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Autorizzazione ex art 31 alla permanenza in Italia: il caso di una giovane madre albanese che ha abbandonato il paese d’origine

Tribunale per i Minorenni di Bari, decreto del 18 aprile 2018

Con questa decisione il Tribunale per i Minorenni di Bari ha autorizzato la madre a permanere in Italia per accudire il figlio minore per un periodo di due anni (ex art 31 co. 3 D L.vo 286/98), tempo ritenuto idoneo a consentire di acquisire il diritto a permanere sul territorio dello Stato in forma diversa dalla presente.
Il caso riguarda una cittadina albanese che assieme al figlio faceva ingresso in Italia nell’anno 2015 al fine di trovare riparo da una situazione familiare molto difficile.

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Tribunale per i Minorenni di Bari, decreto del 18 aprile 2018

La donna assieme al figlio aveva abbandonato il proprio paese per fuggire ad una situazione familiare di gravi maltrattamenti, un racconto vero e crudo della società albanese di oggi dove la donna vive ancora una situazione di vera sudditanza rispetto all’uomo.
Lo rendiamo noto per far sapere un altro lato delle donne immigrate e le condizioni di totale privazione di diritti che vivono nel loro Paese d’origine.
La ragazza vittima di maltrattamenti non riusciva a raccontare la storia a parole ma ha trovato il coraggio di scrivere in albanese.

Ella proviene da un paesino di montagna dell’Albania, dove la mentalità della società è chiusa, la donna ancora oggi ha un ruolo marginale e vive sotto il comando dell’uomo, sia nella casa del padre che nella casa del marito.

Appena quindicenne, per volere dei genitori, veniva promessa in sposa ad un uomo più grande di lei di 15 anni che non aveva mai visto. I genitori avevano combinato il matrimonio, quando lei frequentava ancora la scuola. Al primo incontro di fidanzamento con il promesso marito, manifestava il suo dissenso al matrimonio ed esprimeva il desiderio di continuare gli studi, per tutta risposta il promesso marito si arrabbiava moltissimo mollandole un ceffone in pieno viso e le preannunciava che lui non le avrebbe più consentito di frequentare la scuola e che doveva dedicarsi alla cura di lui e della casa. Era l’inizio di una serie continua di piccole e grandi violenze delle quali informava i genitori, i quali però, proprio perché vivevano in un contesto chiuso, non davano peso al comportamento dell’uomo anzi lo giustificavano dicendo che con il matrimonio bisognava obbedire al marito, e tutto quello che faceva il marito era ben fatto.

Dopo sei mesi di fidanzamento ella veniva data in sposa. Il matrimonio veniva celebrato con il rito tradizionale della consegna presso la casa del marito. Subito dopo la coppia emigrava in Grecia. Durante la convivenza la giovane si accorgeva che il marito era dedito all’alcol, inoltre era molto violento sia con le parole che con i gesti e spesso la segregava in casa. Quando rimase incinta il marito la riportò in Albania, lasciandola sola a casa dei suoceri. Anche presso i suoceri non ebbe miglior sorte, poiché tanto il suocero che il cognato erano violenti con lei. La povera ragazza viveva i mesi della gravidanza nel terrore, da sola, in una casa dove non si sentiva né protetta né accettata, con la paura delle continue liti tra i suoceri che sfogavano i loro rancori su di lei.

In cuor suo sperava che con la nascita di un figlio il marito sarebbe cambiato, invece, così non fu, perché appena dopo la nascita del bambino il marito inizio ad allontanarsi frequentemente per diversi giorni, sostenendo di non sopportare il pianto del bimbo. Sebbene avesse tentato varie volte di porre fine al matrimonio, anche per il timore di crescere il bambino in un ambiente insano e violento, i suoi genitori non l’avevano mai appoggiata, anzi, la obbligavano a rimanere con il marito sebbene fossero a conoscenza che era alcolizzato, violento e assolutamente inadatto come marito e padre. Per il contesto sociale in cui viveva una donna separata era considerata una poco di buono, una vergogna per l’intera comunità e quindi era costretta ad obbedire al marito e ad accettare di buon grado tutto. Questo calvario è andato avanti fino all’anno 2015, quando ha trovato il coraggio di allontanarsi dall’Albania, trovando rifugio in Italia presso la sorella sposata con un cittadino italiano.