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I migranti somali in Libia non vogliono tornare a casa

Harun Maruf, Voa news - 16 febbraio 2018

Photo credit: Reuters

Gli sforzi del governo somalo per evacuare un grande numero di migranti somali dalla Libia hanno subito una battuta d’arresto dopo il fallimento della delegazione inviata per convincere i migranti ad abbandonare il pericoloso viaggio verso l’Europa e a tornare invece in Somalia.

I membri della delegazione dicono che i migranti hanno raccontato di aver sofferto durante il viaggio verso la Libia e sentono di non avere “più nulla da perdere”. I funzionari riferiscono che i migranti sono determinati a fare un estremo tentativo per raggiungere le coste europee.

La delegazione è arrivata a Tripoli lunedì (12 febbraio 2018 n.d.R.), e i suoi membri raccontano di aver visitato i campi di detenzione e di aver ricevuto alcuni migranti all’ambasciata somala, ma solo 11 persone finora hanno manifestato interesse a tornare in Somalia. Si stima che siano migrati verso la Libia circa 5.000-6.000 somali, affermano i funzionari.

False speranze

Mariam Yassin è l’Incaricata Speciale della Somalia per Migranti e Diritti dei Bambini, ed era tra i delegati. Sostiene che la non raggiungibilità di molti dei migranti somali, tenuti in aree non controllate dal governo libico, è un fattore. Ma il motivo principale fornito per non tornare, afferma, è che gli immigrati vogliono disperatamente raggiungere l’Europa.

Ho incontrato una donna che ha detto: sono stata in Libia per meno di due anni, ho speso 18.000$, non torno da mia madre con nulla, non torno indietro” ha spiegato Yassin.

Lei ritiene che la vicinanza della Libia all’Europa dia alle persone false speranze. Da Tripoli sono visibili le luci di Lampedusa, e questo dà ai migranti la speranza di poter raggiungere l’Europa.

Dicono di aver sofferto abbastanza e vogliono cogliere anche l’ultima possibilità”, ha riferito Yassin alla VOA Somalia.

Yassin ha raccontato che quando ai migranti viene detto che ci sono alternative al rischio, e che possono avere la stessa vita nel loro Paese, c’è il dubbio nei loro occhi di correre un rischio inutile, ma sono determinati a raggiungere il loro obbiettivo.

Non possiamo obbligarli, ma daremo loro consapevolezza e li incoraggeremo a tornare”, dichiara Yassin.

Violenze, torture

Quando lunedì i delegati somali sono arrivati a Tripoli, hanno incontrato molti loro connazionali che vivevano in condizioni terribili, e che erano stati appena rilasciati dai trafficanti.

Uno dei uomini liberati ha raccontato di essere stato picchiato sulla schiena, sul petto e alle gambe. Tremava e ha detto di aver perso la vista ad un occhio. Ma quando l’ambasciatore somalo presso l’Unione Europea, Ali Said Faqui, gli ha offerto la possibilità di ritornare, l’uomo, che riusciva a malapena a parlare, ha sogghignato e ha risposto “Inshallah, io tornerò o continuerò la mia impresa, avverrà una di queste”.

Ahmed Abdikarim Nur, commissario del governo somalo per rifugiati e profughi, ha dichiarato che il 99% delle persone in viaggio sono giovani, e che i più giovani sono particolarmente riluttanti a tornare indietro.

Sentono di aver speso tutte le ricchezze della loro famiglia, e probabilmente non hanno detto ai loro genitori che stavano partendo per la Libia, quindi pensano di non avere più nessun posto dove tornare, sono traumatizzati”, ha detto.

Yassin stava documentando in particolare la situazione dei minori non accompagnati che volevano tornare. Ha detto di aver convinto solo due di loro, un sedicenne e un diciassettenne. Sono stati in Libia per un anno e mezzo. Sostiene che erano entrambi traumatizzati e non hanno fornito molte informazioni su quello che hanno passato.

Ho provato a parlare con il sedicenne, ma ha detto ‘Parleremo sulla via per la Somalia’“, ha raccontato Yassin.

L’altro teenager ha mostrato un po’ più di calma, e ha raccontato ai funzionari somali che sono stati torturati mentre erano in mano ai trafficanti.

Al mattino vengono svegliati, la loro giornata inizia con gli insulti [dei trafficanti], vengono portati fuori e picchiati, ricevono scosse elettriche alle gambe, vengono spruzzati d’acqua e lasciati a morire di fame” ha riferito Yassin. “Alcuni vomitano sangue a causa delle botte, alcuni muoiono”.

Ha dichiarato che la situazione dei minori non accompagnati è particolarmente preoccupante. Ha continuato dicendo che alcuni bambini mentono sulla loro età, e quindi l’Organizzazione Internazionale per la Migrazione e la UNHCR non li identificano e non contattano le loro famiglie per avere il permesso di porli sotto la loro tutela speciale.

Se venissero identificati come minori e venissero contattate le loro famiglie, non avrebbero alcuna possibilità di imbarcarsi, e loro non vogliono che questo succeda, quindi mentono sulla loro età”, ha spiegato Yassin.

Il Commissario Nur dice che i rischi che le persone stanno correndo “vanno oltre l’immaginabile”.

Innanzitutto non c’è certezza che lasciando la Somalia arrivino a Tripoli vivi”, ha detto. “Se ci riescono, sarà dopo essere stati venduti e rivenduti due o tre volte come animali, essere stati picchiati, aver perso la salute, la dignità e forse la vita.

Durante la visita della delegazione somala in Libia, un camion di migranti si è ribaltato vicino alla città di Bani Walid, mercoledì, uccidendo più di 20 migranti provenienti principalmente dalla Somalia e dall’Eritrea. Uno degli emigranti Somali che sono stati detenuti a Bani Walid ha detto che conosceva molti di coloro che viaggiavano nell’autocarro.

Ha raccontato di conoscere almeno sette Somali morti nell’incidente. A bordo dell’autocarro che si è ribaltato c’erano 260 migranti, ha affermato, ed ha aggiunto che gli hanno riferito che il bilancio delle vittime è più alto di quello riportati dai media.

Quando la delegazione ha chiesto ai migranti Somali di cogliere l’occasione per tornare a casa, l’uomo che era stato picchiato e che avevano incontrato presso l’Ambasciata non aveva ancora deciso se tornare o meno.


N.d.T.: A margine dell’articolo, per completezza di informazione sulle condizioni dei migranti somali e del loro Paese di provenienza:
Il quadro, desunto dalla pubblicazione a cura di Asilo in Europa “Informazioni sui Paesi di origine dei richiedenti asilo”
(Country of Origin Information – COI)”, è quello di un Paese ancora molto problematico, nonostante si registri “il miglioramento della situazione dei diritti umani nel Paese”, sia dal punto di vista della sicurezza che da quello della situazione umanitaria. Anche dallo Yemen, dove i somali rappresentano il 91% dei rifugiati e richiedenti asilo arrivati, i rientri volontari contano un numero molto ridotto di persone che preferiscono tornare indietro.
Le informazioni complete riportate da Asilo in Europa sono a questo link