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Dal sud est Turco al Libano: Overthefortress si rimette in cammino

Dopo il reportage "La merce siamo noi", a maggio la campagna sarà in Libano per raccontare il "fragile mosaico" del Paese

E’ un camminare infinito, quello di Raffaello Rossini. Un camminare sulle rotte balcaniche, sulle strade di Turchia, della Grecia, del Kurdistan. Un camminare domandando, sempre con la telecamera sulle spalle, per guardare e per mostrare a chi ha il coraggio di guardare, cosa nascondono gli insanguinati confini della Fortezza Europa. Un camminare per cercare di capire. E, proprio per questo, un camminare destinato a non avere meta ne fine.
Perché capire è sempre la cosa più difficile.

Prima di partire per realizzare un documentario – mi confida – ho, come tutti, delle idee e delle opinioni a proposito di quello che andrò ad incontrare. Certo, idee ed opinioni tutt’altro che monolitiche ma comunque capaci di seguire una loro logica. Poi, quando sono là, tutto si frantuma. Mi rendo conto che il mosaico che mi ero costruito era sbagliato. Allora ricomincio da capo, provo a ricostruire un nuovo quadro. Ma quando torno a casa, tutto cambia ancora colore. Confermandomi che la ricerca della verità è un pretesto, perché una verità assoluta non esiste mai.”

Giovane regista di reportage come “La merce siamo noi“, prodotto da Melting Pot, Borders of Borders e Pettirouge Prod (distribuzione a cura di OpenDDB – Distribuzioni dal Basso) è una di quelle rare persone che mantengono salde la capacità di sorprendersi ad ogni viaggio.

Le cose cambiano a seconda del punto di vista da cui le guardi. Per questo è indispensabile partire, valicare quei muri di confine che ci chiudono lo sguardo sull’orizzonte. Nel sud Est Turco, o in una tenda di siriani in Grecia, spesso mi è capitato di sentirmi “europeo”, sia nel tentativo di comprendere il mondo intorno a me, sia nell’osservare come il mondo attorno cercava di comprendere me.
E questo è emblematico di come funziona la comunicazione
.
Viaggiare spacca ogni corazza. Viaggiare con gli occhi aperti, intendo, e la telecamera è utilissima in questo senso“.

Per questo, i racconti che si delineano dietro i suoi documentari sono racconti dove nessuno è colpevole. “Perché al di là delle guerre, delle religioni, delle rivoluzioni e delle ideologie, al di là di tutto questo, e prima di tutto, quello che posso dire è che la merce siamo noi“.

Ed è proprio nell’ambito della campagna #Overthefortress che si propone di documentare quando accade oltre la Fortezza Europa, che Rossini ha realizzato, in collaborazione con Gloria Chillotti ed Andrea Panico, il reportage “La merce siamo noi“. Una tappa di quell’infinito andare che lo ha portato dai campi profughi di Idomeni sino alle città turche di Gaziantep, Kilis, Antakya. Sino a quei laboratori dove migliaia di ragazzini e bambini siriani e turchi vengono sfruttati sino alla distruzione nei laboratori tessili. Sono questi piccoli schiavi i veri protagonisti del miracolo economico che il Paese di Erdogan sta attraversando nel settore tessile. Vigliacche conseguenze di quei trattati di controllo di che l’Europa ha voluto ma di cui non vuole vedere le conseguenze.

Un documentario di forte denuncia ma che non è mai una denuncia fine a se stessa o atta a nascondere la complessità della situazione. Una denuncia senza tifo, in altre parole.

Seduti nelle comode poltrone di casa nostra, viene facile tifare per Assad o contro Assad. Ma così si finisce per svuotare il discorso dalla sua complessità oppure di giocare a fare il relativista, sospendere ogni giudizio, sino ad arrivare ad un ‘chi se ne frega’. Non sono queste le strade giuste per chi vuole comprendere quanto succede“.

Le strade giuste di cui parla Raffaello sono quelle da percorrere domandando. Quelle che non hanno fine ma solo mete. E la prossima meta sarà Beirut, capitale dell’antico Paese dei Cedri, il Libano, dove domenica 6 maggio si svolgerà la consultazione elettorale per eleggere il nuovo Governo. Un momento difficile per un Paese che vive in prima persona la tragedia dei profughi siriani così come quella dei palestinesi cacciati da Israele. Lo scontro tra io partito di dio, sciita e filo iraniano, e lo schieramento filo saudita attualmente al governo, rischia di compromettere quel “fragile mosaico” mediorientale che ancora resiste attorno alla Siria in fiamme.

E “Fragile mosaico” è proprio il nome che Raffaello ha proposto per questa nuova esperienza collettiva che forse si tradurrà in un altro reportage. Ci saremo anche noi di Melting Pot, naturalmente. E vi racconteremo su questo sito quello che non tutti vorrebbero leggere.


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Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.