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da la Repubblica (Torino) del 9 gennaio 2006

“Gli stranieri? Arrivano sani”

Valpreda: luoghi comuni da sfatare sulle malattie

Arrivano sani, in Piemonte. Poi si ammalano: perché il clima è troppo freddo e loro non hanno da vestirsi, perché mangiano poco e male, perché lavorano in condizioni pericolose. Si ammalano insomma per le stesse ragioni che fanno sì che anche tra gli italiani i poveri abbiano una salute più precaria dei ricchi. Così Mario Valpreda, assessore alla sanità della Regione ha descritto ieri al ministro Paolo Ferrero il quadro dettagliato della situazione sanitaria degli immigrati in Piemonte.
«Una situazione complessa – ha spiegato Valpreda – perché complessa è l’immigrazione nella nostra regione. Abbiamo qui gente di 190 nazioni. E le situazioni sono diverse da zona a zona: in città come Torino e Vercelli c’è ormai una consuetudine alla convivenza. In altre come Alessandria e Cuneo o in aree rurali e collinari, il fenomeno è più recente e ad evoluzione tumultuosa». Tre sono i tipi di problemi sanitari più frequenti: «Quelli di importazione che dipendono cioè da caratteristiche ereditarie della popolazioni immigrate o legati a malattie endemiche nei paesi d’origine. Poi le malattie da adattamento, in particolare patologie psichiatriche. Infine quelle acquisite, qui». Il quadro di queste ultime è molto vario: «C’è un’alta frequenza di patologie dell’apparato respiratorio perché molti degli immigrati arrivano da paesi più caldi. E spesso non possono vestirsi adeguatamente o riscaldare a sufficienza le case». La scarsa igiene e la convivenza forzata è poi causa anche di altre malattie molto diffuse tra gli immigrati come la tubercolosi o le patologie sessualmente trasmesse. Così come l’alimentazione scarsa e poco sana causa patologie dell’apparato digerente, l’ulcera prima di tutto: qui però le cause si incrociano, dice Valpreda, con quelle psicologiche, con il disagio mentale che è causato dal brusco cambiamento di abitudini di vita.

Poi ci sono gli infortuni sul lavoro:
«Tanti, oltre 6 mila quelli che riguardano ogni anno extracomunitari in Piemonte – spiega Valpreda – di questi una ventina sono mortali». Incidenti che riguardano più chi proviene da Africa e Asia, che si trova ad affrontare, nell’edilizia, nella siderurgia, compiti del tutto nuovi a differenza di chi arriva dall’Est Europa che tende a fare qui lo stesso lavoro che aveva nel paese d’origine. E poi c’è la questione dell’assistenza: «L’80 per cento degli immigrati ha tra i 15 e i 65 anni. Ma gli anziani sono in aumento. C’è scarsa capacità spesso di accedere ai servizi sanitari per le difficoltà linguistiche e così via. Anche per questo, perché le mamme non si sottopongono a visite prenatali, tra gli immigrati è più alto il numero di bambini nati prematuri o malformati. E aumentano anche gli aborti volontari: tra le ragazze rumene, cinesi, peruviane, nonostante le loro culture sia tradizionalmente antiabortiste». Tutto ciò nonostante in Piemonte esistano ormai 12 centri Isi (informazione sanitaria immigrati) in cui passano ogni anno 50 mila persone, un sesto della popolazione immigrata.