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L’Italia recepisce finalmente la Direttiva sul rilascio del pds CE ai titolari di protezione internazionale. In vigore dall’11 marzo

Il testo del decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale

Con un ritardo ingiustificabile l’Italia ha recepito nel suo ordinamento la Direttiva 51/CE/2011. La data ultima per il suo recepimento era lo scorso 20 maggio 2013. Da quel momento però la direttiva ha comunque operato proprio per gli obblighi sottoscritti dall’Italia in base agli accordi europei che introducono il principio del self executive.
Moltissime domande sono arrivate alle Questure che però hanno risposto nelle maniere più disparate.

Ora, con l’entrata in vigore del D.lgs n. 12 del 13 febbraio 2014, operativo dall’11 marzo, viene fatto ordine all’interno del Testo Unico Immigrazione.

Le modifiche riguardano gli articoli 9 e 9 bis ed introducono appunto la possibilità, per i titolari di protezione internazionale, di chiedere il rilascio del permesso di lungo periodo di durata illimitata, che consente la circolazione ed il soggiorno in altri Stati europei a seconda delle condizioni previste da quest’ultimi.

Il tema della circolazione europea di migranti e rifugiati è al centro di un acceso dibattito da lungo tempo. Le regole imposte dai regolamenti di Schengen e Dublino (anche nella sua ultima versione), si configurano come ostacoli insormontabili, sia pe rla realizzazione dei progetti di vita dei migranti, che per le capacità di alcuni stati, Italia in primis, di rendere efficaci i loro percorsi di inserimento (senza dimenticare le colpe del sistema italiano).
Il recepimento della direttiva cerca di dare una risposta parziale a questo bisogno, ma al tempo stesso appare insufficiente a dar corpo ad una vera libera circolazione.
In primo luogo per i requisiti richiesti.
Il decreto infatti, pur esonerando i richiedenti dalla disposizione che prevede il superamento di un test di lingua e dalla dimostrazione del possesso di un alloggio idoneo, mantiene le due principali condizioni previste dall’art. 9. Ferma restando la necessità di indicare un luogo di residenza, i titolari di protezione internazionale che vorranno accedere al titolo di lungo periodo avranno la necessità di dimostrare un reddito annuo almeno pari all’importo dell’assegno sociale e soprattutto un soggiorno in Italia quinquennale. In particolare quest’ultimo impone comunque un percorso di accoglienza in Italia.
Ma anche per chi potrà accedervi la vita non sarà comunque facile. Perchè il se è vero che il permesso CE permette di circolare, soggiornare e lavorare in altri paesi UE per tre mesi, chi vorrà assicurarsi un soggiorno in un altro stato dovrà comunque sottostare alle condizioni previste per il rilascio di un permesso in quel paese che, come nel caso dell’Italia, potrebbero imporre un “passaggio” attraverso le quote.

In ogni caso il decreto specifica che il computo dei cinque anni di soggiorno dovrà tener conto della data di presentazione della domanda di riconoscimento della protezione internazionale. Per alcune categorie, quelle vulnerabili, come minori, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, persone per le quali è stato accertato che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, concorrerà alla dimostrazione di un reddito sufficiente, anche un alloggio concesso a fini assistenziali o caritatevoli, per la misura massima del 15%. Sui pds CE rilasciati dovrà comparire la dicitura “titolari di protezione internazionale”.