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Rinnovo/conversione del pds da “minore età” ad “affidamento” ovvero ad altro titolo: il caso di un minore albanese affidato dai genitori allo zio in Italia tramite la Kafala

Consiglio di Stato, ordinanza n. 6044 del 5 dicembre 2019

Il Consiglio di Stato si è pronunciato su un caso singolare e davvero tortuoso delineando quanto segue.

Il fatto

Il ricorrente, cittadino albanese, giungeva in Italia con lo zio paterno all’uopo autorizzato da i genitori che lo avevano affidato con dichiarazione notarile affinché si prendesse cura di lui a causa delle pessime condizioni economiche degli stessi e del non buono stato di salute del padre, così come avevano già fatto per un altro figlio. Una volta in Italia il minore si recava in Altamura, presso l’abitazione dello zio, il quale ospita anche il fratello.
Lo zio provvedeva, quindi, a segnalare ai servizi sociali la presenza definitiva nel territorio del ricorrente e ad iscrivere il minore a scuola per apprendere la lingua italiana, che frequentava con profitto.
In data 10.11.2016 il Pubblico Ministero presso il Tribunale per i Minorenni di Bari promuoveva il procedimento civile a tutela del minore non accompagnato e chiedeva al Tribunale di affidarlo, in via d’urgenza, ai servizi sociali in attesa degli ulteriori approfondimenti istruttori richiesti dalle circostanze del caso.
Il Tribunale per i Minorenni in data 23.11.2016 adottava il decreto di non luogo a provvedere, in quanto il minore risultava convivente in Italia presso il nucleo familiare del parente.
In data 31.01.2017, quindi, la Questura di Bari rilasciava al ricorrente un permesso di soggiorno per motivi di minore età.
Medio tempore, al fine di favorire il suo inserimento sociale ed avviarsi verso un’indipendenza economica futura, il ricorrente reperiva un’attività lavorativa ed in data 07.06.2017 veniva assunto da una ditta locale con un contratto di lavoro a tempo determinato, con la mansione di operaio manovale edile.
In data 17.06.2017 con assicurata il ricorrente avanzava richiesta di rinnovo/conversione del permesso di soggiorno da “minore età” ad “affidamento” ovvero ad altro titolo.
In data 15.09.2017 la Questura di Bari comunicava al ricorrente il preavviso di rigetto, di cui all’art. 10 bis della L. 241/90, motivato in ragione del provvedimento del Tribunale per i Minorenni che aveva dichiarato il “non luogo a provvedere” sul ricorso proposto dal P.M..

Nonostante l’ulteriore documentazione prodotta, le ragioni addotte da questa difesa, che di seguito si esplicheranno, e la dimostrazione di uno stabile ed effettivo inserimento sociale e lavorativo che davano diritto al minore, quantomeno, a ricevere un permesso di soggiorno ad altro titolo, come ad es. in conversione per ragioni di lavoro, il Questore di Bari con il provvedimento impugnato respingeva la richiesta di permesso di soggiorno avanzata dal ricorrente. Il ricorrente impugnava il suddetto provvedimento innanzi al Tar per la Puglia sede di Bari, chiedendone la sospensione in via cautelare.

Con Ordinanza n. 00079/2018 del 20/02/2018 il Tar Bari respingeva la domanda cautelare con la seguente motivazione “Rilevato che ai sensi dell’art. 32 comma 1bis del decreto legislativo del 25 luglio 1998 n. 286, la conversione del permesso di soggiorno rilasciato al minore fino al compimento della maggiore età presuppone che egli sia sottoposto a tutela o affidato in virtù di un provvedimento dell’Autorità, anche straniera, purché riconosciuto dal ordinamento nazionale;
Ritenuto che la condizione del ricorrente di soggiornante nel territorio nazionale, per mera volontà dei genitori presso la famiglia di un parente, non sia riconducibile all’ipotesi di affidamento come dinanzi definita
”.

Avverso il suddetto provvedimento veniva interposto tempestivo appello cautelare all’Ecc.mo Consiglio di Stato, il quale con Ordinanza n. 2349 del 24-28 maggio 2018 accoglieva il ricorso e per l’effetto sospendeva gli effetti dell’impugnata ordinanza “Ritenuto che dal provvedimento impugnato in primo grado deriva all’appellante un danno grave ed irreparabile”.

In data 02.07.2019 si teneva l’udienza pubblica di discussione del merito innanzi al TAR Bari, la difesa ribadiva l’illegittimità del provvedimento, contrastando e contestando, punto per punto la documentazione prodotta dalla amministrazione.
Con la sentenza oggetto d’impugnazione il Tar Bari rigettava il ricorso con la seguente motivazione “Rilevato che, ai sensi dell’art. 32 comma 1 bis del decreto legislativo del 25 luglio 1998 n. 286, la conversione del permesso di soggiorno rilasciato al minore fino al compimento della maggiore età presuppone che egli sia sottoposto a tutela o affidato in virtù di un provvedimento dell’Autorità, anche straniera, purché riconosciuto dall’ordinamento nazionale ;
Ritenuto che la condizione del ricorrente di soggiornante nel territorio nazionale, per mera volontà dei genitori presso la famiglia di un parente, non sia riconducibile all’ipotesi di affidamento come dianzi definita
”.

Con ordinanza -OMISSIS-, il Consiglio di Stato (quarta sezione) ha accolto l’appello cautelare, “Ritenuto che dal provvedimento impugnato in primo grado deriva all’appellante un danno grave e irreparabile”.
Il ragionamento sviluppato nell’ordinanza del Tribunale spiega efficacemente, seppur succintamente, come la Questura di Bari fosse tenuta a rigettare la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per il minore, in quanto la situazione in cui il medesimo versava (di soggiorno in Italia meramente volontario) non ne consentisse l’inquadramento nell’ipotesi prevista dall’articolo 32, comma 1- bis , del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Successivamente e in vista dell’udienza del 2 luglio 2019, tale conclusione non è stata minimamente smentita o contestata dall’interessato, né sotto il profilo delle circostanze di fatto, né sotto quello dell’interpretazione della normativa; invece, l’Amministrazione resistente ha fornito ampia documentazione che conferma la ricostruzione operata in sede cautelare.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Il diritto

L’atto di appello veniva affidato ai seguenti motivi.
Erronea motivazione della sentenza impugnata ed omessa pronuncia su:
– violazione e falsa applicazione del quadro normativo di riferimento, ossia, violazione e falsa applicazione degli art. 31 e 32 del D.Lgs. 286/98;
– violazione del D.Lgs. 142/2015;
– violazione dell’art. 9 L. n. 184/1983;
– violazione del principio di ragionevolezza e di proporzionalità;

Con la sentenza impugnata, il Tar Puglia – Bari – II sezione, rivela un’errata valutazione del quadro normativo di riferimento a tutela dei minori stranieri che siano essi non accompagnati, accompagnati o comunque affidati, nonché, l’erronea interpretazione degli artt. 31 e 32 del D.Lgs. 286/1998.

Nella motivazione si sostiene solo che la situazione in cui versava il ricorrente al momento della richiesta di conversione del permesso di soggiorno, “di soggiorno in Italia meramente volontario”, non ne consentisse l’inquadramento nell’ipotesi dell’art. 32, comma 1-bis del D.Lgs. 286/98, ma non dice perché non possano trovare applicazione le altre norme richiamate da questa difesa nel ricorso, ma cosa più importante, la Corte, così come l’Amministrazione, non ha valutato adeguatamente la situazione di affidamento allo zio, così come il percorso di integrazione già sostanzialmente in atto, dimostrato dal corso di studi seguito e dall’attività lavorativa intrapresa presso la ditta di locale, con un contratto di lavoro a tempo determinato, con la mansione di operaio manovale edile.

Quello che si chiedeva al Tribunale amministrativo, infatti, era quello di riconoscere nell’iter procedimentale applicato al ricorrente e culminato nel provvedimento del Tribunale per i Minorenni, un affidamento formale, sebbene iniziato per volontà dei genitori, riconosciuto dall’ordinamento nazionale ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 e 9 della Legge n. 184/1983 ed era evidente che eravamo di fronte anche ad un’omessa pronuncia su precise censure della difesa.

Orbene, che a seguito della segnalazione effettuata dallo zio, il ricorrente sia stato considerato e trattato come un minore non accompagnato, poco importa, quel che invece rileva è l’interpretazione del provvedimento del Tribunale per i Minorenni alla luce delle considerazioni che seguono e dell’esatta interpretazione ed applicazione degli artt. 4 e 9 della Legge 184/1983.

L’art. 19 del D.Lgs. 142/2015 al comma 2 dispone che “I minori non accompagnati sono accolti nell’ambito del Sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e minori stranieri non accompagnat , di cui all’articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, e in particolare nei progetti specificamente destinati a tale categoria di soggetti vulnerabili. La capienza del Sistema e’ commisurata alle effettive presenze dei minori non accompagnati nel territorio nazionale ed e’, comunque, stabilita nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, di cui all’articolo 1-septies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, da riprogrammare annualmente”.

Il comma 3 dispone che “In caso di temporanea indisponibilità nelle strutture di cui ai commi 1 e 2, l’assistenza e l’accoglienza del minore sono temporaneamente assicurate dalla pubblica autorità del Comune in cui il minore si trova, fatta salva la possibilità di trasferimento del minore in un altro comune, secondo gli indirizzi fissati dal Tavolo di coordinamento di cui all’articolo 16 , tenendo in considerazione prioritariamente il superiore interesse del minore. I Comuni che assicurano l’attività di accoglienza ai sensi del presente comma accedono ai contributi disposti dal Ministero dell’interno a valere sul Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati di cui all’articolo 1, comma 181, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nel limite delle risorse del medesimo Fondo”.

Il comma 5 prevede che “L’autorità di pubblica sicurezza dà immediata comunicazione della presenza di un minore non accompagnato al giudice tutelare per l’apertura della tutela e per la nomina del tutore a norma degli articoli 343 e seguenti del codice civile, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni e al Tribunale per i minorenni per la ratifica delle misure di accoglienza predisposte, nonché al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con mezzi idonei a garantirne la riservatezza, al fine di assicurare il censimento e il monitoraggio della presenza dei minori non accompagnati”.

Ed infatti il Pubblico Ministero con provvedimento n. 2005/2016 del 10/11/2016 promuoveva procedimento civile a tutela del minore e chiedeva al Tribunale per i Minorenni di Bari un provvedimento provvisorio ed urgente di affidamento all’ente locale in attesa di approfondimenti istruttori del caso.

Mentre, il nuovo comma 7 quater, dispone “Qualora siano individuati familiari idonei a prendersi cura del minore straniero non accompagnato, tale soluzione deve essere preferita al collocamento in comunità”.

Orbene, seguendo l’iter procedurale appena descritto, il Tribunale per i Minorenni avrebbe dovuto affidare il minore ad una struttura ovvero al Comune di residenza, nominare un tutore provvisorio e rimettere gli atti al giudice tutelare per la conferma dello stesso.

Va da sé che in presenza di uno zio, al quale i genitori avevano affidato il minore, ed in ossequio al disposto di cui all’art. 19 comma 7- quater, il Tribunale per i Minorenni ha ritenuto, implicitamente, di affidare e collocare il minore presso il familiare.

La legislazione italiana in tema di affido di un minore italiano prevede che l’affidamento, quale misura temporanea e preventiva, consiste nel supporto a famiglie in difficoltà.

Si tratta di un istituto giuridico disciplinato in dettaglio dalla L. n. 184/1983 e s.s. che viene disposto dai servizi socio-assistenziali degli enti locali (affido consensuale) oppure dal Tribunale per i Minorenni (affido giudiziale, applicato quando la famiglia che ha bisogno del supporto non è d’accordo con l’attivazione di questa misura).

In entrambi i casi le famiglie affidatarie sono valutate dai servizi socio-assistenziali degli enti locali, in molti territori con la collaborazione di associazioni familiari.

L’art. 12 della L. n. 184/1983 dispone che “Quando attraverso le indagini effettuate consta l’esistenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado indicati nell’articolo precedente, che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, e ne è nota la residenza, il presidente del tribunale per i minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione, entro un congruo termine, dinanzi a sé o ad un giudice da lui delegato.
Nel caso in cui i genitori o i parenti risiedano fuori dalla circoscrizione del tribunale per i minorenni che procede, la loro audizione può essere delegata al Tribunale per i Minorenni del luogo della loro residenza.
In caso di residenza all’estero è delegata l’autorità consolare competente.
Udite le dichiarazioni dei genitori o dei parenti, il presidente del Tribunale per i Minorenni o il giudice delegato, ove ne ravvisi l’opportunità, impartisce con decreto motivato ai genitori o ai parenti prescrizioni idonee a garantire l’assistenza morale, il mantenimento, l’istruzione e l’educazione del minore, stabilendo al tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi direttamente o avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi locali, ai quali può essere affidato l’incarico di operare al fine di più validi rapporti tra il minore e la famiglia
”.

Il successivo art. 16 dispone che:
c. 1- Il tribunale per i minorenni, esaurita la procedura prevista nei precedenti articoli e qualora ritenga che non sussistano i presupposti per la pronuncia per lo stato di adottabilità dichiara che non vi è luogo a provvedere.
c. 2 – La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell’articolo 12, nonché al tutore e al curatore speciale ove esistano. Il tribunale per i minorenni adotta i provvedimenti opportuni nell’interesse del minore.
c. 3 – Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile
”.

Quindi il Tribunale per i Minorenni, in ossequio al dettato normativo della L. 184/1983, valutata la presenza di un parente entro il quarto grado, ritenuta superflua la comparizione dei genitori e dello zio in presenza della dichiarazione notarile, ritenendo le prescrizioni da impartire coincidenti con le condizioni individuate ed indicate nella dichiarazione notarile dagli stessi genitori e non ravvisando la necessità di dichiarare lo stato di adottabilità del minore, ne ha dichiarato il non luogo a provvedere, intendendosi con questa formula il non luogo a provvedere alla dichiarazione di adottabilità ex art. 16 non, anche, come non luogo a provvedere all’affido del minore allo zio.

Nel provvedimento del Tribunale per i Minorenni si legge infatti:

rilevato che il presente procedimento è stato promosso dal P.M. in sede, che ha chiesto l’affidamento del minore (dimorante in Altamura alla via S. Domenico, 5) – cittadino extracomunitario non accompagnato dai genitori – all’ente locale per una sistemazione idonea alla sua condizione di minorenne;
che il minore risulta convivente in Italia presso il nucleo familiare del parente Sig. XX a cui è stato affidato dai genitori come risulta dalla dichiarazione notarile in atti;
considerato che la permanenza del minore presso un parente, che garantisce la relazione fra il minore e la famiglia più stretta di lui e i genitori, non comporta interventi di protezione da parte di questo Tribunale per i minorenni anche in ragione dell’approssimarsi della maggiore età di XX
P.Q.M.
Visti gli artt. 1 e ss. L.184/83 , 737 e ss. c.p.c.
così provvede in via definitiva: dichiara non luogo a provvedere, manda alla cancelleria per la comunicazione al P.M. … …
”.

Diversamente opinando, ogni conseguenza negativa derivante dal suddetto provvedimento del Tribunale per i Minorenni, ovvero, dalla mancata osservanza della normativa sopra richiamata, non può, comunque, ricadere sul ricorrente al quale il P.M. ed i servizi sociali avevano da subito apprestato le tutele normativamente previste.

Preme evidenziare che l’iter procedurale seguito dal Tribunale per i Minorenni costituisce una prassi ben nota alla Questura di Bari, in quanto segue il Vademecum diramato dalla Prefettura di Bari, reperibile all’indirizzo internet http://www.prefettura.it/FILES/AllegatiPag/1176/Vademecum%20-%20m%20s%20n%20a%20.pdf, nel quale, espressamente, si legge:

5. I provvedimenti a protezione del minore: l’affidamento e la tutela

La nomina del tutore

Al minore straniero non accompagnato deve essere sempre nominato un tutore.
Il tutore, viene nominato dal Giudice Tutelare (ma non sempre come nel caso del distretto barese). [!!! ndr ]
Tale nomina deve avvenire nei più breve tempo possibile.
Il tutore ha la cura della persona dei minore e lo rappresenta in tutti gli atti civili. Svolge supporto e accompagnamento al minore in tutti i procedimenti che lo riguardano, nell’accesso ai servizi, nella valutazione delle opportunità che ha a disposizione e nella definizione dei suoi progetti.
(…)

L’affidamento

II minore straniero non accompagnato può essere affidato ai sensi della legge 184/83,e succ. modifiche in quanto si trova temporaneamente privo della propria famiglia. Per tutti i minori non accompagnati deve essere disposto un provvedimento di affidamento, in quanto ciò consente di individuare la persona o l’ente responsabile per il minore.
L’affidamento può essere disposto dal Tribunale per i Minorenni (affidamento giudiziale) oppure , nel caso in cui ci sia il consenso dei genitori o del tutore, può essere disposto dai servizi sociali e reso esecutivo dal Giudice Tutelare, sentito il minore che ha compiuto 12 anni (affidamento consensuale o amministrativo) .
Il consenso dei genitori all’affidamento può essere espresso con atto notarile tradotto e legalizzato.

Il minore può essere affidato a:
* parenti entro il quarto grado
* una famiglia affidataria o una persona singola in grado di provvedere al mantenimento, educazione ed istruzione del minore e di assicurargli le relazioni affettive di cui ha bisogno
* una comunità familiare
* l’Ente locale.

L’affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall’autorità affidante. L’affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con le autorità sanitarie. Deve inoltre rappresentare una figura di supporto e accompagnamento per il minore in tutti i procedimenti che lo riguardano (ad es. nei procedimenti relativi al rilascio del permesso di soggiorno). nell’accesso ai servizi, nella valutazione delle opportunità che ha a disposizione e nella definizione dei suoi progetti.”.

Questo Vademecum, sebbene richiami il procedimento da adottare per tutelare i minori stranieri non accompagnati, a pag. 10 da atto che nel distretto barese si adotta una vera e propria prassi che non prevede il coinvolgimento del giudice tutelar , in esso si legge:

La prassi del Tribunale per i Minorenni di Bari

Nel distretto barese della tutela dei minori stranieri non accompagnati si occupa esclusivamente il Tribunale per i Minorenni, con totale esonero del giudice tutelare. Lo strumento procedimentale utilizzato è, in caso di segnalazione della presenza sul territorio di un minore straniero non accompagnato, su ricorso dei pubblico ministero, l’apertura di un procedimento di adottabilità.
Ciò dipende dal veloce andamento procedimentale che si è instaurato (anche alla luce dell’imminente compimento della maggiore età per la maggior parte dei minori), atteso che, a seguito del ricorso del pubblico ministero, viene nell’immediatezza emesso un provvedimento provvisorio di affidamento al servizio sociale territorialmente competente, affinché il minore permanga nella struttura protetta in cui è stato collocato su iniziativa del servizio sociale di zona, con contestuale nomina del tutore provvisorio e fissazione a breve dell’udienza istruttoria.
Nel corpo del provvedimento provvisorio, viene fissato un breve termine di efficacia (dai tre ai sei mesi), all’esito del quale, espletata l’istruttoria, viene emesso il provvedimento definitivo nella prescritta forma della sentenza, che generalmente conclude per un non luogo a provvedere sull’adattabilità, con conferma del provvedimento provvisorio.”.

Come si può vedere, il procedimento richiamato nella prassi, che tiene conto anche del fatto che molti minori sono prossimi alla maggiore età, è proprio quello seguito dal Tribunale per i Minorenni di Bari nel caso del ricorrente, pertanto, la Questura di Bari, che ben conosce tale prassi, non poteva assolutamente sostenere che non vi fosse un provvedimento di affidamento nell’interesse del ricorrente.

Eppure, proprio il Vademecum della Prefettura, a pag. 2 prescrive un “Decalogo per gli operatori che lavorano con i minori stranieri e/o comunitari non accompagnati (operatori dei servizi sociali, delle comunità, delle Forze dell’Ordine, delle scuole, dei servizi sanitari; tutori, affidatari ecc.) ” che prevede, tra l’altro, due principi importantissimi, il rispetto del Superiore interesse del minore: “Il superiore interesse del minore deve essere una considerazione preminente in tutte le azioni riguardanti il minore. Le decisioni riguardanti i minori non accompagnati devono tenere in considerazione il superiore interesse a lungo termine del minore e devono essere prese in modo tempestivo. tenendo conto della percezione del tempo propria del minore.”, e la Non discriminazione: “Al minore devono essere garantiti gli stessi diritti riconosciuti a tutti i minori, senza discriminazioni fondate, tra le altre, sulla nazionalità, sull’origine etnica, sulla religione o sul sesso. Devono essere trattati innanzitutto come minori, e tutte le considerazioni circa il loro status di immigrati devono essere secondarie.”.

Per altro verso, ove si volesse considerare un affidamento “di fatto” il riferimento corretto è appunto all’art. 9 della L. 184/83, “Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l’accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni.”, suscettibile di essere interpretato nel senso che l’affidamento a congiunto entro il quarto grado fa venir meno per il minore la situazione di “non accompagnato“, anche in assenza di un provvedimento formale, visto che la disposizione non prevede per tali soggetti l’obbligo di segnalazione, e quindi l’adozione dei conseguenti provvedimenti.

Secondo la prassi, che emerge da diversi Tribunali per i Minorenni d’Italia, si tratterebbe di una forma di “affidamento di fatto” che per essere giuridicamente rilevante, non richiederebbe i provvedimenti amministrativi o giudiziari previsti dagli artt. 2 e 4 della legge 184/83.

La liceità dell’accoglienza stabile del minore presso parenti entro il quarto grado sarebbe sufficiente a far considerare il minorenne come facente parte di quel nucleo familiare.

Secondo tale diffuso orientamento, questo affidamento di fatto dovrebbe essere assimilato agli ‘affidamenti’ previsti dagli artt. 31 e 32 del Testo unico 286/98, e dunque consentire l’iscrizione del minore nel permesso di soggiorno del parente.

Il Tribunale dei minori di Bari, infatti, fondandosi appunto sulla liceità dell’accoglienza stabile del minore presso parenti entro il quarto grado, ritiene di non disporre un affidamento familiare, anche se richiesto, in quanto non c’è bisogno di un provvedimento per convalidare la scelta fatta dal genitore di lasciare il proprio figlio presso zii, nonni o fratelli maggiori.

Da quanto precede, deve ritenersi che la situazione del minore affidato di fatto a parente entro il quarto grado sia equiparata alla situazione, prevista dall’articolo 31 commi 1 e 2 del figlio minore dello straniero con questi convivente e regolarmente soggiornante e quella del minore che risulta affidato ai sensi dell’articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, riguardante le forme in cui è disposto l’affidamento familiare, il cui provvedimento è adottato dal Servizio Sociale ed omologato dal Giudice Tutelare, se vi è il consenso dei genitori (c.d. affidamento consensuale), altrimenti dal Tribunale per i Minorenni (affidamento giudiziale).

Il minore affidato di fatto è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno dello straniero al quale è affidato e segue la condizione giuridica di quest’ultimo, se più favorevole.

Il fondamento di tale interpretazione si ricaverebbe dall’articolo 29 comma 2 del Testo Unico Imm. che equipara la posizione del figlio a quella del minore adottato, affidato o sottoposto a tutela, ai fini del ricongiungimento familiare.

Pertanto, l’amministrazione nel provvedimento erra quando ritiene che il ricorrente non possa rientrare tra i soggetti di cui agli art. 2 della L. 184/83 sol perché il procedimento, sebbene avviato dai Servizi Sociali non ha avuto seguito dal Tribunale per i Minorenni di Bari con un provvedimento giudiziale, in quanto, per un grado maggiore di protezione del minore presente in Italia, chiunque può segnalare al Giudice tutelare i casi di affidamento “di fatto” del minore al parente presente sul territorio nazionale, e quindi anche il parente stesso, in modo tale da rientrare in un provvedimento di affidamento amministrativo ex art. 4 legge n. 184/83, che consenta il rilascio al minore di un permesso di soggiorno per motivi familiari ovvero ad altro titolo.

Quanto all’ulteriore considerazione che al ricorrente sarebbe inapplicabile l’art. 32 del D.Lgs. 286/98 si richiama la pronuncia del Consiglio di Stato secondo cui “Alla luce dei principi enunciati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 198 del 1998, l’art. 32 comma 1, d.lg. n. 286 del 1998 va interpretato nel senso che il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età può essere rilasciato non soltanto quando l’interessato è stato sottoposto ad affidamento amministrativo o giudiziario ai sensi dell’art. 4 commi 1 e 2, l. n. 184 del 1983, ma anche a tutela ai sensi degli art. 343 e ss. c.c.; tale conclusione non è smentita dall’introduzione nell’art. 32 del comma 1 bis (e 1 ter) ai sensi della l. n. 189 del 2002, riferendosi il comma 1 e il comma 1 bis a due fattispecie distinte: il primo, a quella dei minori sottoposti ad affidamento o a tutela (allo scopo di salvaguardare l’unità familiare); il secondo, a quella dei “minori stranieri non accompagnati”, che versano in una diversa situazione e per i quali il legislatore ha richiesto il requisito dell’ammissione al “progetto di integrazione sociale e civile”, dovendosi da ciò trarre la conclusione che i requisiti previsti dai due commi sono alternativi e non cumulativi. Il minore sottoposto a tutela ha, quindi, il requisito per cui può essergli rilasciato il permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 32 comma 1 (Consiglio di Stato sez. VI 06 giugno 2011 n. 3364)“.

L’univoca interpretazione resa dal Consiglio di Stato sul punto, anche all’indomani della modifica legislativa dell’art. 32 del D.Lgs. 286/98, ad opera del D.Lgs. 94/2009 che ha sostituito l’inciso “minori comunque affidati”, consente di affermare che detta norma non può trovare applicazione nei casi di minori affidati a parenti entro il quarto grado ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 e 9 della legge n. 184/1983 poiché in tali situazioni gli interessati non possono considerarsi minori non accompagnati.

Ed ancora, l’art. 31 del D.Lgs. 286/98 – Disposizioni a favore dei minori (Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 29)comma 1 “Il figlio minore dello straniero con questo convivente e regolarmente soggiornante segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive ovvero la più favorevole tra quelle dei genitori con cui convive. Il minore che risulta affidato ai sensi dell’articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, segue la condizione giuridica dello straniero al quale è affidato, se più favorevole. Al minore è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore età ovvero un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ai sensi dell’articolo 9. L’assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza”.

Quindi dalla lettura, in combinato disposto delle norme, appare pacifico che il ricorrente ha diritto al permesso di soggiorno per motivi di affidamento ovvero ad altro titolo.

All’uopo si riporta la pronuncia del TAR Piemonte – Torino – sentenza 281/2016 del 03/03/2016, resa in un caso simile, nel quale il ricorrente risultava “essere entrato nel territorio nazionale all’età di 17 anni, nel 2013, di essere stato affidato allo zio, il sig. Aly Aer Elsayed Askar, residente in Italia, in forza di “Procura Ufficiale Generale” rilasciata dai suoi genitori avanti ad un funzionario del Ministero della Giustizia della Repubblica Araba di Egitto prima della sua partenza, tradotta ed asseverata, e che lo zio, per regolarizzare il suo affidamento, si era tempestivamente rivolto ai Servizi Sociali della Città di Torino (che, pur avendo dichiarato di non aver “raccolto elementi ostativi per la segnalazione a favore di richiesta di permesso di minore età del ragazzo”, non avevano, però, completato la relativa pratica), il ricorrente ha sostenuto che la sua situazione, alla luce delle predette circostanze, fosse divenuta quella di un minore “comunque affidato” ex art. 32 c. 1 d.lgs.n. 286/98, con conseguente possibilità di conversione del suo permesso per minore età in permesso di soggiorno per lavoro subordinato senza la necessità di ulteriori presupposti quali l’inserimento, per un periodo non inferiore a due anni, in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato.”.

Il collegio ha ritenuto che “Tale censura è fondata e meritevole di accoglimento. Per un più completo inquadramento normativo del caso in questione occorre partire dalla definizione di “minore non accompagnato” accolta a livello comunitario e codificata dalla risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26 giugno 1997 in quanto materia di interesse comune agli Stati membri: sono considerati non accompagnati (art. 1 par. 1) “i cittadini di paesi terzi di età inferiore ai 18 anni che giungono nel territorio degli Stati membri non accompagnati da un adulto per essi responsabile in base alla legge o alla consuetudine e fino a quando non ne assuma effettivamente la custodia un adulto per essi responsabile”. La definizione è ripresa dalla Direttiva 27 gennaio 2003 n. 2003/9/CE sul diritto di asilo e dalla Direttiva 1 dicembre 2005 n. 2005/85/CE sul riconoscimento dello status di rifugiato“.

In base alla suddetta definizione la condizione di minore non accompagnato non è cristallizzata al momento dell’ingresso del minore nel territorio nazionale, ma si esaurisce quando subentri una forma legale di affidamento implicante la custodia effettiva da parte di un adulto. Nelle ipotesi di cui agli art. 2 e 4 della legge 184/1983 questo tipo di protezione può considerarsi realizzato, in quanto tali norme prevedono l’inserimento provvisorio del minore in un nuovo ambito familiare con l’assunzione di poteri e obblighi in capo agli affidatari (v. art. 5 della legge 184/1983). La garanzia della valutazione dell’interesse del minore è assicurata dal percorso amministrativo o giudiziario che conduce all’affidamento (v. rispettivamente i commi 1 e 2 dell’art. 4 della legge 184/1983).

In presenza di affidamento … è dunque, come riconosciuto dalla prevalente giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 14.09.2009 n. 1692), direttamente applicabile l’art. 32 comma 1 del D.lgs. 286/1998, il quale consente la conversione del permesso di soggiorno nel caso di minori comunque affidati ai sensi dell’art. 2 della legge 184/1983. La circostanza che l’affidamento riguardi minori originariamente non accompagnati è irrilevante, in quanto la formulazione dell’art. 32 comma 1 del Dlgs. 286/1998 si presta a un’interpretazione estensiva, come dimostra la sostanziale assimilabilità dell’affidamento alla tutela (v. C.Cost. 5 giugno 2003 n. 198) (TAR Piemonte, Sez. II, 18.08.2014 n. 1394).

Rispetto a questo quadro normativo la fattispecie di cui all’art. 32 commi 1-bis e 1-ter del Dlgs. 286/1998 è meramente aggiuntiva e non sostitutiva. Si tratta, in definitiva, di un presupposto autonomo per il rilascio del permesso di soggiorno che non esclude un identico beneficio a favore di quanti, come il ricorrente, durante la minore età siano stati protetti con la nomina di un tutore o l’affidamento familiare. A questa opzione interpretativa ha aderito lo stesso Ministero dell’Interno con la circolare prot. n. 17272/7 del 28 marzo 2008.

Nel caso in questione il ricorrente è giunto sul territorio nazionale dopo essere stato affidato dai genitori allo zio con uno specifico istituto del diritto islamico, la Kafala (riconosciuto nel suo valore dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e citato anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (nella sentenza n. 21108 del 15.09.2013) e solo per motivi non dipendenti dalla sua volontà o dalla non tempestiva richiesta di regolarizzazione da parte del suo affidatario non è stato destinatario di un formale provvedimento di affidamento anche in Italia o del parere della Direzione Generale dell’Immigrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Da qui l’assimilabilità della sua situazione a quella di “minore comunque affidato” ai sensi della vigente normativa e la sussistenza, nel diniego di conversione impugnato, dei dedotti vizi di violazione dell’art. 32 del d.lgs. n. 286/1998 e di eccesso di potere per travisamento dei fatti.

Alla luce delle argomentazioni che precedono il ricorso deve essere, dunque, accolto, con conseguente annullamento del decreto impugnato ed assorbimento di ogni altra pretesa…… ”.

Pertanto, alla luce delle considerazioni appena esposte, va da sé che il provvedimento, oggetto della presente impugnativa, si ritiene illegittimo per tutti i motivi su evidenziati.
Per altro verso, la motivazione, non chiarisce nemmeno quale sarebbe stata la sorte del ricorrente, ove fosse stato ritenuto un minore non accompagnato.

Decisione del Consiglio di Stato:

Ritenuto che ad una cognizione sommaria, propria della fase cautelare, l’appello appare assistito da significativi elementi di fondatezza, considerato che:

– il provvedimento impugnato in primo grado ha ad oggetto un’istanza di conversione (da “minore età” in “motivi di affidamento”) del permesso di soggiorno, e non di rinnovo (come indicato nella sentenza appellata) del permesso medesimo;

– il paradigma normativo della fattispecie (art. 32, d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286), interpretato alla luce della specifica situazione di fatto (pronuncia di non luogo a provvedere da parte del locale Tribunale dei Minori in ragione dell’esistenza di una situazione di affidamento parentale che ha fatto ritenere superfluo procedere all’affidamento giudiziario), nonché nella consapevolezza dei princìpi sanciti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 198/2003 e fatti propri dalla giurisprudenza amministrativa in fattispecie identica a quella dedotta (T.R.G.A., Trento, sentenza n. 158/2009), comporta una equiparazione tale da far ritenere sussistenti nel caso di specie i presupposti legittimanti la richiesta conversione.

Ritenuto, conseguentemente, che in ragione della natura dell’interesse implicato, avuto riguardo agli effetti del provvedimento impugnato in primo grado, sussiste il pericolo che nelle more della celebrazione del giudizio di merito possa prodursi un pregiudizio dotato degli attributi di gravità ed irreparabilità, sicché deve essere accolta la domanda cautelare, con compensazione delle spese della presente fase tenuto conto della peculiarità della vicenda.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), Accoglie l’istanza cautelare (Ricorso numero: 9087/2019) e, per l’effetto, sospende l’esecutività della sentenza impugnata.“.

– Scarica l’ordinanza
Consiglio di Stato, ordinanza n. 6044 del 5 dicembre 2019