Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da La Nuova Ferrara del 18 maggio 2007

Said racconta: così mi hanno pestato al Cpt

«Prima manganellate e calci, poi la foto-trofeo da spedire agli amici»

BOLOGNA. Pestato con i manganelli dai poliziotti, insieme ad altri ospiti del Cpt di Bologna, quindi dopo essere rimasto sul pavimento bagnato dal sangue messo contro un muro e di nuovo pestato a calci e manganellate: «Poi arrivarono altri due e uno mi dette un colpo con lo scudo in testa e lo scudo si ruppe. Quando ero con il volto sanguinante sono arrivati altri poliziotti che mi hanno fotografato col telefonino per mandare la mia immagine ai loro amici».

E’ la testimonianza di Said Imich, marocchino, al processo a quattro poliziotti accusati di lesioni aggravate per il presunto pestaggio di nove immigrati, dopo una rivolta nel Cpt di Bologna il 2 marzo 2003.

«Quando tutto cominciò pensai, l’Italia è un paese civile e in un paese civile i manganelli non si usano più. Ma mi sbagliai, subito dopo capii che si usavano ancora», ha detto Said, che – tra l’altro – nel giugno scorso era stato poi arrestato per inosservanza delle norme sull’immigrazione. Successivamente il suo arresto non era stato convalidato dal giudice e la Questura aveva emesso un nuovo provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale. Ma la Pm Silvia Marzocchi – che sostiene l’accusa al processo – aveva bloccato qualsiasi provvedimento di espulsione a carico dell’immigrato che è uno dei principali testi d’accusa, ascoltati ieri. Tra gli altri testi l’on.Katia Zanotti, che insieme alla collega Titti De Simone (Prc) visitò il centro di permanenza temporanea per stranieri di via Mattei a Bologna, 48 ore dopo il pestaggio e trovò ancora le tracce di sangue sui pavimenti e gli immigrati feriti. Furono loro a denunciare quanto accaduto. Ieri ha riferito ancora quello che vide. Rispondendo ad un difensore, comunque, ha detto che durante la visita non parlò con i poliziotti.

Secondo il racconto di Said tutto cominciò dopo che due immigrati ospiti del Cpt scavalcarono il cancello nel tentativo di fuggire. Vennero ripresi – secondo la testimonianza – e manganellati e poi portati nelle stanze della polizia da dove gli altri ospiti sentirono provenire della urla: «Allora alcuni di noi sono saliti sulla tettoia del centro, e da lì svitavano le lampadine dell’illuminazione e le lanciavano. Io ero con un altro gruppo dietro e a noi c’era un gruppo di romeni che cominciò a lanciare pezzi di grondaia. Dal nostro gruppo venivano lanciati immondizia, frutta e bottigliette d’acqua». Poi la situazione sembrò tornare alla calma. Circa mezz’ora dopo Said andò verso la stanzetta del caffè e vide arrivare i poliziotti in assetto antisommossa. Si chiuse dentro la stanzetta dove c’erano altri sei-sette immigrati: «Ad un certo punto uno di noi da dentro disse ‘ispettore, non c’è bisogno che sfondi la porta. La apriamo e ne parliamo’. E lui rispose: ‘Lasciatale chiusa. Io la sfondo e poi sfondo voi’. Entrarono e cominciò il pestaggio». «Un agente passeggiava con il telefonino in mano e diceva ‘Chi è il più bello?’. Si è fermato e mi ha fatto una fotografia. Ero pieno di sangue per le ferite. Mi venne rotto anche un dito della mano. Ma solo all’indomani mi portarono in ospedale».