Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Accesso all’assistenza sanitaria per i cittadini comunitari

Ecco il testo della lettera proposta dall'Asgi inviata ai ministri

Ministro della Salute
Ministro dell’Interno
Ministro della Solidarietà sociale
Ministro per i Diritti e le pari opportunità

Ministro per le Politiche per la famiglia
Ministro per gli Affari Esteri
Ministro per le Politiche europee

14 Gennaio 2008

Oggetto: Accesso all’assistenza sanitaria per i cittadini comunitari

Egregi Ministri,
con la presente, intendiamo sollecitare l’intervento immediato del Governo per risolvere la grave problematica dell’esclusione dall’assistenza sanitaria di alcune categorie di cittadini comunitari – esclusione che, oltre a determinare gravi conseguenze rispetto alla tutela della salute individuale e collettiva, appare sotto alcuni profili in contrasto con i principi della Costituzione italiana e con la normativa vigente.

Ci riferiamo, in primo luogo, alla grave problematica dell’accesso alle cure essenziali e alle prestazioni concernenti la tutela della gravidanza e della maternità e l’interruzione volontaria di gravidanza per i cittadini comunitari di fatto soggiornanti in Italia ma privi dei requisiti che integrano il diritto di soggiorno (inserimento lavorativo, o titolarità di risorse sufficienti e di assicurazione sanitaria).

In secondo luogo, chiediamo che venga affrontata la problematica dell’esclusione dall’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale per alcune categorie di cittadini comunitari che, pur essendo privi dei requisiti che integrano il diritto di soggiorno, sono meritevoli di particolari tutele (tra cui i minori, le donne incinta o puerpere, le vittime di tratta o grave sfruttamento), nonché per alcune categorie di cittadini comunitari titolari del diritto di soggiorno che tuttavia, in base alle disposizioni diramate dal Ministero della Salute in applicazione del D. Lgs. 30/2007, non sono ammessi all’iscrizione al SSN.

Nei confronti dei cittadini comunitari di fatto soggiornanti in Italia ma privi dei requisiti che integrano il diritto di soggiorno (e dunque non iscritti al Servizio Sanitario Nazionale) e che non dispongono di un attestato di diritto rilasciato dal paese d’origine, con le circolari del Ministero della Salute del 13.02.2007 e del 3.08.2007 è stato previsto:
* il mantenimento del codice STP, non oltre la data del 31 dicembre 2007, a favore dei cittadini rumeni o bulgari che fossero già titolari di tale codice al 31 dicembre 2006;
* l’accesso dei cittadini comunitari non titolari di codice STP alle sole cure “indifferibili e urgenti”;
* il pagamento delle prestazioni relative alla tutela della gravidanza e della maternità e all’interruzione volontaria di gravidanza a carico dell’assistita, a meno che l’interruzione di gravidanza sia ritenuta una prestazione medicalmente necessaria.

Tali previsioni concretano evidentemente un livello di tutela del diritto alla salute nettamente inferiore a quello previsto per i cittadini extracomunitari irregolarmente soggiornanti sul territorio italiano dall’art. 35, comma 3, del Testo Unico sull’immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).

Da un lato, la previsione del mantenimento del codice STP per i soli cittadini di nazionalità rumena o bulgara che fossero già titolari di tale codice al 31 dicembre 2006 ha un ambito di applicazione assai ristretto, non solo sotto il profilo soggettivo (essendone esclusi coloro che non erano in possesso del codice STP al 31 dicembre 2006 e/o che sono entrati in Italia successivamente, nonché i cittadini comunitari provenienti da Stati diversi dalla Romania e Bulgaria), ma anche sotto quello temporale, non essendo più applicabile dal 1° gennaio 2008.

D’altro lato, la previsione dell’accesso alle sole cure “indifferibili e urgenti” è evidentemente più restrittiva di quella contenuta nell’art. 35, comma 3, del Testo Unico 286/98. Quest’ultima disposizione garantisce, infatti, agli stranieri extracomunitari irregolarmente presenti sul territorio non solo l’accesso alle cure “urgenti”, ma altresì il diritto alle cure “essenziali, ancorché continuative”(1), nonché ai programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. In particolare, viene espressamente garantita la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi delle leggi 29 luglio 1975, n. 405, e 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto del Ministro della sanità 6 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, nonché la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989.

L’art. 35, comma 4 del Testo Unico 286/98 precisa che tali prestazioni “sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti”. E’ opportuno ricordare che la circolare del Ministero della Salute n°5 del 24 marzo 2000 ha inequivocabilmente e dettagliatamente confermato, nel senso dianzi esposto, l’ampia portata della norma citata. La gratuità delle prestazioni relative alla gravidanza, al parto e all’interruzione volontaria di gravidanza è prevista inoltre dall’art. 10 della legge 194/782.

Evidente appare allora la distanza tra tali previsioni e le forti limitazioni all’accesso all’assistenza sanitaria poste dal Ministero della Salute. Tali limitazioni stanno producendo conseguenze molto gravi in termini di tutela della salute individuale, in particolare per:
* coloro che necessitano di cure essenziali (anche a carattere continuativo), benché non strettamente urgenti;
* le donne che necessitano di prestazioni relative alla tutela della gravidanza e della maternità o all’interruzione di gravidanza; si segnala a tal proposito un rilevante rischio di aumento del ricorso ad aborti clandestini da parte delle donne che non dispongono delle risorse necessarie;
* i minori, sia alla nascita (per la mancata tutela della maternità di cui sopra) sia successivamente.

Si rileva inoltre come il mancato accesso all’assistenza sanitaria implichi conseguenze negative anche a livello di tutela della salute pubblica (si pensi ad esempio alle vaccinazioni e alla profilassi e cura delle malattie infettive).

Il trattamento deteriore del cittadino comunitario rispetto al cittadino extracomunitario, oltre a rappresentare un’irragionevole disparità di trattamento in violazione del principio di non discriminazione sancito dall’art. 3 della nostra Costituzione, si pone in aperto contrasto con l’art. 1, comma 2, del Testo Unico sull’immigrazione di cui al D. Lgs. n. 286/98, che impone l’estensione ai cittadini comunitari delle disposizioni di cui allo stesso Testo unico, relative ai cittadini extracomunitari, qualora più favorevoli.

L’interpretazione restrittiva adottata dal Ministero della Salute risulta inoltre in contrasto con l’art. 32 della Costituzione italiana, che sancisce la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e prevede la garanzia di cure gratuite agli indigenti.

La Corte costituzionale ha autorevolmente affermato che le previsioni contenute nell’art. 35 del Testo Unico 286/98 (con riferimento alle cure non solo urgenti ma anche essenziali) costituiscono attuazione del “nucleo irriducibile” del diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione, da riconoscersi ad ogni individuo, rispetto al quale non sono ammessi bilanciamenti con altri valori, quali il contenimento della spesa pubblica, né discriminazioni, in ragione della regolarità o meno del soggiorno (sent. Corte costituzionale n. 252 del 2001)3.

Dunque, a ben vedere, l’estensione del regime previsto per gli extracomunitari irregolarmente soggiornanti a favore dei cittadini comunitari non iscrivibili all’anagrafe, oltre che essere imposta da una norma di rango primario, quale l’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 286/1998, costituisce immediata attuazione dell’art. 32 della Costituzione.

Ragionare diversamente, in nome di una malintesa superiorità del diritto comunitario rispetto a quello nazionale, significa dimenticare che il vincolo imposto dall’ordinamento comunitario è un divieto di deroga in peius dei diritti spettanti ai cittadini degli Stati membri in base alla normativa europea. Il diritto sopranazionale in materia di libera circolazione e di soggiorno garantisce ai cittadini degli Stati membri determinati diritti, ma non esclude la libertà degli Stati membri di garantirne di ulteriori. Al contrario, lungi dal violare la normativa comunitaria, l’eventuale previsione a favore dei cittadini comunitari di un regime più favorevole rispetto a quello contenuto negli atti normativi europei costituisce una più compiuta integrazione degli obiettivi del Trattato, da sempre volto a favorire nella maniera più piena la libera circolazione e il soggiorno dei cittadini degli Stati membri.

Del resto, non sembra inutile ricordare che, con riferimento al diritto alla salute, la stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, all’articolo 35, riconosce il diritto di “ogni individuo” di “accedere alla prevenzione e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalla legislazioni e prassi nazionali”, aggiungendo che “nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”.

Si sottolinea infine come la mancata garanzia dell’accesso all’assistenza sanitaria a tutti i minori rappresenti una violazione della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 176/91, che stabilisce “il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione” e l’obbligo per lo Stato di “garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi” (art. 24), “senza distinzione di sorta ed a prescindere[…] dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria […] o da ogni altra circostanza” (art. 2).

Ci rendiamo conto che il fatto che l’Italia garantisca ai cittadini di altri Stati membri un regime più favorevole di quello garantito in altri Paesi della Comunità europea può suscitare comprensibili preoccupazioni a livello politico in termini di onere per la spesa pubblica. Tuttavia, come si è osservato, le scelte in materia non sono discrezionali, ma costituzionalmente vincolate. Val inoltre la pena di considerare come la spesa relativa ai titolari di codice STP costituisca una percentuale assai esigua della spesa sanitaria complessiva: nel 2004, ad esempio, le spese per ricovero ospedaliero per titolari di STP sono state pari allo 0,34% della spesa complessiva per ricoveri e lo 0,12% sulla spesa corrente sanitaria dell’anno in considerazione4. Infine, è appena il caso di ricordare che l’erogazione delle cure mediche ai cittadini comunitari privi di risorse economiche non pregiudicherebbe minimamente la possibilità di azionare con gli usuali canali diplomatici le procedure di rimborso della spesa sostenuta a carico delle competenti istituzioni degli stati di provenienza ed anzi vogliamo credere che esse abbiano prospettive di agevole soluzione proprio in quanto riguardanti Paesi membri dell’Unione Europea.

Fino all’entrata in vigore del D. Lgs. 30/2007, tutti i cittadini comunitari regolarmente soggiornanti in Italia erano iscritti al SSN, in base al Decreto del Ministro della Sanità 18.3.1999. La Circolare del Ministero della Salute 3.8.2007, emanata a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 30/2007, dispone che siano o restino iscritti al Servizio Sanitario Nazionale solo i cittadini comunitari soggiornanti per un periodo superiore ai tre mesi che siano a) lavoratori subordinati o autonomi in Italia, in possesso di contratto di lavoro o dei documenti necessari per lo svolgimento di attività autonoma; b) familiari di lavoratore comunitario o di cittadino italiano; c) disoccupati iscritti nelle liste di collocamento o ad un corso di formazione professionale, che abbiano già esercitato un lavoro in Italia e siano già iscritti al SSN; d) in possesso di attestazione di diritto di soggiorno permanente; e) titolari di specifici formulari comunitari.

Restano così escluse dall’iscrizione al SSN alcune categorie di cittadini comunitari titolari di diritto di soggiorno ovvero:
* coloro che, ai sensi dell’art. 7, co. 1, lett. b) del d. lgs. 30/2007, hanno diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi in base alla dimostrazione della disponibilità di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione sanitaria;
* coloro che sono in cerca di prima occupazione, per i quali l’art. 13, co. 3, lettera b) del d.lgs. 30/2007 sancisce, a determinate condizioni, la regolarità del loro soggiorno.

Si è qui di fronte a un trattamento deteriore dei cittadini comunitari rispetto ai cittadini extracomunitari, in violazione dei principi sopra ricordati, posto che la normativa sui cittadini extracomunitari prevede:
* l’iscrizione volontaria al SSN, in alternativa all’assicurazione sanitaria, per i cittadini stranieri che abbiano richiesto un permesso di soggiorno di durata superiore a tre mesi (art. 34, co. 3 D. Lgs. 286/98; art. 42, co. 6 D.P.R. 394/99);
* l’iscrizione obbligatoria al SSN per gli stranieri regolarmente soggiornanti iscritti nelle liste di collocamento, dunque includendo coloro che sono in cerca di prima occupazione (art. 34, comma 1, lettera a) D. Lgs. 286/98).

Si segnala infine che non è prevista l’iscrizione al SSN di alcune categorie di cittadini comunitari che, pur non integrando i requisiti che conferiscono il diritto di soggiorno, appartengono a categorie meritevoli di particolari tutele e non allontanabili in applicazione del combinato disposto della citata clausola di maggior favore di cui all’art. 1, comma 2 del D. Lgs. 286/98 e di specifiche norme dello stesso Testo unico:
1. i minori, il cui diritto alla salute, come sopra osservato, è specificamente garantito dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo: si segnala in particolare che le circolari del Ministero della Salute non prevedono l’iscrizione al SSN dei minori non accompagnati (benché la circolare del Ministero dell’Interno del 18.7.2007 preveda l’iscrizione anagrafica di questi minori sulla base del provvedimento di tutela o affidamento) né dei minori accompagnati i cui genitori non siano titolari del diritto di soggiorno;
2. altre categorie di cittadini non allontanabili:
* persone per le quali sussistano motivi umanitari (art. 5, comma 6 T.U.)
* donna incinta o puerpera o marito convivente (art. 19, comma 2, lettera d, T.U., alla luce di Sent. Corte Cost. 376/2000)
* genitore autorizzato al soggiorno dal Tribunale per i minorenni per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del figlio minore presente in Italia (art. 31, comma 3 T.U.)

3. con riferimento alle vittime di tratta o grave sfruttamento, si ricorda che la circolare del Ministero della Salute del 3.08.2007 ha limitato il diritto di iscrizione al SSN alle donne che siano già inserite nei programmi di assistenza e integrazione sociale di cui all’art. 18 D.Lgs 286/98, escludendo così:
* le vittime di tratta o di grave sfruttamento di sesso maschile o transgender, che risultano in tal modo gravemente discriminate per motivi connessi unicamente al sesso;
* coloro che sono inseriti negli affini programmi di assistenza previsti dall’art. 13 della legge 228/03, anch’essi finalizzati alla tutela delle vittime di tratta;
* le vittime che non siano già inserite in programmi ex art. 18 (si sottolinea in particolare la problematica delle interruzioni volontarie di gravidanza, cui spesso sono costrette a ricorrere le donne che svolgono attività di prostituzione).

Sulla base delle precedenti considerazioni,

Chiediamo dunque che,

in applicazione degli artt. 3 e 32 della Costituzione; dell’art. 1, comma 2, e degli artt. 34 e 35 del Testo unico di cui al D. Lgs. n. 286/1998; degli artt. 2 e 24 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo:

1. sia immediatamente assicurato ai cittadini comunitari l’accesso alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, nonché ai programmi di medicina preventiva, con particolare attenzione alla tutela della gravidanza e della maternità, alla tutela della salute del minore e alla prevenzione e cura delle malattie infettive (art. 35, comma 3 d. lgs. n. 286/1998), garantendo l’erogazione delle prestazioni senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, salvo le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani (art. 35, comma 4 d. lgs. n. 286/1998), in quanto norme più favorevoli che devono essere applicate ai cittadini comunitari ai sensi dell’art. 1 comma 2 d. lgs. n. 286/1998;

2. sia prevista l’iscrizione obbligatoria e gratuita al Servizio Sanitario Nazionale, indipendentemente dal possesso dei requisiti che integrano il diritto di soggiorno per periodi di durata superiore a tre mesi:
* per tutti i minori (accompagnati o non accompagnati);
* per le persone vittime di tratta o grave sfruttamento inserite nei programmi di assistenza e integrazione ex art. 18 d. lgs. 286/98 (così come già previsto dalla circolare del 3.08.07), ma senza discriminazioni in ordine al sesso, nonché per le vittime inserite nei programmi di assistenza ai sensi dell’art. 13 L. 228/03;
* per le altre categorie di cittadini non allontanabili ai sensi di specifiche norme del D. Lgs. 286/98: persone per le quali sussistano motivi umanitari (art. 5, comma 6 T.U.); donna incinta o puerpera o marito convivente (art. 19, comma 2, lettera d, T.U., alla luce di Sent. Corte Cost. 376/2000); genitore autorizzato al soggiorno dal Tribunale per i minorenni per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del figlio minore presente in Italia (art. 31, comma 3 T.U.) così come già previsto dalla circolare del Ministero della Salute 3.08.2007 per le cittadine comunitarie ammesse a programmi ex art. 18 del d. lgs. 286/98 e in analogia con quanto previsto, per i cittadini stranieri, dalla circolare del Ministero della Sanità del 24.3.2000;

3. sia prevista l’iscrizione obbligatoria e gratuita al SSN per il lavoratore comunitario in cerca di prima occupazione (art. 13, comma 3, lettera b, d. lgs. 30/2007), in analogia con quanto previsto, per i disoccupati stranieri, dall’art. 34, comma 1, lettera a) d. lgs. 286/1998;

4. sia prevista l’iscrizione volontaria al SSN per tutte le categorie di cittadini comunitari titolari del diritto di soggiorno per periodi superiori a tre mesi per i quali non vige l’obbligo di iscrizione al SSN, in analogia a quanto previsto dall’art. 34, co. 3 del d. lgs. 286/98 e dall’art. 42, co. 6 D.P.R. 394/99 per i cittadini extracomunitari soggiornanti per periodi di durata superiore a tre mesi.