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Sulle dichiarazioni del leghista di Treviso

E se non fosse un'anomalia ma una prevedibile conseguenza?

Se solo si potesse, sarebbe bello non spendere neppure una parola per commentare le dichiarazioni del consigliere comunale leghista di Treviso, imitare il silenzio dell’opposizione del consiglio della città veneta, liquidare quelle frasi come i deliri di un fanatico razzista, sconnessi dalla realtà e che mai troveranno ascolto.

Sarebbe bello, ma non è possibile. Perché se si cerca di leggere quanto sta avvenendo con onestà intellettuale e voglia di comprendere la situazione generale in cui ci troviamo a vivere, ci si rende conto che sarebbe sbagliato liquidare quelle parole come una provocazione decontestualizzata e isolata.
Quello a cui assistiamo oggi e che possiamo leggere negli articoli dai toni scandalizzati di tutti i maggiori quotidiani italiani appare invece, alla luce di una riflessione meno ipocrita, un ulteriore atto della messa in scena della sicurezza e del controllo all’interno della quale pochissimi dei politici che esercitano un po’ di potere in questo paese potrebbero sinceramente dire di non avere delle pesanti responsabilità.

Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un incremento esponenziale delle retoriche razziste da parte di ministri della repubblica, segretari di alcuni tra i maggiori partiti del paese, e poi talk-show e dibattiti televisivi nei quali persone assolutamente non competenti si arrogano il diritto di dare interpretazioni emergenziali e xenofobe dei problemi della società italiana, incuranti delle conseguenze che le loro parole possono avere nei cervelli di cittadini abituati ad utilizzare la televisione come principale strumento di informazione e orientamento dei propri giudizi.

Se ad un semplice (per quanto grave) fatto di cronaca seguono allarmanti dichiarazioni e decreti emergenziali che criminalizzano un intero popolo (peraltro europeo, peraltro comunitario), se per proteggere i cittadini da paure artificialmente prodotte vengono conferiti speciali poteri ai prefetti e se per mesi vengono incoraggiate le politiche e le prassi dei sindaci sceriffo, se si ricorre all’imprigionamento carcerario e alla detenzione nei Cpt come regolare modalità di gestione della popolazione, è evidente fino a che punto si contribuisca a spianare una strada sulla quale poi potranno procedere gli intolleranti più volgari e i razzisti più beceri (che, proprio per la loro volgarità e rozzezza non sono neppure i più pericolosi).

Forse questo impresentabile signore del Carroccio, allora, si è limitato a tradurre in parole (in maniera estrema, certamente, ma meno ipocrita), quel che già avviene, almeno in parte, normalmente in Italia ad opera di un sistema securitario istituzionale che ha già avviato campagne di persecuzione collettiva su base etnica ed espulsioni di massa di soggetti arbitrariamente considerati pericolosi.

Se un poliziotto spara da una parte all’altra della strada e uccide un ragazzo che dorme in macchina mentre la settimana prima dei suoi colleghi ne avevano ammazzato un altro finito in carcere per aver coltivato una pianta di marijuana, si può pensare che si tratti di casi isolati, di fuori di testa che hanno perso il controllo. Oppure si può leggere quei gesti estremi chiedendosi fino a che punto la società e la politica, l’atmosfera costruita nell’ultimo periodo, abbiano portato quelle persone a sentirsi in qualche modo legittimate.
Alla stessa maniera, un leghista idiota che invoca la pulizia etnica delle Ss contro i migranti, che rievoca senza vergogna i lager e lo sterminio per un battibecco condominiale, può venire allontanato e additato come un’anomalia da espellere, oppure ci si può interrogare seriamente rispetto a che tipo di paese sia diventato quello in cui un rappresentante politico si sente autorizzato a parlare in questo modo.

[Ascolta ]l’intervista a Sergio Zulian dell’Associazione Difesa Lavoratori di Treviso.