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Italia – Arabia Saudita: ingiustificabile memorandum

Firmato a Riyad un accordo bilaterale con il Governo saudita autore di crimini di guerra e violazioni dei diritti umani

Un memorandum di sangue, un accordo dal sapore acre di omertà: tutti sanno cosa combina il regime saudita, ma tutti ci fanno affari.
Il Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, il 10 gennaio vola in terra saudita e firma il “Memorandum of Understanding”: fulcro del colloquio la posizione del G20 ma soprattutto il rafforzamento della partnership economica e commerciale tra i due Paesi.
E l’Italia con l’Arabia Saudita fa soprattutto soldi, tanti soldi, con la vendita di armi.

Il business di armamenti sull’asse Roma – Riyad è florido: denaro a vagonate per chiudere gli occhi sui crimini di guerra perpetrati dal Governo saudita verso la popolazione yemenita in primis, libica e siriana in secundis.

Abbiamo denunciato tutto quanto nell’inchiesta “Yemen: in nome di quale Dio?”1, spiegando perché dal punto di vista normativa è illegale vendere armi a questo Stato. Abbiamo dettagliato cosa e quanto viene venduto e a quale costo. Abbiamo scoperchiato le navi della Bahri battenti bandiera saudita che transitano, con cargo pericolo A (ossia armi), indisturbate nei porti italiani 2 3. E nei porti ci siamo andati, fotografando la Bahri Abha spiaggiata in zona Sampierdarena (GE) a 349,9 metri dalla strada cittadina e con al suo interno cingolati ed armamenti 4.

Nel 2017 l’Italia vendeva al Governo di Riyad armamenti per 51,9 milioni di euro ed alla coalizione che devasta lo Yemen invece per 6,780 miliardi di euro.
Nel 2019, l’incremento di armamenti registra + 103,08%: al Re Salem vengono vendute armi per 105,4 milioni di euro (4,12% di incidenza sull’ammontare totale).
Armi con calibro inferiore a 12,7 mm (categoria ML01), munizioni (ML03), bombe, siluri, missili e razzi (ML04), apparecchiature per la direzione del tiro (ML05), veicoli terrestri (ML06), aeromobili (ML10) ed apparecchiature elettroniche (ML11).

L’accordo tra i due Paesi mirerà anche e soprattutto a rinsaldare questo lato del mercato, implicitamente e/o esplicitamente, è presumibile che vengano incrementate le vendite di armi.
Nella vanesia Europa, fatta di Stati membri concentrati compulsivamente a difendere i propri confini dall’approdo dei poveri Cristi, vengono vendute armi a chi quei poveri Cristi li crea.
A chi fa diventare medici, dottori, chirurghi, operai, dipendenti e insegnanti dei profughi disperati perché, dall’oggi al domani, hanno la casa bombardata e i figli mutilati.

Yemen: costretti a fuggire

Tra i paesi europei c’è chi si rende complice dei crimini non solo vendendo armi a vagonate al sovrano saudita, ma nella coalizione che sgancia bombe su San’a’ è anche presente fisicamente. Francia e Regno Unito: fiumi di armamenti venduti e partner della coalizione saudita che massacra lo Yemen.
Molte famiglie distrutte diventano fiori dallo stelo spezzato, pronti a volare col primo vento autunnale: sono in molti a partire ed a provare la terribile rotta marittima di Bāb el-Mandeb, lo stretto della morte.
Gente che casa sua non voleva lasciarla, che amava la propria abitazione, il proprio giardino ed il proprio lavoro. Amava la propria vita: ma quella vita è distrutta, frantumata. Gente che adesso rovista tra le maceria per trovare un tozzo di pane ad un figlio che da un momento all’altro morirà di fame. O sotto il diluvio di bombe.
Dimenticati dagli uomini, dall’umanità e da chissà chi altro.
Chi attraversa Bāb el-Mandeb tenterà, poi, la rotta orientale centro: direzione Libia.
Altri vengono rispediti indietro, costretti a ripagare 700 dollari per ritentare l’attraversamento.
Molti sono profughi generati dalla violenza saudita, quella violenza finanziata dalle armi “made in Europe”: ma nei porti occidentali questo viene dimenticato, quando chi supera mesi e anni di tortura riesce ad attraccare in un porto europeo.

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Il commercio tra Italia ed Arabia Saudita è florido, per rinsaldarlo vengono chiusi gli occhi e tappate le orecchie su crimini di sangue e grida di dolore: l’export italiano verso il Paese saudita aumenta anno dopo anno. Ancor di più, paradossalmente, l’import.
E’ in questo quadro che s’inserisce sia il nuovo accordo bilaterale, sia la crescente vendita di armamenti.
Eppure lo Stato italiano non potrebbe, vincolato da normative esplicite.

Costituzione italiana (art.11): l’Italia ripudia la guerra. Ma rifornire Riyad, colpevole di bombardare e massacrare civili yemeniti e non solo, è evidentemente in contrasto.
La vendita verso l’Arabia Saudita è in contrasto con la Legge 185/1990, modificata dal DDL S. 1049 del 7.04.2019, e la Direttiva dell’Autorità nazionale – UAMA n.11688 del 28.3.2017.
Legge 185/1990 (modificata dal DDL S. 1049 del 7.04.2019):
Art.1: “L’esportazione, l’importazione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Esportare armamenti verso un regime dittatoriale e coinvolto nelle principali guerre mediorientali è illegale. La salita al potere di Salman ha acuito una situazione già fortemente repressiva: attivisti arrestati e condannati, lunghe pene detentive senza giusta causa e con processi farsa, limitazione alla libertà di espressione ed associazione, macabre decapitazioni pubbliche, processi farsa, carcere senza giusta causa con annessi trattamenti inumani e degradanti.
La vendita di armamenti verso l’Arabia comporta non solo il non-rispetto della Costituzione, ma anche la violazione del fulcro del diritto comunitario ed internazionale (che l’Italia, avendo ratificato con legge, ha l’obbligo di rispettare): basti pensare alla Convenzione di Ginevra, la CEDU.
Art. 5: “L’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione e la delocalizzazione produttiva, sono vietati quando sono in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell’Italia, con gli accordi concernenti la non proliferazione e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi, nonché quando mancano adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali di armamento.

La vendita è in contrasto chiaro e palese con le normative nazionali e comunitarie: il regime saudita è feroce e invischiato nelle trame del terrorismo tanto da essere il centro nevralgico delle forme più estreme e violente, come lo wahhabismo e il salafismo, della strumentalizzazione religiosa.
La “definitiva destinazione dei materiali di armamenti”, se non in toto in gran parte, è ascrivibile alla guerra in Yemen: ai sauditi servono bombe siluri razzi e altra mercanzia per schiacciare il piccolo stato medio-orientale.
Art. 6: “L’esportazione di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere.

L’esportazione è vietata verso “verso i Paesi in stato di conflitto armato”: l’ingerenza saudita a Tripoli, Damasco e San’a’ è rinomata.
Art.6 b): “verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione”, ossia il ripudio della guerra come forma di offesa degli altri popoli.
La crisi umanitaria in Yemen creata dal regime saudita è senza precedenti, è un’offesa che parla da sola.
Art.6 d) “verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’UE o del Consiglio d’Europa”.

Le violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita sono la prassi, l’intero regime è fondato sull’inosservanza degli stessi. E’ stato dichiarato regime repressivo al cui interno avvengono atti discriminatori, la soppressione dei diritti fondamentali e limitazione di qualsiasi libertà. Salem, da molti anni, è autore di gravi crimini. La vendita di armi è quindi, per l’articolo 6, una violazione.
La Direttiva dell’Autorità nazionale – UAMA n.11688 del 28.3.2017 rinsalda, ancora una volta, questi principi basilari.
Alla voce DIVIETI, lettera a), b), c) e d), viene rimarcato quanto enunciato dalla Legge 185/1990: “contrasto alla Costituzione, paesi in guerra, obblighi internazionali, violazione delle convenzioni internazionali”.

Il memorandum tra Italia ed Arabia Saudita è allarmante, la stipula dell’accordo bilaterale uno schiaffo ai diritti umani: se si incrementasse la vendita di armamenti sarebbe una nuova e grave violazione dei diritti umani.
Chi sbarca oggi a Lampedusa, a Pozzallo, a Crotone sono quei profughi generati (anche) dalla violenza cieca dell’Arabia Saudita: a loro, le vittime, si chiudono i porti. Agli aguzzini, invece, si spalancano i portoni.

  1. https://www.meltingpot.org/Yemen-in-nome-di-quale-Dio.html#.YAB-kOhKjIU
  2. https://www.meltingpot.org/Mai-piu-navi-killer-in-Italia.html
  3. https://www.meltingpot.org/La-nave-saudita-Bahri-Yanbu-carica-di-armi-e-in-arrivo-a.html
  4. https://dossierlibia.lasciatecientrare.it/la-nave-bahri-abha-attravva-a-genova-carica-di-armi-limbarcazione-saudita-si-e-fermata-a-sampierdarena-a-3499-metri-dalla-strada-cittadina-ss1/

Pietro Giovanni Panico

Consulente legale specializzato in protezione internazionale ed expert prevenzione sfruttamento lavorativo. Freelance con inchieste sui MSNA, rotte migratorie, accordi illegittimi tra Paesi europei ed extra UE e traffici di armi.
Nel 2022 ho vinto il "Premio giornalistico nazionale Marco Toresini" con l'inchiesta "La guerra dei portuali genovesi contro le armi saudite".