagna elettorale del centro sinistra, citando e documentando con articoli di giornale le parole dell’allora candidato sindaco Sergio Cofferati che nel marzo del 2004 aveva dichiarato l’illegittimità dei CPT e la volontà di chisura di questo.
La maggioranza è stata accusata di non essersi espressa dopo la vittoria elettorale contro CPT Mattei in questi due anni e mezzo di legislatura e di avere anzi contribuito ad aumentare i trattenimenti nella struttura attraverso numerosi sgomberi delle baracche del Lungoreno voluti proprio dal sindaco Cofferati.

In Commissione gli attivisti hanno poi voluto approfondire il tema del diritto alla casa sul quale il Comune sta conducendo una campagna di repressione e criminalizzazione delle occupazioni proseguendo gli sgomberi di appartamenti dove abitano precari e famiglie anche migranti. L’intervento del collettivo Passepartout ha infatti evidenziato i passaggi discriminatori del T.U. sull’Immigrazione rispetto al diritto alla casa. Per i migranti ad esempio è sempre presente il rischio della perdita del permesso di soggiorno per mancanza di un alloggio (aumentano gli sfratti di migranti per morosità) o per la mancanza di un certificato di idoneità d’alloggio, senza considerare poi che l’accesso ai bandi per gli alloggi pubblici è limitato ai soli possessori di carta di soggiorno o di permesso almeno biennale. Per chi non riesce a soddisfare i requisiti sempre più irragiungibili, la conseguenza è l’espulsione dopo anni di soggiorno in Italia e dopo un periodo di detenzione nel CPT Mattei.

I collettivi ed i centri sociali hanno poi avanzato alcune richieste affinché termini l’ambiguità di Palazzo d’Accursio rispetto al CPT di Via Mattei:
– che i consiglieri chiedano ufficialmente al Ministero degli Interni la chiusura del CPT di via Mattei senza soluzioni alternative;
– che sottoscrivano la richiesta del Progetto Melting Pot ai Ministri Amato e Ferrero, sostenuta da decine e decine di amministratori e realtà che lavorano gomito a gomito con i migranti senza documenti per dare la possibilità, a tutti coloro che hanno fatto la richiesta di assunzione regolare tramite decreto flussi, di ottenere l’autorizzazione senza rientrare da clandestini nel proprio paese a ritirare un visto di ingresso.

La replica dei consiglieri si è concentrata principalmente
sull’autorizzazione del Ministero dell’Interno lo scorso settembre al Garante per le libertà personali dei detenuti ad accedere all’interno del CPT. Il Garante è stato nominato dal Comune di Bologna nel luglio 2005 ma solo nel settembre 2006 ha potuto effettuare il primo ingresso di monitoraggio all’interno di Via Mattei.

La Commissione ha fatto sì che per la prima volta nella sede di un’istituzione locale potesse essere messa a valore tutta la portata delle esperienze di critica e di analisi sul tema della detenzione amministrativa dei migranti accumulate dal 1998 ad oggi dalle reti antirazziste e contro la precarietà, dai movimenti radicali oggetto ancora oggi di una dura repressione giudiziaria.

[Ascolta ] l’intervento di Domenico Mucignat del TPO

[Ascolta ] l’intervento di Irene Elena del collettivo Passepartout